La
cristologia di Marco possiamo delinearla attraverso tre attestazioni:
- Gesù è il Cristo,
sino al capitolo 15,32, dominante sino a qui ma non è ignorato nella seconda
grande sezione.
- Figlio di Dio, si
dischiude subito nel battesimo, poi nella trasfigurazione e infine nell'evento
della croce. In Marco con discrezione, Gesù si presenta come Figlio di Dio, in
Giovanni a pie sospinto Gesù dice di sé che è il figlio di Dio. Il titolo
Figlio di Dio ha una portata polisemantica, fa emergere la questione sul
livello della figliolanza.
- Il titolo Figlio
dell'Uomo, di tutti e tre i titoli quello più vicino al livello gesuano è
questo, quello più verosimile. Questo titolo si pone nella tradizione giudaica
di Daniele, il Figlio dell'Uomo che scende dalle nubi per la restaurazione di
Israele. Nella storia abbiamo avuto due tendenze opposte:
- Figlio dell’Uomo direbbe
la divinità di Gesù direbbe una cristologia apocalittica che segue Daniele.
- Dopo questa accentuata
cristologia abbiamo avuto una sezione critica, in molti fonti giudaiche
figlio dell'uomo significa solo un modo diverso di dire io, come persona
come tutti gli altri.
Va
rilevato che il Figlio dell’Uomo si riscontra a livello gesuano, c’è un
implicito riferimento a questo personaggio di Daniele, non è solamente un
arteficio retorico, invece di dire me stesso. Attesta qualcosa di originale
della persona di Gesù. In Daniele però non si riferisce alla identità divina ma
alla rivelazione apocalittica, nello stesso modo dovrebbe essere inteso Figlio
dell'Uomo rispetto a Gesù. Può anche indicare semplicemente lo stato di elezione
della persona, non uno stato di natura. Gesù ha utilizzato certamente questo
titolo ma non con un accentuazione divina, perché neppure in Daniele la ha.
Il Gesù di
Marco agisce più che parla, il discorso più complesso è quello delle parabole, o
il discorso escatologico, il vangelo di Marco più che fare discorsi agisce.
Agisce soprattutto come taumaturgo. Il suo approssimarsi è liberazione dal male.
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