LIBRO I NORME GENERALI Il primo libro del codice si intitola "norme generali". Sono disposizioni che riguardano tutto il codice. dopo i primi 6 canoni preliminari il libro è diviso in 11 titoli:
CANONI PRELIMINARI (Cann. 1 – 6)
Can. 1 - I canoni di questo Codice riguardano la sola Chiesa latina. Questo primo canone afferma che la legislazione riguarda solo la Chiesa Latina. Questo perchè ci sono altre chiese, Le Chiese cattoliche orientali che hanno canoni propri. Il codice latino vale per una sola Chiesa, mentre il codice delle Chiese Orientali è valido per una pluralità di Chiese. Can. 2 - Il Codice il più delle volte non definisce i riti, che sono da osservarsi nel celebrare le azioni liturgiche; di conseguenza le leggi liturgiche finora vigenti mantengono il loro vigore, a meno che qualcuna di esse non sia contraria ai canoni del Codice. Questo codice non è di diritto liturgico quindi tutti i documenti liturgici mantengono la loro forza vincolante all'entrata in vigore del codice. Detto questo alcuni canoni del codice sono connessi con la liturgia, in caso di contrasto questi canoni all'entrata in vigore del codice prevalgono su qualsiasi norma contenuta nei libri liturgici. I canoni connessi con la liturgia sono contenuti soprattutto nel libro IV (funzione di santificare della Chiesa). Da questo si può anche concludere che non solo il Codex Iuris Canonici non contiene tutto il diritto canonico della Chiesa, ma solo quella della Chiesa latina, ma anche che non contiene tutta la normativa di tutta la Chiesa latina, infatti esistono materie, come quella liturgica, che trovano la loro strutturazione in altri regolamenti, come i documenti liturgici. Can. 3 - I canoni del Codice non abrogano le convenzioni stipulate dalla Sede Apostolica con le nazioni o con le altre società politiche né ad esse derogano; le medesime perciò continuano ad essere in vigore come al presente, non opponendosi in alcun modo le disposizioni contrarie di questo Codice. Chiaramente questo codice non può abrogare gli accordi stipulati dalla Sede Apostolica, questo per un semplice motivo: gli accordi non possono essere modificati in modo unilaterale, quindi unico modo per modificarli o rivederli è quello di farlo di comune accordo tra le parti. Can. 4 - I diritti acquisiti, e parimenti i privilegi che, concessi dalla Sede Apostolica fino al presente alle persone sia fisiche sia giuridiche, sono in uso e non revocati, permangono integri, a meno che non siano espressamente revocati dai canoni di questo Codice. Le leggi riguardano il futuro, non il passato, principio di irretroattività. In casi particolari, se espressamente il Codice lo afferma, la norma può valere anche per il passato. I diritti acquisiti rimangono quindi in vigore anche in caso di legge contraria, se non esprime in maniera esplicita la revoca o la modifica del diritto. Can. 5 - §1. Le consuetudini sia universali sia particolari vigenti al presente contro le disposizioni di questi canoni, che sono riprovate dagli stessi canoni di questo Codice, sono soppresse del tutto, né siano lasciate rivivere in futuro; anche le rimanenti si ritengano soppresse, a meno che non sia disposto espressamente altro dal Codice oppure siano centenarie o immemorabili; queste appunto, se a giudizio dell'Ordinario non possono essere rimosse a causa di circostanze di luoghi e di persone, possono essere tollerate. §2. Le consuetudini fuori del diritto finora vigenti, sia universali sia particolari, sono conservate. Le consuetudini che sono in contrasto con i canoni sono soppresse. Nel caso la riprovazione è esplicita non solo questa viene soppressa ma ne viene impedita anche una futura ricostituzione. Se la consuetudine invece è centenaria o immemorabile e non è riprovata esplicitamente dalla legge questa può essere tollerata dall'ordinario del luogo Can. 6 - §1. Entrando in vigore questo Codice, sono abrogati: 1) il Codice di Diritto Canonico promulgato nell'anno 1917; 2) anche le altre leggi, sia universali sia particolari, contrarie alle disposizioni di questo Codice, a meno che non sia disposto espressamente altro circa quelle particolari; 3) qualsiasi legge penale, sia universale sia particolare emanata dalla Sede Apostolica, a meno che non sia ripresa in questo stesso Codice; 4) così pure tutte le altre leggi disciplinari universali riguardanti materia, che viene ordinata integralmente da questo Codice. §2. I canoni di questo Codice, nella misura in cui riportano il diritto antico, sono da valutarsi tenuto conto anche della tradizione canonica. TITOLO I LE LEGGI ECCLESIASTICHE (Cann. 7 – 22)
Can. 7 - La legge è istituita quando è promulgata. Il codice non contiene una definizione di legge ecclesiastica, si limita a dire che è istituita quando è promulgata. Non molto. Tradizionalmente i caratteri essenziali della legge sono: generalità; astrattezza; certezza; stabilità; esteriorità.
Can. 8 - §1. Le leggi ecclesiastiche universali sono promulgate con l'edizione nella gazzetta ufficiale degli Acta Apostolicae Sedis, a meno che in casi particolari non sia stato stabilito un modo diverso di promulgare; ed entrano in vigore soltanto compiuti tre mesi dal giorno apposto al numero degli Acta, a meno che non obblighino immediatamente per la natura delle cose oppure nella stessa legge sia stata stabilita in modo speciale ed espressamente una più breve o una più lunga vacanza. §2. Le leggi particolari sono promulgate nel modo determinato dal legislatore e cominciano a obbligare dopo un mese dal giorno della promulgazione, a meno che nella stessa legge non sia stabilito un termine diverso. La promulgazione delle leggi universali avviene, nella Chiesa, mediante la pubblicazione in Acta Apostolicae Sedis, per quanto riguarda invece la legislazione particolare è il legislatore stesso a decidere la modalità di promulgazione. Gli effetti giuridici della legge posta in essere non entrano subito in vigore questo per consentire che la comunità si prepari a conoscere e osservare la nuova disposizione. Questo periodo si chiama vacatio legis, in questo periodo la legge esiste ma non viene applicata. Il tempo per le leggi universali è solitamente di 3 mesi tranne diversa disposizione, per le leggi particolari di un mese. Durante il periodo della vacatio è la legge precedente ad rimanere in vigore. Can. 9 - Le leggi riguardano le cose future, non le cose passate, a meno che non si disponga nominatamente in esse delle cose passate. La legge normalmente non agisce in modo irretroattivo, questo non esclude che in certe occasioni il legislatore possa estendere gli effetti della legge al passato. Can. 10 - Sono da ritenersi irritanti o inabilitanti solo quelle leggi, con le quali si stabilisce espressamente che l'atto è nullo o la persona è inabile. Le leggi inabilitanti sono quelle con cui si dichiara una persona inabile a porre un determinato atto, alcuni esempi:
Le leggi irritanti invece sono quelle che dichiarano gli elementi costitutivi dell'atto e quindi determinano la nullità dell'atto stesso in caso di mancanza di uno di questi elementi, anche qui facciamo alcuni esempi:
A causa della gravità delle conseguenze di queste leggi, possono privare l'atto giuridico del suo effetto, la legge deve stabilire espressamente che l'atto è nullo o la persona è inabile. Can. 11 - Alle leggi puramente ecclesiastiche sono tenuti i battezzati nella Chiesa cattolica o in essa accolti, e che godono di sufficiente uso di ragione e, a meno che non sia disposto espressamente altro dal diritto, hanno compiuto il settimo anno di età. Le leggi puramente ecclesiastiche sono quelle leggi positive della Chiesa, stabilite dai leggittimi legislatori e che non necessariamente sono esigite dalla parola di Dio, dai sacramenti, dalla legge naturale, dall'equità canonica. Tre sono i criteri che si richiedono perchè si sia sottomessi a questi leggi, queste tre condizioni sono cumulative, devono cioè esserci tutte, se ne manca anche solo una non si è sottomessi alle leggi ecclesiastiche:
Can. 12 - §1. Alle leggi universali sono tenuti dovunque tutti coloro per i quali sono state date. §2. Dalle leggi universali invece, che non sono in vigore in un determinato territorio, sono esenti tutti quelli che si trovano attualmente in tale territorio. §3. Alle leggi fatte per un territorio peculiare sono sottoposti coloro per i quali sono state date e che in esso hanno il domicilio o il quasi-domicilio e insieme attualmente vi dimorano, fermo restando il disposto del can. 13. Can. 13 - §1. Le leggi particolari non si presumono personali, ma territoriali, se non consta altrimenti. §2. I forestieri non sono obbligati: 1) alle leggi particolari del loro territorio fino a quando ne sono assenti, a meno che o la loro trasgressione rechi danno nel proprio territorio, o le leggi siano personali; 2) e neppure alle leggi del territorio in cui si trovano, eccetto quelle che provvedono all'ordine pubblico, o determinano le formalità degli atti, o riguardano gli immobili situati nel territorio. §3. I girovaghi sono obbligati alle leggi, sia universali sia particolari, che sono in vigore nel luogo in cui si trovano. Can. 14 - Le leggi, anche irritanti o inabilitanti, nel dubbio di diritto non urgono; nel dubbio di fatto invece gli Ordinari possono dispensare da esse, purché, se si tratta di dispensa riservata, venga solitamente concessa dall'autorità cui è riservata. Quest'attenzione alle leggi irritanti e inabilitanti è dovuto ai loro gravi effetti, quindi il carattere irritante o inabilitante della legge deve essere chiaro. Can. 15 - §1. L'ignoranza o l'errore circa le leggi irritanti e inabilitanti non impediscono l'effetto delle medesime, a meno che non sia stabilito espressamente altro. §2. L'ignoranza o l'errore circa la legge o la pena oppure su un fatto personale o intorno a un fatto notorio di altri non si presumono; circa un fatto non notorio di altri si presumono, finché non si provi il contrario. Can. 16 - §1. Interpreta autenticamente le leggi il legislatore e colui al quale egli abbia concesso la potestà d'interpretarle autenticamente. §2. L'interpretazione autentica presentata a modo di legge ha la medesima forza della legge stessa e deve essere promulgata; e se soltanto dichiara le parole di per sé certe della legge, ha valore retroattivo; se restringe o estende la legge oppure chiarisce quella dubbia, non è retroattiva. §3. L'interpretazione invece a modo di sentenza giudiziale o di atto amministrativo in cosa peculiare, non ha forza di legge e obbliga soltanto le persone e dispone delle cose per cui è stata data. L'interpretazione autentica per la Chiesa Cattolica è quella del Pontificio Consiglio per l'interpretazione delle leggi, questa interpretazione, poi confermata dall'autorità pontificia, ha forza di legge e quindi deve essere promulgata. Can. 17 - Le leggi ecclesiastiche sono da intendersi secondo il significato proprio delle parole considerato nel testo e nel contesto; che se rimanessero dubbie e oscure, si deve ricorrere ai luoghi paralleli, se ce ne sono, al fine e alle circostanze della legge e all'intendimento del legislatore. Can. 18 - Le leggi che stabiliscono una pena, o che restringono il libero esercizio dei diritti, o che contengono un'eccezione alla legge, sono sottoposte a interpretazione stretta. Can. 19 - Se su una determinata materia manca una espressa disposizione di legge sia universale sia particolare o una consuetudine, la causa, se non è penale, è da dirimersi tenute presenti le leggi date per casi simili, i principi generali del diritto applicati con equità canonica, la giurisprudenza e la prassi della Curia Romana, il modo di sentire comune e costante dei giuristi. Can. 20 - La legge posteriore abroga la precedente o deroga alla medesima, se lo indica espressamente, o è direttamente contraria a quella, oppure riordina integralmente tutta quanta la materia della legge precedente; la legge universale però non deroga affatto al diritto particolare o speciale, a meno che non sia disposto espressamente altro dal diritto. Il primo modo di abrogare una legge è quello disposto dal c.6, con una dichiarazione espressa del legislatore, questo canone ci svela gli altri modi in cui può essere abrogata una legge. Can. 21 - Nel dubbio la revoca della legge preesistente non si presume, ma le leggi posteriori devono essere ricondotte alle precedenti e con queste conciliate, per quanto è possibile. Can. 22 - Le leggi civili alle quali il diritto della Chiesa rimanda, vengano osservate nel diritto canonico con i medesimi effetti, in quanto non siano contrarie al diritto divino e se il diritto canonico non dispone altrimenti. Il legislatore canonico preferisce che, entro i limiti stabiliti dalla legge canonica, sia la legge civile dei differenti paesi dei fedeli a essere applicata nelle materie considerate. Queste leggi vengono applicate all'interno del diritto canonico, come leggi canoniche, questa canonizzazione implica l'assunzione nel sistema canonico di tutti gli effetti della legge civile.
TITOLO II LA CONSUETUDINE (Cann. 23 – 28)
Can. 23 - Ha forza di legge soltanto quella consuetudine, introdotta dalla comunità dei fedeli, che sia stata approvata dal legislatore, a norma dei canoni che seguono. Can. 24 - §1. Nessuna consuetudine, che sia contraria al diritto divino, può ottenere forza di legge. §2. Né può ottenere forza di legge la consuetudine contro o fuori del diritto canonico, che non sia razionale; ora la consuetudine che è espressamente riprovata nel diritto, non è razionale. Can. 25 - Nessuna consuetudine ottiene forza di legge, se non sarà stata osservata da una comunità capace almeno di ricevere una legge, con l'intenzione di introdurre un diritto. Can. 26 - A meno che non sia stata approvata in modo speciale dal legislatore competente, una consuetudine contraria al diritto canonico vigente o che è al di fuori della legge canonica, ottiene forza di legge soltanto, se sarà stata osservata legittimamente per trenta anni continui e completi; ma contro una legge canonica che contenga la clausola che proibisce le consuetudini future, può prevalere la sola consuetudine centenaria o immemorabile. Can. 27 - La consuetudine è ottima interprete delle leggi. Can. 28 - Fermo restando il disposto del can. 5, la consuetudine, sia contro sia al di fuori della legge, è revocata per mezzo di una consuetudine o di una legge contraria; ma, se non se ne fa espressa menzione, la legge non revoca le consuetudini centenarie o immemorabili, né la legge universale revoca le consuetudini particolari. TITOLO III DECRETI GENERALI E ISTRUZIONI (Cann. 29 – 34)
Can. 29 - I decreti generali, con i quali dal legislatore competente vengono date disposizioni comuni per una comunità capace di ricevere una legge, sono propriamente leggi e sono retti dalle disposizioni dei canoni sulle leggi. Il diritto canonico distingue tra atti amministrativi generali (tit.III) e atti amministrativi singolari (tit.IV). Al primo gruppo appartengono i decreti generali e le istruzioni, al secondo i decreti e i precetti singolari, i rescritti, i rescritti che accordano un privilegio o una dispensa. Can. 30 - Chi gode soltanto della potestà esecutiva non può validamente emanare il decreto generale, di cui al can. 29, a meno che in casi particolari a norma del diritto ciò non gli sia stato espressamente concesso dal legislatore competente, e adempiute le condizioni stabilite nell'atto della concessione. Can. 31 - §1. Possono dare i decreti generali esecutivi, con cui sono appunto determinati più precisamente i modi da osservarsi nell'applicare la legge o con cui si urge l'osservanza delle leggi, coloro che godono della potestà esecutiva, entro i limiti della loro competenza. §2. Per ciò che attiene alla promulgazione e alla vacanza dei decreti di cui al §1, si osservino le disposizioni del can. 8. Can. 32 - I decreti generali esecutivi obbligano coloro che sono tenuti alle leggi delle quali i decreti stessi determinano i modi di applicazione o urgono l'osservanza. Can. 33 - §1. I decreti generali esecutivi, anche se sono pubblicati nei direttori o in documenti di altro nome, non derogano alle leggi, e le loro disposizioni che siano contrarie alle leggi sono prive di ogni vigore. §2. I medesimi decreti cessano d'avere vigore per revoca esplicita o implicita fatta dall'autorità competente, e altresì cessando la legge per la cui esecuzione furono dati; non cessano però venuto meno il diritto di colui che li stabilisce, eccetto che non sia disposto espressamente il contrario. Can. 34 - §1. Le istruzioni, che propriamente rendono chiare le disposizioni delle leggi e sviluppano e determinano i procedimenti nell'eseguirle, sono date a uso di quelli il cui compito è curare che le leggi siano mandate ad esecuzione e li obbligano nell'esecuzione stessa delle leggi; le pubblicano legittimamente, entro i limiti della loro competenza, coloro che godono della potestà esecutiva. §2. I dispositivi delle istruzioni non derogano alle leggi, e se qualcuno non può accordarsi con le disposizioni delle leggi, è privo di ogni vigore. §3. Le istruzioni cessano di avere vigore non soltanto con la revoca esplicita o implicita dell'autorità competente, che le pubblicò, o del suo superiore, ma anche cessando la legge per chiarire o per mandare ad esecizio TITOLO IV GLI ATTI AMMINISTRATIVI SINGOLARI (Cann. 35 – 93)
CAPITOLO I NORME COMUNI Can. 35 - L'atto amministrativo singolare, si tratti di un decreto o di un precetto oppure si tratti di un rescritto, può essere prodotto, entro i limiti della sua competenza, da colui che gode di potestà esecutiva, fermo restando il disposto del can. 76, §1. Can. 36 - §1. L'atto amministrativo è da intendersi secondo il significato proprio delle parole e l'uso comune del parlare; nel dubbio, gli atti che si riferiscono alle liti o che riguardano le pene da comminare o da infliggere, oppure restringono i diritti della persona, o che ledono i diritti acquisiti, o che sono contrari a una legge a vantaggio dei privati, sono sottoposti a interpretazione stretta; tutti gli altri a interpretazione larga. §2. Un atto amministrativo non deve essere esteso ad altri casi al di fuori di quelli espressi. Can. 37 - L'atto amministrativo, che riguarda il foro esterno, si deve consegnare per iscritto; così pure il relativo atto di esecuzione, se viene fatto in forma commissoria. Can. 38 - L'atto amministrativo, anche se si tratta di un rescritto dato Motu proprio, è privo di effetto nella misura in cui lede un diritto acquisito oppure è contrario a una legge o a una consuetudine approvata, a meno che l'autorità competente non abbia aggiunto espressamente una clausola derogatoria. Can. 39 - Le condizioni nell'atto amministrativo allora soltanto si reputano aggiunte per la validità, quando sono espresse per mezzo delle congiunzioni "si", "nisi", "dummodo". Can. 40 - L'esecutore di un atto amministrativo espleta invalidamente il suo incarico, prima di aver ricevuto la lettera e di averne controllato l'autenticità e l'integrità, a meno che non ne sia stata a lui trasmessa previamente la notizia per autorità di colui che ha emesso l'atto. Can. 41 - L'esecutore dell'atto amministrativo cui viene affidato il semplice compito dell'esecuzione, non può negare l'esecuzione di tale atto, a meno che non appaia manifestamente che l'atto medesimo è nullo o per altra grave causa non può essere sostenuto, oppure che le condizioni apposte nello stesso atto amministrativo non furono adempiute; se tuttavia l'esecuzione dell'atto amministrativo sembri inopportuna a motivo delle circostanze di persona o di luogo, l'esecutore interrompa l'esecuzione; ma in questi casi ne informi immediatamente l'autorità che ha emesso l'atto. Can. 42 - L'esecutore dell'atto amministrativo deve procedere a norma del mandato; se però non avrà adempiuto le condizioni essenziali apposte nella lettera e non avrà osservato la procedura sostanziale, l'esecuzione è invalida. Can. 43 - L'esecutore dell'atto amministrativo può farsi sostituire da un altro a suo prudente arbitrio, a meno che la sostituzione non sia stata proibita, o non sia stata scelta l'abilità specifica della persona, o non sia stata prestabilita la persona del sostituto; in questi casi però è lecito all'esecutore affidare ad un altro gli atti preparatori. Can. 44 - L'atto amministrativo può essere mandato ad esecuzione anche dal successore nell'ufficio dell'esecutore, a meno che non sia stata scelta l'abilità specifica della persona. Can. 45 - È lecito all'esecutore, se ha errato in qualche modo nell'esecuzione dell'atto amministrativo, mandarlo di nuovo ad esecuzione. Can. 46 - L'atto amministrativo non cessa venuto meno il diritto di colui che lo stabilisce, eccetto che non sia disposto espressamente altro dal diritto. Can. 47 - La revoca dell'atto amministrativo per mezzo di un altro atto amministrativo dell'autorità competente ottiene effetto unicamente dal momento in cui viene legittimamente notificato alla persona per la quale è stato dato. CAPITOLO II I DECRETI E I PRECETTI SINGOLARI Can. 48 - Per decreto singolare s'intende un atto amministrativo emesso dalla competente autorità esecutiva, mediante il quale secondo le norme del diritto è data per un caso particolare una decisione o viene fatta una provvisione, le quali per loro natura non suppongono una petizione fatta da qualcuno. Can. 49 - Il precetto singolare è un decreto mediante il quale s'impone direttamente e legittimamente a una persona o a persone determinate qualcosa da fare o da omettere, specialmente per urgere l'osservanza di una legge. Can. 50 - Prima di dare un decreto singolare, l'autorità ricerchi le notizie e le prove necessarie, e, per quanto è possibile, ascolti coloro i cui diritti possono essere lesi. Can. 51 - Il decreto si dia per iscritto esponendo, almeno sommariamente, le motivazioni, se si tratta di una decisione. Can. 52 - Il decreto singolare ha forza obbligante soltanto circa le cose sulle quali dispone e per le persone cui è dato; queste però le obbliga dovunque, se non consta altro. Can. 53 - Se i decreti sono tra di loro contrari, quello peculiare, nelle cose che vengono espresse in modo peculiare, prevale su quello generale; se sono ugualmente peculiari o generali, quello successivo nel tempo abroga il precedente, nella misura in cui gli è contrario. Can. 54 - §1. Il decreto singolare, la cui applicazione viene affidata all'esecutore, ha effetto dal momento dell'esecuzione; in caso contrario dal momento in cui viene intimato alla persona per autorità di colui che emette il decreto. §2. Il decreto singolare, per poterne urgere l'osservanza, deve essere intimato con un legittimo documento a norma del diritto. Can. 55 - Fermo restando il disposto dei cann. 37 e 51, quando una gravissima ragione si frapponga alla consegna del testo scritto del decreto, il decreto si ritiene intimato se viene letto alla persona cui è destinato di fronte a un notaio o a due testimoni, con la redazione degli atti, da sottoscriversi da tutti i presenti. Can. 56 - Il decreto si ritiene intimato, se colui al quale è destinato, chiamato nel dovuto modo a ricevere o ad udire il decreto, senza giusta causa non comparve o ricusò di sottoscrivere. Can. 57 - §1. Tutte le volte che la legge impone di dare un decreto oppure da parte dell'interessato viene legittimamente proposta una petizione o un ricorso per ottenere il decreto, l'autorità competente provveda entro tre mesi dalla ricezione della petizione o del ricorso, a meno che la legge non disponga un termine diverso. §2. Trascorso questo termine, se il decreto non fu ancora dato, la risposta si presume negativa, per ciò che si riferisce alla proposta di un ulteriore ricorso. §3. La presunta risposta negativa non esime la competente autorità dall'obbligo di dare il decreto, e anzi di riparare il danno eventualmente causato, a norma del can. 128. Can. 58 - §1. Il decreto singolare cessa di avere vigore con la revoca legittima da parte dell'autorità competente e altresì cessando la legge per la cui esecuzione fu dato. §2. Il precetto singolare, non imposto con legittimo documento, cessa venuto meno il diritto di colui che lo ha dato. CAPITOLO III I RESCRITTI Can. 59 - §1. Per rescritto s'intende l'atto amministrativo dato per iscritto dalla competente autorità esecutiva, per mezzo del quale, di sua stessa natura, su petizione di qualcuno, viene concesso un privilegio, una dispensa o un'altra grazia. §2. Le disposizioni che sono stabilite sui rescritti, valgono anche per la concessione della licenza, come pure per le concessioni di grazie fatte a viva voce, se non consta altrimenti. Can. 60 - Qualsiasi rescritto può essere ottenuto da tutti coloro ai quali non è proibito espressamente di farlo. Can. 61 - Se non consta altrimenti, un rescritto può essere ottenuto a favore di altra persona, anche prescindendo dal suo assenso, e ha valore prima dell'accettazione da parte del medesimo, salvo clausole contrarie. Can. 62 - Il rescritto in cui non viene assegnato alcun esecutore, ha effetto dal momento in cui è firmata la lettera; gli altri, dal momento dell'esecuzione. Can. 63 - §1. Alla validità del rescritto si oppone la surrezione o reticenza del vero, se nella richiesta non sono stati espressi quegli elementi che secondo la legge, lo stile e la prassi canonica sono da esprimersi per la validità, a meno che non si tratti di un rescritto di grazia che sia stato dato Motu proprio. §2. Parimenti si oppone alla validità del rescritto l'orrezione o esposizione del falso, se neppure una delle cause motivanti proposte è vera. §3. La causa motivante, nei rescritti nei quali non c'è alcun esecutore, è necessario che sia vera al tempo in cui il rescritto fu dato; negli altri al tempo dell'esecuzione. Can. 64 - Salvo il diritto della Penitenzieria per il foro interno, una grazia negata da qualsiasi dicastero della Curia Romana, non può essere validamente concessa da un altro dicastero della medesima Curia o da un'altra competente autorità al di sotto del Romano Pontefice, senza l'assenso del dicastero con cui si iniziò a trattare. Can. 65 - §1. Salve le disposizioni dei §§2 e 3, nessuno richieda a un altro Ordinario una grazia negata dal proprio Ordinario, se non fatta menzione del diniego; fatta però menzione, l'Ordinario non conceda la grazia, senza aver avuto i motivi del diniego dall'Ordinario precedente. §2. Una grazia negata dal Vicario generale o dal Vicario episcopale, non può essere concessa validamente da un altro Vicario dello stesso Vescovo, anche avuti i motivi del diniego da parte del Vicario che ha negato la grazia. §3. Una grazia negata dal Vicario generale o dal Vicario episcopale e in seguito, senza aver fatto alcuna menzione di tale diniego, richiesta al Vescovo diocesano, è invalida; una grazia negata però dal Vescovo diocesano non può essere validamente richiesta, anche fatta menzione del diniego, al suo Vicario generale o al Vicario episcopale, senza il consenso del Vescovo. Can. 66 - Un rescritto non diventa invalido a causa di errore nel nome della persona cui viene dato o da cui è emesso, oppure del luogo in cui essa stessa risiede, o della cosa di cui si tratta, purché, a giudizio dell'Ordinario, non ci sia alcun dubbio circa la persona stessa o la cosa. Can. 67 - §1. Se accadesse che su una medesima cosa vengano richiesti due rescritti fra di loro contrari, quello peculiare, nelle cose che sono espresse in modo peculiare, prevale su quello generale. §2. Se fossero ugualmente peculiari o generali, il precedente nel tempo prevale su quello posteriore, a meno che nel secondo non si faccia espressa menzione del precedente, oppure se il primo richiedente non abbia fatto uso del suo rescritto per dolo o per notevole negligenza. §3. Nel dubbio se il rescritto sia invalido o no, si ricorra a colui che ha dato il rescritto. Can. 68 - Un rescritto della Sede Apostolica in cui non viene assegnato alcun esecutore, allora soltanto deve essere presentato all'Ordinario del richiedente, quando ciò sia ingiunto nella lettera medesima, oppure si tratti di cose pubbliche, o si renda necessario comprovare le condizioni. Can. 69 - Il rescritto, per la cui presentazione non è definito alcun tempo, può essere esibito all'esecutore in qualsiasi momento, purché non ci siano frode e dolo. Can. 70 - Se nel rescritto la stessa concessione fosse commessa all'esecutore, spetta a lui secondo il suo prudente arbitrio e la sua coscienza concedere o negare la grazia. Can. 71 - Nessuno è tenuto a usare un rescritto concesso solamente in suo favore, a meno che per altro titolo a ciò non sia tenuto da obbligo canonico. Can. 72 - I rescritti concessi dalla Sede Apostolica, che sono scaduti, possono essere prorogati una sola volta per giusta causa da parte del Vescovo diocesano, tuttavia non oltre tre mesi. Can. 73 - Nessun rescritto è revocato a causa di una legge contraria, a meno che la legge stessa non disponga altrimenti. Can. 74 - Benché una persona possa usare in foro interno di una grazia concessale oralmente, è tenuta a provarla per il foro esterno, ogniqualvolta ciò le sia legittimamente richiesto. Can. 75 - Se il rescritto contiene un privilegio o una dispensa, si osservino inoltre le disposizioni dei canoni che seguono. CAPITOLO IV I PRIVILEGI Can. 76 - §1. Il privilegio, ossia una grazia in favore di determinate persone, sia fisiche sia giuridiche, accordata per mezzo di un atto peculiare, può essere concesso dal legislatore come pure dall'autorità esecutiva cui il legislatore abbia conferito tale potestà. §2. Il possesso centenario o immemorabile induce la presunzione che il privilegio sia stato concesso. Can. 77 - Il privilegio è da interpretarsi a norma del can. 36, §1; ma ci si deve sempre servire di una interpretazione tale, per cui i dotati di privilegio abbiano a conseguire davvero una qualche grazia. Can. 78 - §1. Il privilegio si presume perpetuo, se non si prova il contrario. §2. Il privilegio personale, cioè quello che segue la persona, si estingue con essa. §3. Il privilegio reale cessa con la distruzione totale della cosa o del luogo; il privilegio locale però rivive, se il luogo viene ricostituito entro cinquanta anni. Can. 79 - Il privilegio cessa per revoca da parte dell'autorità competente a norma del can. 47, fermo restando il disposto del can. 81. Can. 80 - §1. Nessun privilegio cessa per rinuncia, a meno che questa non sia stata accettata dall'autorità competente. §2. Qualsiasi persona fisica può rinunciare al privilegio concesso solamente in proprio favore. §3. Le persone singole non possono rinunciare al privilegio concesso a una persona giuridica, o in ragione della dignità del luogo o della cosa; né alla stessa persona giuridica è lecito rinunciare a un privilegio a lei concesso, se la rinuncia torni a pregiudizio della Chiesa o di altri. Can. 81 - Venuto meno il diritto del concedente, il privilegio non si estingue, a meno che non sia stato dato con la clausola ad beneplacitum nostrum o con altra equipollente. Can. 82 - Per non uso o per uso contrario un privilegio non oneroso ad altri non cessa; quello invece che ritorna a gravame di altri, si perde, se si aggiunge la legittima prescrizione. Can. 83 - §1. Il privilegio cessa passato il tempo o esaurito il numero dei casi per i quali fu concesso, fermo restando il disposto del can. 142, §2. §2. Cessa pure, se con il progredire del tempo le circostanze, a giudizio dell'autorità competente, sono talmente cambiate, che sia risultato nocivo o il suo uso divenga illecito. Can. 84 - Chi abusa della potestà datagli per privilegio, merita di essere privato del privilegio stesso; di conseguenza, l'Ordinario, ammonito invano il privilegiato, privi chi gravemente ne abusa, del privilegio che egli stesso ha concesso; che se il privilegio fu concesso dalla Sede Apostolica, l'Ordinario è tenuto a informarla. CAPITOLO V LE DISPENSE Can. 85 - La dispensa, ossia l'esonero dall'osservanza di una legge puramente ecclesiastica in un caso particolare, può essere concessa da quelli che godono di potestà esecutiva, entro i limiti della loro competenza, e altresì da quelli cui compete la potestà di dispensare esplicitamente o implicitamente sia per lo stesso diritto sia in forza di una legittima delega. Can. 86 - Non sono suscettibili di dispensa le leggi in quanto definiscono quelle cose, che sono essenzialmente costitutive degli istituti o degli atti giuridici. Can. 87 - §1. Il Vescovo diocesano può dispensare validamente i fedeli, ogniqualvolta egli giudichi che ciò giovi al loro bene spirituale, dalle leggi disciplinari sia universali sia particolari date dalla suprema autorità della Chiesa per il suo territorio o per i suoi sudditi, tuttavia non dalle leggi processuali o penali, né da quelle la cui dispensa è riservata in modo speciale alla Sede Apostolica o ad un'altra autorità. §2. Quando sia difficile il ricorso alla Santa Sede e insieme nell'attesa vi sia pericolo di grave danno, qualunque Ordinario può dispensare validamente dalle medesime leggi, anche se la dispensa è riservata alla Santa Sede, purché si tratti di una dispensa che la stessa Santa Sede nelle medesime circostanze solitamente concede, fermo restando il disposto del can. 291. Can. 88 - L'Ordinario del luogo può dispensare validamente dalle leggi diocesane, e, tutte le volte egli giudichi che ciò giovi al bene dei fedeli, dalle leggi date dal Concilio plenario o provinciale oppure dalla Conferenza Episcopale. Can. 89 - Il parroco e gli altri presbiteri o i diaconi non possono dispensare validamente da una legge universale e da una particolare, a meno che tale potestà non sia stata loro espressamente concessa. Can. 90 - §1. Non si dispensi dalla legge ecclesiastica senza giusta e ragionevole causa, tenuto conto delle circostanze del caso e della gravità della legge dalla quale si dispensa; altrimenti la dispensa è illecita e, se non fu data dal legislatore stesso o dal suo superiore, è anche invalida. §2. Nel dubbio sulla sufficienza della causa la dispensa è concessa validamente e lecitamente. Can. 91 - Chi gode della potestà di dispensare la può esercitare validamente anche stando fuori dal territorio, verso i sudditi, benché assenti dal territorio, e, se non è stabilito espressamente il contrario, anche verso i forestieri che si trovano attualmente nel territorio, e altresì verso se stesso. Can. 92 - È sottoposta a interpretazione stretta non solo la dispensa a norma del can. 36, §1, ma la stessa potestà di dispensare concessa per un caso determinato. Can. 93 - La dispensa che ha tratti successivi cessa nei medesimi modi del privilegio, e inoltre per la sicura e totale cessazione della causa motivante.
TITOLO V GLI STATUTI E GLI ORDINAMENTI (Cann. 94 – 95)
Can. 94 - §1. Gli statuti, in senso proprio, sono regolamenti che vengono composti a norma del diritto negli insiemi sia di persone sia di cose, e per mezzo dei quali sono definiti il fine dei medesimi, la loro costituzione, il governo e i modi di agire. §2. Agli statuti di un insieme di persone sono obbligate le sole persone che ne sono legittimamente membri; agli statuti di un insieme di cose, quelli che ne curano la conduzione. §3. Le disposizioni degli statuti, fatte e promulgate in forza della potestà legislativa, sono rette dalle disposizioni dei canoni sulle leggi. Can. 95 - §1. I regolamenti sono regole o norme che devono essere osservate nei convegni di persone, sia indetti dall'autorità ecclesiastica sia liberamente convocati dai fedeli, come pure in altre celebrazioni, e per mezzo dei quali viene definito ciò che si riferisce alla costituzione, alla conduzione e ai modi di agire. §2. Nei convegni o nelle celebrazioni, sono tenuti alle norme del regolamento quelli che vi partecipano. TITOLO VI LE PERSONE FISICHE E GIURIDICHE (Cann. 96 – 123)
CAPITOLO I LA CONDIZIONE CANONICA DELLE PERSONE FISICHE Can. 96 - Mediante il battesimo l'uomo è incorporato alla Chiesa di Cristo e in essa è costituito persona, con i doveri e i diritti che ai cristiani, tenuta presente la loro condizione, sono propri, in quanto sono nella comunione ecclesiastica e purché non si frapponga una sanzione legittimamente inflitta. Can. 97 - §1. La persona che ha compiuto diciotto anni, è maggiorenne; sotto tale età, è minorenne. §2. Il minorenne, prima dei sette anni compiuti, viene detto bambino e lo si considera non responsabile dei suoi atti, compiuti però i sette anni, si presume che abbia l'uso di ragione. Can. 98 - §1. La persona maggiorenne ha il pieno esercizio dei suoi diritti. §2. La persona minorenne nell'esercizio dei suoi diritti rimane sottoposta alla potestà dei genitori o dei tutori, eccetto per quelle cose nelle quali i minorenni sono esenti dalla loro potestà per legge divina o per diritto canonico; per ciò che attiene alla costituzione dei tutori e alla loro potestà, si osservino le disposizioni del diritto civile, a meno che non si disponga altro dal diritto canonico, o il Vescovo diocesano in casi determinati abbia per giusta causa stimato doversi provvedere con la nomina di un altro tutore. Can. 99 - Chiunque manca abitualmente dell'uso di ragione, lo si considera non responsabile dei suoi atti ed è assimilato ai bambini. Can. 100 - La persona viene detta: abitante, nel luogo in cui è il suo domicilio; dimorante, nel luogo in cui ha il quasi-domicilio; forestiero, se si trova fuori del domicilio e del quasi-domicilio che ancora ritiene; girovago, se non ha in alcun luogo il domicilio o il quasi-domicilio. Can. 101 - §1. Il luogo di origine del figlio, anche neofita, è quello in cui, quando il figlio è nato, i genitori avevano il domicilio o, mancando questo, il quasi-domicilio, oppure, se i genitori non avevano il medesimo domicilio o quasi-domicilio, l'aveva la madre. §2. Se si tratta di un figlio di girovaghi, il luogo di origine è il luogo stesso della nascita; se di un esposto, è il luogo in cui fu trovato. Can. 102 - §1. Il domicilio si acquista con la dimora nel territorio di qualche parrocchia o almeno di una diocesi, tale che o sia congiunta con l'intenzione di rimanervi in perpetuo se nulla lo allontani da quel luogo, o sia protratta per cinque anni completi. §2. Il quasi-domicilio si acquista con la dimora nel territorio di qualche parrocchia o almeno di una diocesi, tale che o sia congiunta con l'intenzione di rimanervi almeno per tre mesi se nulla lo allontani da quel luogo, o sia protratta effettivamente per tre mesi. §3. Il domicilio o il quasi-domicilio nel territorio di una parrocchia è detto parrocchiale; nel territorio di una diocesi, anche se non in una parrocchia, diocesano. Can. 103 - I membri degli istituti religiosi e delle società di vita apostolica acquistano il domicilio nel luogo dove è situata la casa cui sono ascritti; il quasi-domicilio, nella casa in cui, a norma del can. 102, §2, dimorano. Can. 104 - I coniugi abbiano in comune il domicilio o il quasi-domicilio; a motivo di legittima separazione o per altra giusta causa, entrambi possono avere un proprio domicilio o quasi-domicilio. Can. 105 - §1. Il minorenne ritiene necessariamente il domicilio e il quasi-domicilio di colui, alla cui potestà è soggetto. Uscito dall'infanzia può acquistare anche un proprio quasi-domicilio; e legittimamente emancipato a norma del diritto civile, anche un domicilio proprio. §2. Chiunque per una ragione diversa dalla minore età è stato affidato legittimamente in tutela o in curatela di un altro, ha il domicilio e il quasi-domicilio del tutore o del curatore. Can. 106 - Il domicilio e il quasi-domicilio si perdono con la partenza dal luogo con intenzione di non tornare, salvo il disposto del can. 105. Can. 107 - §1. A ciascuno sia per il domicilio sia per il quasi-domicilio tocca il parroco e l'Ordinario proprio. §2. Il parroco o l'Ordinario proprio del girovago è il parroco o l'Ordinario del luogo in cui il girovago dimora attualmente. §3. Il parroco proprio di colui che non ha se non il domicilio o il quasi-domicilio diocesano, è il parroco del luogo in cui attualmente dimora. Can. 108 - §1. La consanguineità si computa per linee e per gradi. §2. Nella linea retta tanti sono i gradi quante le generazioni, ossia quante le persone, tolto il capostipite. §3. Nella linea obliqua tanti sono i gradi quante le persone in tutte e due le linee insieme, tolto il capostipite. Can. 109 - §1. L'affinità sorge dal matrimonio valido, anche se non consumato, e sussiste tra il marito e i consanguinei della moglie, e parimenti tra la moglie e i consanguinei del marito. §2. Si computa in maniera tale che coloro che sono consanguinei del marito, siano affini della moglie nella medesima linea e grado, e viceversa. Can. 110 - I figli, che sono stati adottati a norma della legge civile, sono ritenuti figli di colui o di coloro che li hanno adottati. Can. 111 - §1. Con la ricezione del battesimo è ascritto alla Chiesa latina il figlio dei genitori, che ad essa appartengono o, se uno dei due non appartiene ad essa, ambedue i genitori di comune accordo abbiano optato che la prole fosse battezzata nella Chiesa latina; che se manca il comune accordo, è ascritto alla Chiesa rituale, cui appartiene il padre. §2. Qualsiasi battezzando che abbia compiuto quattordici anni di età, può liberamente scegliere di essere battezzato nella Chiesa latina o in un'altra Chiesa rituale di diritto proprio; nel qual caso, egli appartiene a quella Chiesa che avrà scelto. Can. 112 - §1. Dopo aver ricevuto il battesimo, sono ascritti a un'altra Chiesa rituale di diritto proprio: 1) chi ne abbia ottenuto la licenza da parte della Sede Apostolica; 2) il coniuge che, nel celebrare il matrimonio o durante il medesimo, abbia dichiarato di voler passare alla Chiesa rituale di diritto proprio dell'altro coniuge; sciolto però il matrimonio, può ritornare liberamente alla Chiesa latina; 3) i figli di quelli, di cui ai nn. 1 e 2, prima del compimento dei quattordici anni di età e parimenti, nel matrimonio misto, i figli della parte cattolica, che sia passata legittimamente a un'altra Chiesa rituale; raggiunta però questa età, i medesimi possono ritornare alla Chiesa latina. §2. L'usanza, anche se a lungo protratta, di ricevere i sacramenti secondo il rito di una Chiesa rituale di diritto proprio, non comporta l'ascrizione alla medesima Chiesa. CAPITOLO II LE PERSONE GIURIDICHE Can. 113 - §1. La Chiesa cattolica e la Sede Apostolica sono persone morali in forza della stessa disposizione divina. §2. Nella Chiesa, oltre alle persone fisiche, ci sono anche le persone giuridiche, soggetti cioè nel diritto canonico di obblighi e di diritti che corrispondono alla loro natura. Can. 114 - §1. Le persone giuridiche sono costituite o dalla stessa disposizione del diritto oppure dalla concessione speciale da parte della competente autorità data per mezzo di un decreto, come insiemi sia di persone sia di cose ordinati ad un fine corrispondente alla missione della Chiesa, che trascende il fine dei singoli. §2. Come fini, di cui al §1, s'intendono quelli attinenti ad opere di pietà, di apostolato o di carità sia spirituale sia temporale. §3. L'autorità competente della Chiesa non conferisca la personalità giuridica se non a quegli insiemi di persone o di cose, che perseguono un fine effettivamente utile e che, tutto considerato, sono forniti dei mezzi che si possono prevedere sufficienti a conseguire il fine prestabilito. Can. 115 - §1. Le persone giuridiche nella Chiesa sono o insiemi di persone o insiemi di cose. §2. L'insieme di persone, che non può essere composto se non almeno di tre persone, è collegiale, se i membri determinano la sua azione, concorrendo nel prendere le decisioni, con uguale diritto o meno, a norma del diritto e degli statuti; altrimenti è non collegiale. §3. L'insieme di cose, ossia la fondazione autonoma, consta di beni o di cose, sia spirituali sia materiali, e lo dirigono, a norma del diritto e degli statuti, sia una o più persone fisiche sia un collegio. Can. 116 - §1. Le persone giuridiche pubbliche sono insiemi di persone o di cose, che vengono costituite dalla competente autorità ecclesiastica perché, entro i fini ad esse prestabiliti, a nome della Chiesa compiano, a norma delle disposizioni del diritto, il proprio compito, loro affidato in vista del bene pubblico; tutte le altre persone giuridiche sono private. §2. Le persone giuridiche pubbliche vengono dotate di tale personalità sia per il diritto stesso sia per speciale decreto dell'autorità competente che la concede espressamente; le persone giuridiche private vengono dotate di questa personalità soltanto per mezzo dello speciale decreto dell'autorità competente che concede espressamente la medesima personalità. Can. 117 - Nessun insieme di persone o di cose che intenda ottenere la personalità giuridica, può validamente conseguirla se i suoi statuti non siano stati approvati dalla competente autorità. Can. 118 - Rappresentano la persona giuridica pubblica, agendo a suo nome, coloro ai quali tale competenza è riconosciuta dal diritto universale o particolare oppure dai propri statuti; rappresentano la persona giuridica privata, coloro cui la medesima competenza è attribuita attraverso gli statuti. Can. 119 - Per quanto concerne gli atti collegiali, a meno che non sia disposto altro dal diritto o dagli statuti: 1) se si tratta di elezioni, ha forza di diritto ciò che, presente la maggior parte di quelli che devono essere convocati, e piaciuto alla maggioranza assoluta di coloro che sono presenti; dopo due scrutini inefficaci, la votazione verta sopra i due candidati che hanno ottenuto la maggior parte dei voti, o, se sono parecchi, sopra i due più anziani di età; dopo il terzo scrutinio, se rimane la parità, si ritenga eletto colui che è più anziano di età; 2) se si tratta di altri affari, ha forza di diritto ciò che, presente la maggior parte di quelli che devono essere convocati, è piaciuto alla maggioranza assoluta di coloro che sono presenti; che se dopo due scrutini i suffragi furono uguali, il presidente può dirimere la parità con un suo voto; 3) ciò che poi tocca tutti come singoli, da tutti deve essere approvato. Can. 120 - §1. La persona giuridica per sua natura è perpetua; si estingue tuttavia se viene legittimamente soppressa dalla competente autorità o se ha cessato di agire per lo spazio di cento anni; la persona giuridica privata si estingue inoltre, se l'associazione stessa si discioglie a norma degli statuti, oppure se, a giudizio dell'autorità competente, la stessa fondazione ha cessato di esistere a norma degli statuti. §2. Se rimane anche uno solo dei membri della persona giuridica collegiale, e l'insieme delle persone secondo gli statuti non ha cessato di esistere, l'esercizio di tutti i diritti dell'insieme compete a quel membro. Can. 121 - Se gli insiemi sia di persone sia di cose, che sono persone giuridiche pubbliche, si congiungano in tale maniera che dai medesimi sia costituito un unico insieme dotato anch'esso di personalità giuridica, questa nuova persona giuridica ottiene i beni e i diritti patrimoniali propri dei precedenti e assume gli oneri, di cui i medesimi erano gravati; per quanto concerne poi la destinazione dei beni e l'adempimento degli oneri, devono essere salvaguardati la volontà dei fondatori e degli offerenti e i diritti acquisiti. Can. 122 - Se l'insieme, che gode di personalità giuridica pubblica, si divide in maniera tale che o una parte di esso sia unita a un'altra persona giuridica o dalla parte divisa si eriga una distinta persona giuridica pubblica, l'autorità ecclesiastica cui compete la divisione deve curare personalmente o per mezzo di un esecutore, osservati invero in primo luogo sia la volontà dei fondatori e degli offerenti sia i diritti acquisiti sia infine gli statuti approvati: 1) che i beni comuni divisibili e i diritti patrimoniali come pure i debiti e gli altri oneri siano divisi tra le persone giuridiche di cui si tratta con debita proporzione secondo il giusto e l'onesto, tenuto conto di tutte le circostanze e delle necessità di entrambe; 2) che l'uso e l'usufrutto dei beni comuni, che non sono sottoposti a divisione, tornino a vantaggio di tutte e due le persone giuridiche, e che gli oneri propri alle medesime siano imposti a entrambe, osservata parimenti la dovuta proporzione da definirsi secondo il giusto e l'onesto. Can. 123 - Estinta la persona giuridica pubblica, la destinazione dei beni e dei diritti patrimoniali e parimenti degli oneri della medesima viene retta dal diritto e dagli statuti; se questi tacciono, essi toccano in sorte alla persona giuridica immediatamente superiore, salvi sempre la volontà dei fondatori e degli offerenti come pure i diritti acquisiti; estinta la persona giuridica privata, la destinazione dei beni e degli oneri della medesima è retta dagli statuti propri. TITOLO VII GLI ATTI GIURIDICI (Cann. 124 – 128)
Can. 124 - §1. Per la validità dell'atto giuridico, si richiede che sia posto da una persona abile, e che in esso ci sia ciò che costituisce essenzialmente l'atto stesso, come pure le formalità e i requisiti imposti dal diritto per la validità dell'atto. §2. L'atto giuridico posto nel debito modo riguardo ai suoi elementi esterni si presume valido. Can. 125 - §1. L' atto posto per violenza inferta dall'esterno alla persona, cui essa stessa in nessun modo poté resistere, è nullo. §2. L'atto posto per timore grave, incusso ingiustamente, o per dolo, vale, a meno che non sia disposto altro dal diritto; ma può essere rescisso per sentenza del giudice, sia su istanza della parte lesa o dei suoi successori nel diritto, sia d'ufficio. Can. 126 - L'atto posto per ignoranza o per errore, che verta intorno a ciò che ne costituisce la sostanza, o che ricada nella condizione sine qua non, è nullo; altrimenti vale, se dal diritto non è disposto altro, ma l'atto compiuto per ignoranza o per errore può dar luogo all'azione rescissoria a norma del diritto. Can. 127 - §1. Quando dal diritto è stabilito che il Superiore per porre gli atti necessiti del consenso o del consiglio di un collegio o di un gruppo di persone, il collegio o il gruppo deve essere convocato a norma del can. 166, a meno che, quando si tratti di richiedere soltanto il consiglio, non sia stato disposto altrimenti dal diritto particolare o proprio; perché poi l'atto valga si richiede che sia ottenuto il consenso della maggioranza assoluta di quelli che sono presenti o richiesto il consiglio di tutti. §2. Quando dal diritto è stabilito che il Superiore per porre gli atti necessiti del consenso o del consiglio di alcune persone, come singole: 1) se si esige il consenso, è invalido l'atto del Superiore che non richiede il consenso di quelle persone o che agisce contro il loro voto o contro il voto di una persona; 2) se si esige il consiglio, è invalido l'atto del Superiore che non ascolta le persone medesime; il Superiore, sebbene non sia tenuto da alcun obbligo ad accedere al loro voto, benché concorde, tuttavia, senza una ragione prevalente, da valutarsi a suo giudizio, non si discosti dal voto delle stesse, specialmente se concorde. §3. Tutti quelli, il cui consenso o consiglio è richiesto, sono tenuti all'obbligo di esprimere sinceramente la propria opinione, e, se la gravità degli affari lo richiede, di osservare diligentemente il segreto; obbligo che può essere sollecitato dal Superiore. Can. 128 - Chiunque illegittimamente con un atto giuridico, anzi con qualsiasi altro atto posto con dolo o con colpa, arreca danno ad un altro, è tenuto all'obbligo di riparare il danno arrecato.
TITOLO VIII LA POTESTÀ DI GOVERNO (Cann. 129 – 144)
Can. 129 - §1. Sono abili alla potestà di governo, che propriamente è nella Chiesa per istituzione divina e viene denominata anche potestà di giurisdizione, coloro che sono insigniti dell'ordine sacro, a norma delle disposizioni del diritto. §2. Nell'esercizio della medesima potestà, i fedeli laici possono cooperare a norma del diritto. Can. 130 - La potestà di governo di per sé è esercitata nel foro esterno, talora tuttavia nel solo foro interno, in modo tale però che gli effetti che il suo esercizio ha originariamente nel foro esterno, in questo foro non vengano riconosciuti, se non in quanto ciò è stabilito dal diritto per casi determinati. Can. 131 - §1. La potestà di governo ordinaria è quella che dallo stesso diritto è annessa a un ufficio; la potestà delegata, quella che è concessa alla persona stessa, non mediante l'ufficio. §2. La potestà di governo ordinaria può essere sia propria sia vicaria. §3. A chi si asserisce delegato, incombe l'onere di provare la delega. Can. 132 - §1. Le facoltà abituali vengono rette dalle disposizioni sulla potestà delegata. §2. Purtuttavia se nella sua concessione non è disposto espressamente altro o non è stata scelta l'abilità specifica della persona, la facoltà abituale concessa all'Ordinario non è annullata venendo meno il diritto dell'Ordinario cui fu concessa, sebbene egli stesso abbia iniziato a eseguirla, ma passa a qualsiasi Ordinario che gli succede nel governo. Can. 133 - §1. Il delegato, che oltrepassa i limiti del suo mandato sia circa le cose sia circa le persone, agisce invalidamente. §2. Non si reputa che il delegato oltrepassi i limiti del suo mandato se compie ciò per cui fu delegato in modo diverso da quello determinato dal mandato, a meno che il modo non sia stato imposto per la validità dallo stesso delegante. Can. 134 - §1. Col nome di Ordinario nel diritto s'intendono, oltre il Romano Pontefice, i Vescovi diocesani e gli altri che, anche se soltanto interinalmente, sono preposti a una Chiesa particolare o a una comunità ad essa equiparata a norma del can. 368; inoltre coloro che nelle medesime godono di potestà esecutiva ordinaria generale, vale a dire i Vicari generali ed episcopali; e parimenti, per i propri membri, i Superiori maggiori degli istituti religiosi di diritto pontificio clericali e delle società di vita apostolica di diritto pontificio clericali, che possiedono almeno potestà esecutiva ordinaria. §2. Col nome di Ordinario del luogo s'intendono tutti quelli recensiti nel §1, eccetto i Superiori degli istituti religiosi e delle società di vita apostolica. §3. Quanto viene attribuito nominatamente al Vescovo diocesano nell'ambito della potestà esecutiva, s'intende competere solamente al Vescovo diocesano e agli altri a lui stesso equiparati nel can. 381, §2, esclusi il Vicario generale ed episcopale, se non per mandato speciale. Can. 135 - §1. La potestà di governo si distingue in legislativa, esecutiva e giudiziale. §2. La potestà legislativa è da esercitarsi nel modo stabilito dal diritto, e quella di cui gode nella Chiesa il legislatore al di sotto dell'autorità suprema, non può essere validamente delegata, se non è disposto esplicitamente altro dal diritto; da parte del legislatore inferiore non può essere data validamente una legge contraria al diritto superiore. §3. La potestà giudiziale, di cui godono i giudici e i collegi giudiziari, è da esercitarsi nel modo stabilito dal diritto, e non può essere delegata, se non per eseguire gli atti preparatori di un qualsiasi decreto o sentenza. §4. Per ciò che concerne l'esercizio della potestà esecutiva, si osservino le disposizioni dei canoni che seguono. Can. 136 - Pur stando fuori del territorio, la potestà esecutiva si può esercitare validamente verso i sudditi, benché assenti dal territorio, a meno che non consti altro dalla natura della cosa o dal disposto del diritto; la si può esercitare verso i forestieri che si trovano attualmente nel territorio, se si tratta di concedere favori o di mandare ad esecuzione sia le leggi universali sia le leggi particolari, alle quali gli stessi sono tenuti a norma del can. 13, §2, n. 2. Can. 137 - §1. La potestà esecutiva ordinaria può essere delegata sia per un atto sia per un insieme di casi, a meno che non sia disposto espressamente altro dal diritto. §2. La potestà esecutiva delegata dalla Sede Apostolica può essere suddelegata sia per un atto sia per un insieme di casi, a meno che non sia stata scelta l'abilità specifica della persona o non sia stata espressamente proibita la suddelega. §3. La potestà esecutiva delegata da un'altra autorità che ha potestà ordinaria, se è stata delegata per un insieme di casi, può essere suddelegata soltanto in casi singoli; se invece è stata delegata per un atto o per atti determinati, non può essere suddelegata, se non per espressa concessione del delegante. §4. Nessuna potestà suddelegata può essere nuovamente suddelegata, se ciò non fu concesso espressamente da parte del delegante. Can. 138 - La potestà esecutiva ordinaria come pure la potestà delegata per un insieme di casi, è da interpretarsi in senso largo, qualsiasi altra invece in senso stretto; tuttavia a chi è stata delegata la potestà, s'intendono concesse anche quelle facoltà senza le quali la medesima potestà non può essere esercitata. Can. 139 - §1. Se non è stabilito altro dal diritto, per il fatto che uno si rivolga a qualche autorità competente, anche superiore, non si sospende la potestà esecutiva dell'altra autorità competente, sia essa ordinaria oppure delegata. §2. Tuttavia l'inferiore non s'intrometta nella questione deferita all'autorità superiore, se non per causa grave e urgente; nel qual caso avverta immediatamente il superiore della cosa. Can. 140 - §1. Qualora siano stati delegati parecchi a trattare in solido lo stesso affare, chi per primo abbia iniziato a svolgere l'affare esclude gli altri dal trattarlo, a meno che in seguito non sia stato impedito o non abbia voluto procedere ulteriormente nel condurlo a termine. §2. Qualora siano stati delegati parecchi collegialmente a trattare un affare, tutti devono procedere a norma del can. 119, a meno che non sia stato disposto altro nel mandato. §3. La potestà esecutiva delegata a parecchi, si presume delegata ai medesimi in solido. Can. 141 - Qualora siano stati delegati parecchi successivamente, sbrighi l'affare colui, il cui mandato è anteriore, né fu poi revocato. Can. 142 - §1. La potestà delegata si estingue compiuto il mandato; trascorso il tempo o esaurito il numero dei casi per i quali fu concessa; cessando la causa finale della delega; per revoca del delegante intimata direttamente al delegato come pure per rinuncia del delegato fatta conoscere al delegante e da lui accettata; non si estingue invece venendo meno il diritto del delegante, eccetto che ciò non appaia dalle clausole apposte. §2. Tuttavia l'atto, proveniente da potestà delegata che si esercita nel solo foro interno, posto per inavvertenza dopo la scadenza del tempo di concessione, è valido. Can. 143 - §1. La potestà ordinaria si estingue con la perdita dell'ufficio cui è annessa. §2. Se non sia disposto altro dal diritto, la potestà ordinaria è sospesa, qualora si appelli legittimamente o s'interponga un ricorso contro la privazione o la rimozione dall'ufficio. Can. 144 - §1. Nell'errore comune di fatto o di diritto, e parimenti nel dubbio positivo e probabile sia di diritto sia di fatto, la Chiesa supplisce, tanto nel foro esterno quanto interno, la potestà di governo esecutiva. §2. La stessa norma si applica alle facoltà di cui ai cann. 882, 883, 966, e 1111, §1. TITOLO IX GLI UFFICI ECCLESIASTICI (Cann. 145 – 196)
Can. 145 - §1. L'ufficio ecclesiastico è qualunque incarico, costituito stabilmente per disposizione sia divina sia ecclesiastica, da esercitarsi per un fine spirituale. §2. Gli obblighi e i diritti propri dei singoli uffici ecclesiastici sono definiti sia dallo stesso diritto con cui l'ufficio viene costituito, sia dal decreto dell'autorità competente con cui viene insieme costituito e conferito. CAPITOLO I PROVVISIONE DELL'UFFICIO ECCLESIASTICO Can. 146 - L'ufficio ecclesiastico non può essere validamente ottenuto senza provvisione canonica. Can. 147 - La provvisione dell'ufficio ecclesiastico si effettua: per libero conferimento da parte dell'autorità ecclesiastica competente; per istituzione data dalla medesima, se precedette la presentazione; per conferma o per ammissione fatta dalla stessa, se precedette l'elezione o la postulazione; infine per semplice elezione e accettazione dell'eletto, se l'elezione non esige conferma. Can. 148 - All'autorità, cui spetta erigere, innovare e sopprimere gli uffici, compete pure la loro provvisione, a meno che non sia stabilito altro dal diritto. Can. 149 - §1. Perché uno sia promosso ad un ufficio ecclesiastico, deve essere nella comunione della Chiesa e possedere l'idoneità, cioè essere dotato delle qualità, richieste per l'ufficio stesso dal diritto universale o particolare oppure dalla legge di fondazione. §2. La provvisione dell'ufficio ecclesiastico fatta a colui che manca delle qualità richieste, è nulla soltanto se le qualità siano esatte espressamente per la validità della provvisione dal diritto universale o particolare oppure dalla legge di fondazione; altrimenti è valida, ma può essere rescissa per mezzo di un decreto dell'autorità competente o con sentenza del tribunale amministrativo. §3. La provvisione dell'ufficio ecclesiastico fatta con simonia è nulla per lo stesso diritto. Can. 150 - L'ufficio che comporta la piena cura delle anime, ad adempiere la quale si richiede l'esercizio dell'ordine sacerdotale, non può essere conferito validamente a colui che non è ancora stato ordinato sacerdote. Can. 151 - La provvisione dell'ufficio che comporta la cura delle anime non sia differita senza grave causa. Can. 152 - A nessuno siano conferiti due o più uffici incompatibili, che cioè non possono essere espletati contemporaneamente dalla stessa persona. Can. 153 - §1. La provvisione di un ufficio non vacante di diritto è nulla per lo stesso fatto, né diventa valida per la susseguente vacanza. §2. Se tuttavia si tratta di un ufficio che viene conferito di diritto a tempo determinato, la provvisione può essere fatta nei sei mesi prima del compimento di questo tempo, e ha effetto dal giorno della vacanza dell'ufficio. §3. La promessa di un ufficio, da chiunque sia stata fatta, non produce alcun effetto giuridico. Can. 154 - L'ufficio vacante di diritto, che sia eventualmente ancora posseduto da qualcuno illegittimamente, può essere conferito, purché sia stata dichiarata nel debito modo l'illegittimità del possesso, e di tale dichiarazione venga fatta menzione nella lettera di conferimento. Can. 155 - Chi, facendo le veci di un altro che sia negligente o impedito, conferisce l'ufficio, non acquista da ciò nessuna potestà sulla persona cui fu conferito, ma la condizione giuridica di questi è costituita come se la provvisione fosse stata effettuata a norma ordinaria del diritto. Can. 156 - La provvisione di qualsiasi ufficio sia fatta per iscritto. Articolo 1 - Il libero conferimento Can. 157 - Se non è stabilito esplicitamente altro dal diritto, spetta al Vescovo diocesano provvedere con libero conferimento agli uffici ecclesiastici nella propria Chiesa particolare. Articolo 2 - La presentazione Can. 158 - §1. La presentazione a un ufficio ecclesiastico da parte di colui, cui compete il diritto di presentare, deve essere fatta all'autorità alla quale spetta dare l'istituzione all'ufficio di cui si tratta, e precisamente, se altro non è stato legittimamente disposto, entro tre mesi dalla ricezione della notizia della vacanza dell'ufficio. §2. Se il diritto di presentazione compete a un collegio o a un gruppo di persone, colui che deve essere presentato sia designato osservando le disposizioni dei cann. 165-179. Can. 159 - Nessuno sia presentato contro la sua volontà; di conseguenza colui che è proposto per essere presentato, richiesto del suo parere, se non rifiuta entro otto giorni utili, può essere presentato. Can. 160 - §1. Chi gode del diritto di presentazione, può presentare una o anche più persone, e questo sia contemporaneamente sia successivamente. §2. Nessuno può presentare se stesso; un collegio o un gruppo di persone però può presentare uno dei suoi membri. Can. 161 - §1. Se non è stabilito altro dal diritto, chi ha presentato una persona riconosciuta non idonea può soltanto per una seconda volta presentare, entro un mese, un altro candidato. §2. Se il presentato avesse rinunciato prima che sia stata fatta l'istituzione o fosse deceduto, chi gode del diritto di presentare, entro un mese dalla ricezione della notizia della rinuncia o della morte, può esercitare nuovamente il suo diritto. Can. 162 - Chi, entro il tempo utile, a norma del can. 158, §1 e del can. 161, non ha fatto la presentazione, e parimenti colui che ha presentato due volte una persona riconosciuta non idonea, perde per quel caso il diritto di presentazione, e all'autorità cui spetta dare l'istituzione, compete provvedere liberamente all'ufficio vacante, con l'assenso tuttavia dell'Ordinario proprio del candidato alla provvisione. Can. 163 - L'autorità, cui compete a norma del diritto istituire il presentato, istituisca legittimamente colui che avrà riconosciuto idoneo e che avrà accettato; che se parecchi, legittimamente presentati, fossero stati riconosciuti idonei, deve istituire uno dei medesimi. Articolo 3 - L'elezione Can. 164 - Nelle elezioni canoniche si osservino le disposizioni dei canoni che seguono, eccetto che il diritto non abbia previsto altro. Can. 165 - Qualora non sia stato disposto altro dal diritto oppure dai legittimi statuti del collegio o del gruppo, se un collegio o un gruppo di persone avesse il diritto di eleggere a un ufficio, l'elezione non sia differita oltre il trimestre utile da computarsi dalla ricezione della notizia della vacanza dell'ufficio; trascorso inutilmente questo termine, l'autorità ecclesiastica, cui compete il diritto di confermare l'elezione o il diritto di provvedere successivamente, provveda liberamente all'ufficio vacante. Can. 166 - §1. Il presidente del collegio o del gruppo convochi tutti gli appartenenti al collegio o al gruppo; la convocazione poi, quando deve essere personale, ha valore, se viene fatta nel luogo del domicilio o del quasi-domicilio oppure nel luogo di dimora. §2. Se qualcuno di quelli che devono essere chiamati fu trascurato e perciò è stato assente, l'elezione vale; pur tuttavia su istanza del medesimo, una volta provata l'omissione e l'assenza, l'elezione, anche se fu confermata, deve essere rescissa dall'autorità competente, purché consti giuridicamente che il ricorso è stato trasmesso almeno entro tre giorni dalla ricezione della notizia dell'elezione. §3. Che se fosse stata trascurata più della terza parte degli elettori, l'elezione è nulla per il diritto stesso, a meno che tutti i non convocati non siano effettivamente intervenuti. Can. 167 - §1. Fatta legittimamente la convocazione, hanno il diritto di dare il voto i presenti nel giorno e nel luogo determinati nella stessa convocazione, esclusa la facoltà di dare il voto sia per lettera sia per procuratore, a meno che non sia disposto legittimamente altro dagli statuti. §2. Se qualcuno degli elettori è presente nella casa, in cui si tiene l'elezione, ma non può partecipare all'elezione per malferma salute, sia richiesto il suo voto scritto da parte degli scrutatori. Can. 168 - Sebbene qualcuno abbia per più titoli il diritto di dare il voto a nome proprio, non può darne che uno solo. Can. 169 - Perché l'elezione sia valida, non può essere ammesso al voto nessuno, che non appartenga al collegio o al gruppo. Can. 170 - L'elezione, la cui libertà sia stata in qualche modo effettivamente impedita, è invalida per lo stesso diritto. Can. 171 - §1. Sono inabili a dare il voto: 1) chi è incapace di atto umano; 2) colui che manca di voce attiva; 3) chi è legato dalla pena della scomunica sia per sentenza giudiziale sia per decreto con il quale la pena viene inflitta o dichiarata; 4) colui che si è staccato notoriamente dalla comunione della Chiesa §2. Se uno dei predetti viene ammesso, il suo voto è nullo, ma l'elezione vale, a meno che non consti che, tolto quel voto, l'eletto non ha riportato il numero dei voti richiesto. Can. 172 - §1. Perché il voto sia valido, deve essere: 1) libero; e perciò è invalido il voto di colui, che per timore grave o con dolo, direttamente o indirettamente, fu indotto ad eleggere una determinata persona o diverse persone disgiuntamente; 2) segreto, certo, assoluto, determinato. §2. Le condizioni poste al voto prima dell'elezione si ritengano come non aggiunte. Can. 173 - §1. Prima che cominci l'elezione, siano designati tra i membri del collegio o del gruppo almeno due scrutatori. §2. Gli scrutatori raccolgano i voti e di fronte al presidente dell'elezione esaminino se il numero delle schede corrisponda al numero degli elettori, procedano allo scrutinio dei voti stessi e facciano a tutti sapere quanti voti abbia riportato ciascuno. §3. Se il numero dei voti supera il numero degli elettori, nulla si è realizzato. §4. Tutti gli atti dell'elezione siano accuratamente descritti da colui che funge da attuario, e, firmati almeno dallo stesso attuario, dal presidente e dagli scrutatori, siano diligentemente custoditi nell'archivio del collegio. Can. 174 - §1. L'elezione, se non è disposto altrimenti dal diritto o dagli statuti, può essere fatta anche per compromesso, a condizione cioè che gli elettori, con consenso unanime e scritto, trasferiscano per quella volta il diritto di eleggere ad una o a più persone idonee, sia membri sia estranee, le quali eleggano a nome di tutti in forza della facoltà ricevuta. §2. Se si tratta di un collegio o di un gruppo formato da soli chierici, i compromissari devono essere costituiti nell'ordine sacro; altrimenti l'elezione è invalida. §3. I compromissari devono osservare le disposizioni del diritto sulle elezioni e, per la validità dell'elezione, devono attenersi alle condizioni apposte al compromesso, non contrarie al diritto; le condizioni invece contrarie al diritto si ritengano come non apposte. Can. 175 - Il compromesso cessa e il diritto di dare il voto ritorna ai compromettenti: 1) con la revoca fatta dal collegio o dal gruppo, quando ancor nulla si è fatto; 2) se rimane inadempiuta qualche condizione apposta al compromesso; 3) se l'elezione effettuata risulta nulla. Can. 176 - Se non è disposto altro dal diritto o dagli statuti, si ritenga eletto e venga proclamato dal presidente del collegio o del gruppo colui che ha riportato il numero richiesto dei voti, a norma del can. 119, n. 1. Can. 177 - §1. L'elezione deve essere intimata immediatamente all'eletto, il quale deve notificare entro otto giorni utili dalla ricezione dell'intimazione al presidente del collegio o del gruppo se accetta l'elezione o no; altrimenti l'elezione non ha effetto. §2. Se l'eletto non ha accettato, perde ogni diritto proveniente dall'elezione né questo rivive per una accettazione susseguente, ma può essere di nuovo eletto; il collegio o il gruppo, precisamente entro un mese dall'aver conosciuto la non-accettazione, deve procedere a una nuova elezione. Can. 178 - L'eletto, accettata l'elezione, che non necessiti di conferma, ottiene immediatamente l'ufficio con pieno diritto; altrimenti, non acquista se non il diritto alla cosa. Can. 179 - §1. Se l'elezione necessita di conferma, l'eletto, entro otto giorni dal giorno dell'accettazione dell'elezione, deve richiedere personalmente o per mezzo di un altro la conferma all'autorità competente; altrimenti è privato di ogni diritto, se non avrà provato di essere stato trattenuto da un giusto impedimento nel chiedere la conferma. §2. L'autorità competente, se avrà trovato idoneo l'eletto a norma del can. 149, §1, e l'elezione sia stata compiuta a norma del diritto, non può negare la conferma. §3. La conferma deve essere data per iscritto. §4. Prima dell'intimazione della conferma, non è lecito all'eletto intromettersi nell'amministrazione dell'ufficio sia nelle cose spirituali sia in quelle temporali, e gli atti eventualmente da lui posti sono nulli. §5. Intimata la conferma, l'eletto ottiene l'ufficio con pieno diritto, a meno che non si disponga altrimenti dal diritto. Articolo 4 - La postulazione Can. 180 - §1. Se all'elezione di colui, che gli elettori stimano più adatto e preferiscono, si frappone un impedimento canonico, del quale si possa e si sia soliti concedere la dispensa, essi stessi con i propri voti lo possono postulare alla competente autorità, a meno che non sia disposto altro dal diritto. §2. I compromissari non possono postulare, se ciò non è stato espresso nel compromesso. Can. 181 - §1. Perché la postulazione abbia valore, si richiedono almeno i due terzi dei voti. §2. Il voto per la postulazione deve essere espresso per mezzo della parola: postulo, o termine equivalente; la formula: eleggo o postulo, o altra equipollente, vale per l'elezione, se l'impedimento non esista, altrimenti per la postulazione. Can. 182 - §1. La postulazione deve essere trasmessa dal presidente entro otto giorni utili all'autorità competente alla quale appartiene confermare l'elezione, cui spetta concedere la dispensa dall'impedimento, oppure, se non ha tale potestà, richiederla all'autorità superiore; se non si esige la conferma, la postulazione deve essere trasmessa all'autorità competente perché venga concessa la dispensa. §2. Se la postulazione non fosse stata trasmessa entro il tempo stabilito, per lo stesso fatto è nulla, e il collegio o il gruppo per quella volta è privato del diritto di eleggere o di postulare, a meno che non si provi che il presidente sia stato trattenuto da un giusto impedimento nel trasmettere la postulazione o si sia astenuto dal trasmetterla a tempo opportuno per dolo o per negligenza. §3. Il postulato non acquista alcun diritto dalla postulazione; l'autorità competente non è tenuta all'obbligo di ammetterla. §4. Gli elettori non possono revocare la postulazione una volta fatta all'autorità competente, se non con il consenso dell'autorità stessa. Can. 183 - §1. Se non fu ammessa la postulazione da parte dell'autorità competente, il diritto di eleggere ritorna al collegio o al gruppo. §2. Se invece la postulazione è stata ammessa, ciò sia reso noto al postulato, che deve rispondere a norma del can. 177, §1. §3. Chi accetta la postulazione ammessa, ottiene immediatamente l'ufficio con pieno diritto. CAPITOLO II PERDITA DELL'UFFICIO ECCLESIASTICO Can. 184 - §1. L'ufficio ecclesiastico si perde con lo scadere del tempo prestabilito, raggiunti i limiti d'età definiti dal diritto, per rinuncia, trasferimento, rimozione e anche per privazione. §2. Venuto meno in qualsiasi modo il diritto dell'autorità dalla quale fu conferito, l'ufficio ecclesiastico non si perde, a meno che non sia disposto altro dal diritto. §3. La perdita dell'ufficio, che ha sortito effetto, sia resa nota quanto prima a tutti quelli cui compete un qualche diritto nella provvisione dell'ufficio. Can. 185 - A colui, che perde l'ufficio per raggiunti limiti d'età o per rinuncia accettata, può essere conferito il titolo di emerito. Can. 186 - Allo scadere del tempo prestabilito o raggiunti i limiti d'età, la perdita dell'ufficio ha effetto soltanto dal momento, in cui è intimata per iscritto dalla competente autorità. Articolo 1 - La rinuncia Can. 187 - Chiunque è responsabile dei suoi atti può per giusta causa rinunciare all'ufficio ecclesiastico. Can. 188 - La rinuncia fatta per timore grave, ingiustamente incusso, per dolo o per errore sostanziale oppure con simonia, e nulla per il diritto stesso. Can. 189 - §1. La rinuncia, perché abbia valore, sia che necessiti di accettazione o no, deve essere fatta all'autorità alla quale appartiene la provvisione dell'ufficio di cui si tratta, e precisamente per iscritto oppure oralmente di fronte a due testimoni. §2. L'autorità non accetti una rinuncia non fondata su una causa giusta e proporzionata. §3. La rinuncia che necessita di accettazione, se non sia accettata entro tre mesi, manca di ogni valore; quella che non ha bisogno di accettazione sortisce l'effetto con la comunicazione del rinunciante fatta a norma del diritto. §4. La rinuncia, fino a quando non abbia sortito l'effetto, può essere revocata da parte del rinunciante; conseguito l'effetto non può essere revocata, ma colui che ha rinunciato può conseguire l'ufficio per altro titolo. Articolo 2 - Il trasferimento Can. 190 - §1. Il trasferimento può essere effettuato soltanto da parte di colui, che ha il diritto di provvedere all'ufficio che si perde e insieme all'ufficio che viene affidato. §2. Se il trasferimento fosse fatto contro la volontà del titolare dell'ufficio, è richiesta una causa grave e, fermo sempre restando il diritto di esporre le ragioni contrarie, si osservi il modo di procedere disposto dal diritto. §3. Il trasferimento, per sortire effetto, deve essere intimato per iscritto. Can. 191 - §1. Nel trasferimento, il primo ufficio è vacante con il possesso del secondo ufficio canonicamente ottenuto, a meno che non si disponga altrimenti dal diritto o non sia stato imposto altro da parte dell'autorità competente. §2. Il trasferito percepisce la remunerazione connessa con il primo ufficio, finché abbia ottenuto canonicamente il possesso del secondo. Articolo 3 - La rimozione Can. 192 - Una persona viene rimossa dall'ufficio sia per decreto legittimamente emesso dall'autorità competente, osservati i diritti acquisiti eventualmente dal contratto, sia per il diritto stesso a norma del can. 194. Can. 193 - §1. Non si può essere rimossi dall'ufficio che viene conferito a tempo indeterminato, se non per cause gravi e osservato il modo di procedere definito dal diritto. §2. Lo stesso vale perché dall'ufficio, che a qualcuno è conferito a tempo determinato, uno possa essere rimosso prima dello scadere di questo tempo, fermo restando il disposto del can. 624, §3. §3. Dall'ufficio che, secondo le disposizioni del diritto, viene conferito a qualcuno a prudente discrezione dell'autorità competente, uno può per giusta causa essere rimosso, a giudizio della medesima autorità. §4. Il decreto di rimozione, per sortire effetto, deve essere intimato per iscritto. Can. 194 - §1. E rimosso dall'ufficio ecclesiastico per il diritto stesso: 1) chi ha perso lo stato clericale; 2) chi si è separato pubblicamente dalla fede cattolica o dalla comunione della Chiesa; 3) il chierico che ha attentato al matrimonio anche soltanto civile. §2. La rimozione, di cui ai nn. 2 e 3, può essere sollecitata soltanto se della medesima consti da una dichiarazione dell'autorità competente. Can. 195 - Se qualcuno, non però per il diritto stesso, ma per decreto dell'autorità competente sia rimosso dall'ufficio mediante il quale si provvede al suo sostentamento, la medesima autorità curi che gli sia assicurato il sostentamento per un congruo periodo di tempo, a meno che non si sia provvisto altrimenti. Articolo 4 - La privazione Can. 196 - §1. La privazione dell'ufficio, vale a dire in pena di un delitto, può essere effettuata solamente a norma del diritto. §2. La privazione sortisce effetto secondo le disposizioni dei canoni sul diritto penale. TITOLO X LA PRESCRIZIONE (Cann. 197 – 199)
Can. 197 - La prescrizione, come modo di acquistare o di perdere un diritto soggettivo e anche di liberarsi da obblighi, è recepita dalla Chiesa quale si trova nella legislazione civile della rispettiva nazione, salve le eccezioni stabilite nei canoni di questo Codice. Can. 198 - Nessuna prescrizione ha valore, se non è fondata sulla buona fede, non solo all'inizio, ma per tutto il decorso del tempo richiesto per la prescrizione, salvo il disposto del can. 1362. Can. 199 - Non sono sottoposti alla prescrizione: 1) i diritti e gli obblighi che sono di legge divina naturale o positiva 2) i diritti che si possono ottenere per solo privilegio apostolico; 3) i diritti e gli obblighi che riguardano direttamente la vita spirituale dei fedeli; 4 i confini certi e indubitati delle circoscrizioni ecclesiastiche; 5 le elemosine e gli oneri delle Messe; 6) la provvisione dell'ufficio ecclesiastico che a norma del diritto richiede l'esercizio dell'ordine sacro; 7) il diritto di visita e l'obbligo di obbedienza, con la conseguenza che i fedeli non possano essere visitati da nessuna autorità ecclesiastica e non siano più soggetti ad alcuna autorità. TITOLO XI IL COMPUTO DEL TEMPO (Cann. 200 – 203)
Can. 200 - Se non è disposto espressamente altro dal diritto, il tempo si computa a norma dei canoni che seguono. Can. 201 - §1. Per tempo continuo s'intende quello che non può subire alcuna interruzione. §2. Per tempo utile s'intende quello che compete in modo tale a chi esercita o persegue il suo diritto, che non decorra per chi ignora o non può effettivamente agire. Can. 202 - §1. Nel diritto, s'intende per giorno lo spazio che consta di 24 ore da computarsi in modo continuo, e comincia dalla mezzanotte, se non è disposto espressamente altro; per settimana lo spazio di 7 giorni; per mese lo spazio di 30 e per anno lo spazio di 365 giorni, a meno che il mese e l'anno non si dica di doverli prendere come sono nel calendario. §2. Se il tempo è continuo, il mese e l'anno sono sempre da prendere come sono nel calendario. Can. 203 - §1. Il giorno a quo non si computa nel termine, a meno che l'inizio di questo non coincida con l'inizio del giorno o non sia disposto espressamente altro dal diritto. §2. Se non è stabilito il contrario, il giorno ad quem si computa nel termine, il quale, se il tempo consta di uno o più mesi o anni, di una o più settimane, finisce trascorso l'ultimo giorno del medesimo numero oppure, se il mese manca del giorno del medesimo numero, trascorso l'ultimo giorno del mese.
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