TESTIMONIANZE CRISTIANE

 

Le mie testimonianze

 

Vie per la felicità

 
 

          Se esiste un Dio come abbiamo detto, bisognerà cercare da questo Dio la forza di andare avanti, bisognerà chiedere a Lui la strada giusta qual è. La nostra ragione arriva certo alla verità ma l'arrivarci è difficile e come dice San Tommaso, semplice è l'errore. Anche Platone sperava nell'arrivo di una rivelazione, il problema è che una volta arrivata, non è accettata da tutti, non è accettato Cristo, l'unico vero salvatore, l'unica vera verità tutta intera. Quindi è come se non l'avessimo? Noi cristiani quando cerchiamo di ragionare senza la rivelazione, non vuol dire che smettiamo di credere, in realtà cerchiamo di approfondire con la ragione ciò che già abbiamo con la fede, questo ci permette anche di capire meglio il dato di fede. Una volta fatto questo, c'è il lavoro di ragionare sui dati di fede per attualizzarli, per capirli a pieno,ma questo è il compito della teologia. In realta i confini della teologia sono morbidi e semplicemente si passa dalla filosofia alla teologia in maniera più semplice di quanto si pensi. Per questo ora nel ragionare in maniera più filosofica non dobbiamo aver paura di inserire apporti teologici, l’importante è non dare valore a ciò che si prende dalla rivelazione come buono e certo solo perché proviene da essa (ma sapendo noi da cristiani che questa è una verità più certa d tutte le verità certe che possiamo capire con la ragione), ma fare in modo che per la filosofia la rivelazione sia solo sostegno e poi si spieghi con l’unico strumento valido in filosofia: la ragione. Allo stesso modo la teologia non deve aver paura di prendere dalla filosofia perché può essere utile spesso per spiegare e attualizzare le sue affermazioni sempre vere.

         Quello che noi cerchiamo è sicuramente la felicità, nessun uomo sulla faccia della terra non cerca la felicità, noi possiamo fare un analisi come hanno fatto molti sistemi filosofici, ma possiamo anche farci aiutare dalle vie che Dio ci suggerisce per arrivare alla felicità, per realizzare la nostra vita. Chi non accetta se stesso è forse felice? può essere felice una persona priva di serenità? può essere felice una persona perennemente preoccupata? la risposta alle ultime due domande è no sicuramente infatti la mancanza di serenità sappiamo bene che ci fa stare male e le preoccupazioni allo stesso modo spesso ci danno tormento. Non accettare i nostri limiti, le nostre debolezze ci toglie la serenità, ci fa preoccupare, quindi non è la via della felicità, questo non vuol dire che non dobbiamo cercare di superarle, infatti anche le nostre debolezze ci fanno stare male. Servirebbe affidarsi a qualcuno. Lavorare per indirizzare le nostre debolezze, senza per questo preoccuparci  in maniera eccessiva, lavorare per noi stessi cercando di diventare il più perfetti possibile, senza punirci troppo per le debolezze che fermano questa perfezione.

        Strana questa situazione dell'uomo che vuole essere perfetto, che capisce di dover mirare al giusto ma che non ci riesce, incredibile come nella nostra più piena libertà, nel momento in cui siamo finalmente noi a decidere, ci rendiamo conto di non essere totalmente liberi e ci rendiamo conto che le nostre debolezze ci sbarrano la strada verso la libertà. Cosa si fa qui? si rinuncia forse alla missione? sarebbe veramente una sconfitta, noi vogliamo mirare al bene, sappiamo che è quello la felicità, ma non riusciamo a persistervi, quindi partecipiamo semplicemente della felicità, senza  esserci legati in maniera indissolubile. Sembrano non esserci soluzioni, la nostra volontà spesso è troppo debole per combattere le nostre debolezze. L’uomo cerca la propria realizzazione, cerca di fare il bene e di evitare il male, di seguire il bene, ma in qualche modo si trova frenato, la sua strada è difficile, così che ci troviamo a volte a non riuscire a compiere ciò che vorremmo, a volere la serenità e ad arrabbiarci con il primo che incontriamo, a volere vivere nell’amore e poi non riuscire sempre a portarlo ovunque, voler vivere controllando la nostra vita e poi invece cadere nel volere delle passioni, lasciando che siano loro a governare la nostra vita. La nostra libertà in qualche modo mira alla sua completa libertà, ma si rende conto che ciò a cui mira non riesce ad attuarlo. Riesce ad avvicinarci, ma non ad attuarlo a pieno. Scopriamo quindi che quello che abbiamo detto essere il nostro più grande dono, o almeno uno dei più grandi, nella sezione riguardante la libertà, si scopre limitato, ferito. Non è completa, è una libertà che costatiamo ferita. Perché? Insomma, Dio che ci ha amato così tanto come mai ha limitato la nostra libertà, perché non ci ha dato una libertà piena, che potesse più facilmente governare i suoi istinti e ancorarsi di più alla ragione?  Ma è possibile che questo Dio che ci ha creati e che vuole il bene non riesca a farci vincere le nostre debolezze? Il bene sommo è Dio stesso, visto che quindi tutti gli altri beni sono partecipazioni del bene sommo. Possibile che in qualche modo quindi Dio ci abbia creato ponendoci dei limiti per arrivare a lui? Ponendoci dei limiti alla nostra adesione al suo disegno?

          Difficile pensare che questi limiti li possiamo attribuire alla sua azione, più veritiero sembra attribuirli, come ci insegna la Chiesa e la Bibbia, ad un cattivo nostro uso del suo grande dono. Così che se un bambino sarà portato a rubare perché figlio di una famiglia di ladri la colpa non si può dare a Dio, come se gli avesse dato un limite per arrivare al non rubare, ma alla famiglia. Così si può capire come i peccati delle generazioni prima di noi pesino su di noi e in qualche modo ci allontanano da Dio.

          Per cercare il bene, per cercare di non aver ostacoli nel farlo o meglio per riuscire a superare questi ostacoli ci vuole qualcosa che ci renda forti. Per questo dobbiamo cercare un unione con Dio prima di poter fare a pieno il bene. Bisogna essere uno con Dio per poter superare le debolezze, le proprie debolezze con Lui. Non c'è altra soluzione, d'altronde chi può aiutarci a superare i limiti della nostra creatura se non direttamente colui che ci ha creati? La cosa che ci risulta difficile è arrivare a Dio, non arrivare a capire che esista, ma arrivare a parlarci, La Chiesa ci insegna che ci può essere un dialogo tra noi e Dio, dialogo che nel nostro intimo troviamo: ad esempio abbiamo una coscienza, coscienza che spesso ci dice cose che non vorremmo sentire come appunto se fosse un'altra persona dentro noi. Certo è un dialogo questo di difficile comprensione, la coscienza infatti è talmente dentro di noi che diventa difficile capire ciò che diciamo noi e ciò che ci dice Dio, non è sempre così facile. Ma la presenza e il dialogo con Dio cercandolo lo si trova, anche se magari non sempre si riesce a discernere e a capire tutto ciò che ci viene detto. Il problema è che spesso non lo sentiamo.

           Non sono solo i cristiani a parlare di questo stato in ambiente platonico era presente la ricerca dell'immergersi in Dio, quasi a diventare un tutto con Lui. Ed è proprio questo immergersi in Dio che mi sembra ci possa dare quella forza di cui San Paolo parla tanto nelle sue lettere quella forza che da San Paolo in poi ha avuto il nome di grazia. Dalla preghiera alla grazia? Beh la preghiera ci aiuta a entrare in rapporto con Dio, ci aiuta a poter chiedere a Dio un aiuto, la grazia è l'aiuto di Dio che risponde alla nostra preghiera. Chiediamo quindi noi creature limitate in quanto create, di superare i nostri limiti e lo chiediamo al Creatore e grazie al Creatore lo possiamo realizzare.

           Il bene e il male, ci troviamo ogni giorno, in ogni momento davanti a queste due scelte. Il bene è ciò che piace a Dio è ciò che vuole Dio, e in quanto Dio visto che ci ha creato vorrà il bene di tutti noi, di tutte le sue creature, questo bene sarà anche ciò che veramente vogliamo noi; il male è la risposta negativa alla creazione di Dio. Solamente per il fatto che Dio ci ha creato, dovremmo per ricambiare un favore, per questo debito che abbiamo con lui, aiutarlo a realizzare ciò che vuole, per ricambiare l’amore che ha per noi, ma non solo. Volendo Dio il nostro bene appunto, noi dobbiamo seguire il bene, perchè questo ci porta a realizzarci, questo ci porta alla felicità. Infatti se non fosse così sarebbe male per noi e male anche per Dio che vuole il nostro bene.

           In maniera incredibile il nostro bene è legato a quello degli altri. Per fare bene a noi stessi dobbiamo coltivare anche quello degli altri. Noi siamo esseri sociali e abbiamo bisogno del rapporto con gli altri. Noi per realizzarci e essere felici dobbiamo cercare di essere perfetti, di assomigliare il più possibile al sommo bene, a Colui che ci ha dato la vita e quindi dobbiamo creare bene, come ha fatto e continua a fare Dio. I grandi santi hanno trovato la felicità facendo il bene, portando Dio, in pratica, nel mondo. Capiamo facilmente che se tutti facessimo bene il mondo saremmo un paradiso. Mi ricordo di una storiella che mi è arrivata via e-mail molto bella che parlava di inferno e paradiso e diceva: l'inferno sarà così, ci sarà un grande tavolo imbandito con le più belle e buone cose da mangiare ma per prendere il mangiare ci sono dei forchettoni troppo lunghi che non permettono di poter portare una volta preso il cibo in bocca, ragion per cui dopo varie prove tentativi e bestemmie la gente moriva di fame. Al paradiso c'è la stessa tavola e le stesse forchettone, ma qui c'è un clima di serenità e l'uno dà da mangiare con il proprio forchettone all'altro. Questa è una bella immagine del mondo, che allo stesso modo, non può essere egoistico, se ognuno di noi si chiude in se stesso e pensa a se stesso non può stare bene, non si può fare tutto da soli, non si può avere su di sè e basta la responsabilità del proprio avvenire, è tutta un'altra cosa sentirsi aiutati, sentirsi appartenenti a una società che lavora per il bene di tutti.

           Il problema è che noi non riusciamo a vivere questa situazione infatti la società che abbiamo di fronte non è questa, è una società di cui non ci fidiamo molto, una società che non siamo sicuri che miri veramente al nostro bene. Inoltre non ci sono ora neanche quelle che un tempo erano le famiglie allargate, non viviamo con i nonni tutti insieme e neanche viviamo nelle comunità cristiane dell'antichità, ognuno di noi si sente più responsabile e più solo, dobbiamo andare noi davanti da soli, senza dividere con nessuno i nostri problemi. Fortunatamente, anche se ferita c'è ancora al nostro giorno la famiglia, veramente ciò che può sanare, se curata dall'immagine opaca che spesso ne fa la nostra società. Abbiamo bisogno dell'altro quindi, ma non solo di cercare insieme agli altri la via migliore, ci scopriamo spesso imperfetti limitati, erronei. Per correggere i propri errori non c'è via migliore che aprirli agli altri, di cercare insieme di risolvere il problema e trovare il giusto. Per il nostro futuro, per il nostro mondo, ciascuno con le sue qualità è importante. Pensate se avessimo per esempio ostacolato o ucciso geni come Einstein, oppure persone come San Francesco o Papa Giovanni Paolo II a perderci più che lui sarebbe stata l'intera società, compreso chi l'ha ucciso. Noi siamo quindi una ricchezza l'uno per l'altro con le qualità e le conoscenze che abbiamo, per questo dobbiamo preservarci gli uni gli altri e prenderci cura a vicenda l'uno dell'altro. Senza considerare il fatto più importante, che avendoci creato Dio, siamo tutti imparentati, siamo tutti fratelli e Dio sicuramente dall'alto come ogni padre, vorrà che i suoi figli si amino e vadano d'accordo. Pensate anche a noi cristiani addiriittura divisi a causa di colui che ci vuole uniti, o meglio a causa delle dottrine fatte su di Lui. Chiusa parentesi, in realtà cercare il bene massimo quindi il sommo bene, vuol dire cercare il bene per tutti non solo per se stesso. C'è bisogno di tante pedine, più sono le pedine del bene, più semplice è portare bene e vivere nel bene.

           I primi tre riguardano il nostro rapporto con Dio. Il primo ci dice che non dobbiamo farci altri idoli. Naturalmente se abbiamo detto che c'è un Dio creatore, perchè pregare dei inesistenti? ma questo comandamento ci suggerisce anche una grande verità morale, mentre l'adorazione all'unico e vero Dio dona qualcosa a noi, dona energia e forza, quella a pietre o altri oggetti naturali a animali o altri esseri viventi, toglie e assorbe la nostra energia facendocela sprecare. Gli idoli del nostro tempo sono tanti, i protagonisti della tv, il cantante preferito, la squadra di calcio. Questo comandamento non ci dice di non viverli ma di dargli la giusta importanza. In modo da non rimanere intrappolati da questi, in modo di essere comunque liberi e non pensare solamente in base a loro. Quindi ci libera dal vedere la nostra felicità proiettata in un soggetto che non è in grado di darcela. La nostra felicità non ce la può dare il seguire un cantante, una persona, anche la persona amata, non può essere la persona che amiamo a darci la felicità, la felicità proviene dall’amore stesso infatti, e quindi da Dio. Non possiamo affidarci neanche a riti scaramantici o entità e fortuna, perché non esistono e quindi perdiamo il nostro tempo e veniamo illusi, e questo non è un bene se cerchiamo la verità, l’illuderci di qualcosa di sbagliato sicuramente non è da conseguire.

           Una volta visto questo bisogna capire come essere fratelli, quale è il modo per ottenere il bene comune. Infatti non è così semplice amare, ne capire cosa voglia dire amare.  Partiamo dai riferimenti scritturistici perchè altrimenti il campo della morale è grande, partiamo dai dieci comandamenti. Innanzitutto bisogna dire che si dovrebbero veramente chiamare le “dieci parole” questa sarebbe l’esatta traduzione dall’ebreo. E questo ci porta anche a comprenderli diversamente da come spesso sono intesi, infatti non sono comandi che Dio ha dettato svegliandosi un giorno e decidendoli, ma sono parole, consigli, per vivere la vita e realizzarci, infatti per gli ebrei la parola dà la vita, nella creazione Dio crea tramite la parola, quindi questi comandamenti, o meglio queste dieci parole, sono parole di vita, che edificano la nostra vita e quella di chi abbiamo intorno.

           Il secondo comandamento ci parla del rapporto autentico con Dio e ci dice in pratica di non instaurare un rapporto solo con parole e gesti vuoti, perchè questo comportamento vorrebbe prendere in giro Dio che non si fa prendere in giro, prende in giro quindi, in realtà, noi stessi e non ci fa avere un rapporto vero con Dio, quei gesti e quelle parole sono inutili, non creano niente in noi, non ci cambiano la vita. Sono pure cose esteriori, non è in questo modo che si deve avere un rapporto con Dio, non è una persona da far finta di rispettare, è una persona da amare veramente. Non può esserci un rapporto come quello che si istaura tra un impiegato e un capoufficio, in cui l’impiegato esege i suoi comandi esterni, ma senza viverli nel cuore, senza tenerci veramente, questo è un rapporto non autentico e quindi sconsigliato. Sconsigliato perché ci porta a vivere male la nostra vita, mostrando facce diverse e non mostrando ciò che veramente siamo, mirando a curare ciò che dobbiamo mostrare esternamente e non ciò che siamo.

           Il terzo è quello sul sabato, ci chiede un giorno di riposo, per non essere assorbiti solo dal lavoro dal guadagno, per dedicare un giorno a noi stessi, alla nostra crescita spirituale, al nostro riposo, non un riposo pieno solo di pigrizia, ma un riposo che ci dia energia per ripartire. In una settimana di lavoro sentiamo il bisogno di non chiuderci solo in esso e di uscire in qualche modo, di poter avere un giorno per ricaricarci. Non perché gli altri giorni siano scarichi, ma gli altri giorno abbiamo delle cose che dobbiamo fare, ci vuole un giorno dedicato a noi stessi, a fare semplicemente ciò che ci serve, a coltivare quindi il rapporto con Dio, a coltivare il rapporto con chi abbiamo intorno e a coltivare il rapporto con noi stessi. Anche a realizzare una propria aspirazione, un proprio lavoro personale da voler realizzare.

           Il quarto comandamento ancora ci dà una grande lezione morale, certo sarebbe difficile arrivare in maniera così organica a ciò che ci danno belli e pronti i dieci comandamenti, i dieci comandamenti racchiudono in qualche modo tutti i problemi morali al loro interno, tutti dipendono da loro. Questi sono veramente dieci parole di vita, non sono semplicemente dei comandi, sono ciò che ci serve, gli ingredienti che ci servono per essere felici, per fare ciò che vogliamo: il bene. Se vogliamo veramente tendere al bene e fare il bene non possiamo non essere attenti a questi dieci comandamenti. Il quarto stavamo dicendo è "Onora il padre e la madre" e ci viene a rivelare qualcosa che si vede analizzando bene il comportamento delle persone, che si intravede anche abbastanza superficialmente, che alcuni psicologi oggi hanno gridato come scoperta e cioè che dipendiamo dagli ambienti in cui siamo nati, non totalmente (come vogliono alcune psicologie), ma siamo influenzati e prima di tutto siamo influenzati dai nostri genitori. Ci sono due atteggiamenti che sono distruttivi in noi:

  1. odiare chi ci ha messo al mondo ed è distruttivo anche perchè appunto parte di quello che siamo lo deriviamo da loro e perchè comunque sia, come ogni forma di odio ci rovina la vita. Questa però in maniera ancora più forte, perchè mina le nostre stesse radici. Odiare fa sempre stare male, perchè l'odio è il primo passo verso il male, i peggiori delitti si fanno per odio, l'odio toglie la serenità interiore, dà rabbia e se non si riesce a sfogare ci fa salire la temperatura, diventiamo tutti rossi, quasi scoppiamo, se invece riusciamo a sfogarlo, magari con una violenza, con una forma di vendetta, ci ritroviamo poi solo con uno sperpero di energia, di nuovo privi di questa, non abbiamo creato il bene che volevamo ma il male, non è sicuramente il terreno per la realizzazione.

  2. Il secondo modo negativo è quello di portare i propri genitori a livello di dei, al punto che non possono commettere un errore, al punto che non si vedono i loro difetti, e si ha un'immagine dei genitori che non corrisponde alla realtà.

           Questo comandamento di cui l'esatta traduzione dall'ebraico sarebbe "dare il giusto peso", non "onorare", significa proprio questo dare il giusto peso non esaltarli in maniera superiore a ciò che sono, non abbatterli e distruggerli per i loro errori, capirli, comprendere i loro difetti, conoscerli e accettarli e ringraziarli sempre per averci dato la vita e comunque per averci dato sempre e in ogni caso qualche insegnamento valido e averci fatto imparare qualcosa, rendendoci conto, di non essere un loro perfetto copione ma comunque di aver preso molto da loro, che parte di ciò che siamo deriva da loro.

           Visto dall'altro lato questo comandamento ci fa vedere come i nostri atteggiamenti in qualche modo influenzano anche chi è intorno a noi, non solo la nostra vita, e in genitori e figli questo si vede tantissimo. Noi possiamo avvicinare altri alla verità oppure allontanarli, a seconda di ciò che trasmettiamo, che comunichiamo, abbiamo quindi responsabilità non solo su noi stessi ma anche sugli altri. Così i genitori oltre ad avere responsabilità su sè stessi ce l'hanno anche su i propri figli, la loro crescita è influenzata da loro: il figlio di un ladro, potrà certo ravvedersi e cambiare, ma i suoi genitori, gli daranno probabilmente un inclinatura sbagliata, difficile poi da tirare su. Non c'è bisogno di andare molto lontano, pensiamo anche a concezioni nostre che ci hanno trasmesso i genitori e che sono sbagliate. In fin dei conti di molte cose oggi non c'è neanche la coscienza che sia rubare. Vediamo i cd masterizzati, molti di noi sono cresciuti nella coscienza, anche a causa dell'insegnamento dei genitori, o dell'ambiente che abbiamo intorno, che non è rubare, che è una cosa che si può fare anche se lo stato non lo accetta, ma si può fare, per noi è talmente normale che non lo trattiamo come reato, ne parliamo tranquillamente e dopo averne parlato magari critichiamo chi non paga le tasse, e a sua volta magari chi ha un azienda e non paga le tasse perchè reputa ciò ingiusto visto che sono troppo alte, critica chi va nel suo negozio a rubare e questo magari a sua volta va a rubare perchè si sente Robin Hood che ruba ai ricchi per dare al sè stesso povero. Guardate che bel giro e di tutti questi, tutti hanno sbagliato, tutti sbagliano, ma nel loro ambiente c'è questa concezione che non è un errore e di questo sono convinti. Per arrivare alla verità bisogna per questo come insegna il caro Platone, dialogare, dialogare e dialogare. Ma dialogare non vuol dire solo parlare con un altra persona, o meglio non vuol dire dirsi rispettivamente le proprie idee e basta, vuol dire cercare di arrivare insieme alla verità tutta intera.

            Ma arriviamo ora al quinto comandamento che ci dice qualcosa che quasi tutte le filosofie accettano, anche se qualcuna è riuscita persino a negare questo. Il comandamento è "non uccidere" naturalmente se miriamo al bene, se miriamo a ciò che è giusto uccidere non è proprio contemplato, questo perchè la vita umana essendo stata creata da Dio è un bene per la persona e per l'umanità, uccidendola negheremmo a quella persona il dono fattogli da Dio e all'umanità il dono fatto da quella persona a noi. Ma ancora di più l'uccidere viene fuori da qualcosa che è dentro di noi, che si crea dentro di noi, qualcosa a cui permettiamo di crearsi, infatti quando si uccide spesse volte, è per odio, per rabbia, per violenza. La prima uccisione è quella di Abele ad opera di Caino e in questa si vede bene come in realtà l'uccisione, è solo un frutto di un odio, e di sentimenti negativi nascenti in lui, Dio aveva accettato il dono di Abele perchè era puro, era vero, perchè aveva veramente dato a lui il meglio di ciò che aveva, Caino invece aveva dato a Dio il superfluo e per questo Dio non aveva accettato il suo dono, la gelosia e la rabbia di Caino cresceva quindi nei confronti di Abele è da qui che si coltivava l'omicidio. Gesù ce lo dice chiaramente, "Avete inteso che fu detto agli antichi, Non uccidere, chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico chiunque si adira con il proprio fratello sarà sottoposto a giudizio"[1], l'omicidio non parte dall'uccisione fisica, quello ne è un effetto, parte da prima, parte dalla rabbia e dall'odio che nutriamo contro il nostro fratello. Quindi ciò che ci dice veramente è di non odiare, di non uccidere nè fisicamente, nè moralmente una persona. E' difficile quindi non uccidere, non è un comandamento da prendere alla leggera, forse è il comandamento più difficile insieme al seguente, al "non commettere adulterio".  Uccidere vuol dire anche non considerare una persona, essere indifferenti ferire attaccare una persona a parole.

Ancora una volta un comandamento ci fa fare un altro passo nella nostra ricerca del bene, infatti per noi che seguiamo e vogliamo il bene, che abbiamo detto essere quello che dobbiamo ricercare, come può essere bene uccidere? uccidere vuol dire togliere una ricchezza alla società, vuol dire non volere il bene della persona che si uccide, infatti vuol dire togliere a questa persona parte del dono di Dio fatta a Lui, vuol dire andare contro il volere e le intenzioni del Creatore. C'è niente di più immorale? Si, allontanarlo dalla verità, questo vuol dire ucciderlo, ancora di più. A una vita infelice è meglio la morte e quindi peggiore dell'uccidere fisicamente è condannare a una vita infelice il proprio fratello, vuol dire ucciderlo veramente, è l'unica vera e propria morte.

Beh ok, noi siamo salvi a metà allora, la nostra società condanna la morte fisica, se si intendeva solo questo era un comandamento abbastanza rispettato? Beh sicuramente sarebbe stato molto più semplice da mettere in pratica ma molto meno ricco, senza considerare che nella nostra società, non solo ci sono persone che uccidono, ma ci sono persone che uccidono e credono sia giusto, che uccidono e e criticano l'uccidere. Esempio sommo di questo è l'aborto, l'eutanasia. Un essere umano non si considera tale solamente perchè molto piccolo e quindi si può uccidere, non mi sembra molto diverso dal nazismo che non considerava essere umano un uomo solo perchè era ebreo, anche noi siamo razzisti contro gli embrioni, ma noi abbiamo legalizzato l'uccidere e l'uccidere i piccoli e gli indifesi. Cosa c'è di peggio? Tempo fa leggevo una frase di Nietzsche che diceva che per amore degli handicappati, bisogna ucciderli, I deboli e i malriusciti devono perire: questo è il principio del nostro amore per gli uomini[2], noi non la pensiamo in modo poi tanto diverso, se con il referendum del 12 Giugno 2005, vogliamo permettere di eliminare, cioè distruggere e uccidere gli embrioni malformati, se uccidiamo gli embrioni malformati, non è poi lungo il passo verso l'uccisione degli handicappati adulti che premeva tanto a Nietzsche. La vita è troppo importante per poterla buttare via, per poter decidere noi, sia della nostra sia e soprattutto di quella degli altri. Il discorso vale anche per la nostra, infatti non possiamo decidere neanche della nostra vita la fine, semplicemente perchè non è nostra, è un dono di Dio che ci ha creati ed è per gli altri, noi uccidendoci, suicidandoci, facciamo un crimine contro l'umanità, togliamo la ricchezza che noi avremmo potuto dare al mondo.

Il sesto comandamento è quello che come ho detto, insieme al "non uccidere" è quello meno vissuto nella sua interezza, eppure sembra insieme a non uccidere uno dei più semplici, infatti, non commettere adulterio, sembra abbastanza normale a chi è sposato e poi sembra un comandamento solo per gli sposati, insomma io che sono ancora un normale studente neanche fidanzato sto tranquillo, e invece non è così. Questo perchè questo comandamento non difende soltanto il sacramento del matrimonio, ma è pieno di ricchezze, come ancora una volta ci rivelerà Gesù più tardi, ma facciamo le cose con calma. Allora il comandamento a prima vista ci dice questo: non andare con una donna diversa da quella che hai sposato, non andare con una donna che è di un altra persona. Inutile dire che il comandamento innanzitutto si riferisce a entrambi, non è che le donne sono immuni da questo comandamento visto che si rivolge agli uomini. Detto questo Gesù nello spiegare questo comandamento dice "Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio, ma io vi dico, chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore[3]. L'adulterio non è nell'atto fisico del possedere l'altra persona, o non solo, come per l'uccisione, quello è l'effetto, in realtà l'adulterio inizia prima inizia nel momento in cui si desidera di possedere l'altra persona, ma quand'è che si desidera di possedere l'altra persona? Quando la si guarda non come si guardasse qualsiasi cosa, ma la si guarda perchè provoca in noi passioni. E' bello il modo in cui noi spesso definiamo questo stato “guardare”, quando con la moglie vicino magari diciamo che stiamo guardando alla tv la bellezza di quella donna, non penso che sia una lezione di anatomia, non  è la contemplazione di un panorama, non è la bellezza dell'essere umano, tanto è vero che lo stesso stupore e voglia di guardare non rimane se alla donna della tv viene sostituito un uomo, quindi questo fa parte ed è l'inizio di questo desiderio che conduce all'adulterio e l'errore già sta lì, già sta in quel punto di partenza. Quella che Gesù ci dice non è ancora una volta una legge esteriore, Gesù si preoccupa della nostra libertà. Ma ora allora, ciò comunque vuol dire che vale solo per gli sposati? ma manco per sogno! questo comandamento, come tutti i dieci comandamenti, si rivolge a tutti. E si capisce anche ragionandosi sopra, usando la rivelazione come soluzione ma arrivandoci poi anche con la nostra natura. Perchè è negativo il desiderio di altro che non sia la moglie? perchè non porta al controllo di sè stessi che invece è importantissimo per la libertà, perchè ci porta a cancellare scelte importanti della nostra vita, trascinati dalle passioni, ci porta a sciegliere in base a queste. Quel desiderio inizia a possederci e a spingerci, in modo che se lasciamo campo a lui, rimarrà lui a governare noi e non viceversa. Quindi questo vale anche per chi non è sposato, è comunque sbagliato possedere una donna che non sia la propria moglie anche se non si è sposati. Ma perchè? perchè il desiderare quella donna ci porta a non ragionare più bene, a non decidere più con verità. Così ora spesso si scelgono i fidanzati tra di loro per la loro bellezza fisica, trascinati da questo desiderio che hanno lasciato partire, invece il giusto è scegliere noi la persona da volere accanto, in modo da sapere chi abbiamo, come insegna giustamente Platone, la bellezza fisica va via, è passeggera, noi dobbiamo mirare a ciò che è eterno, cioè la persona, l'anima, "Abbietto è l'amante volgare innamorato più del corpo che dell'anima: non è un individuo che resti saldo, come salda non è nemmeno la cosa che egli ama. Infatti quando svanisce il fiore della bellezza del corpo del quale era preso "si ritira a volo" ad onta dei molti discorsi e delle promesse. Chi invece si è innamorato dello spirito quando è nobile resta costante per tutta la vita perchè si è attaccato a una cosa che resta ben salda."[4].

Il settimo dice di "non rubare" perchè? per due motivi principalmente, primo perchè sappiamo che ciò che ci fa bene è Dio, quindi niente altro è indispensabile e fondamentale, niente altro è più importante di questo. Dio ci dice di amarci l'un l'altro, questo l'abbiamo detto, infatti cercare il bene del prossimo, del vicino è proprio questo no? Quindi come potremmo pensare di rubare un bene che è di un nostro fratello, anche se questo fosse ricco? Quindi nel gesto del rubare non solo togliamo qualcosa a un fratello, ma dimostriamo che questi oggetti hanno per noi troppa importanza. Se tutti rubassimo certo vincerebbe il furbo, non si potrebbe perdere di vista un attimo le proprie cose, senza di questo potremmo essere sereni, se non ci fossero persone che rubano, non dovremmo spendere e sprecare energia per difendere i nostri beni, nel creare una società migliore, rubare sicuramente non aiuta. Anche perchè dobbiamo rispettarci a vicenda e non fare ciò che può dare fastidio al nostro prossimo, rubare lede una proprietà del nostro prossimo, proprietà che bisogna rispettare. Anche nel caso in cui il nostro fratello usa male in suoi beni, noi non per questo siamo in diritto di sottrarglieli, in quanto se Dio lascia liberi, perchè noi dovremmo comandare una persona? Chi siamo noi per decidere per lui? Dovremmo cercare di fargli capire il giusto modo di utilizzare il proprio denaro, ma non rubandogli, anche perchè non gli faremmo capire un granchè, anzi.

Non dire falsa testimonianza contro il tuo prossimo non significa solo non accusare un innocente, ma è un invito a essere verità, a essere per questo trasparenti, a non dire cose false. Se noi stiamo qui ricercando è perchè stiamo ricercando la realtà, la verità, questa abbiamo detto che corrisponde al bene, infatti la verità conduce a fare il bene. Quando andiamo contro alla verità, andiamo anche contro il bene. La trasparenza è importante, vuol dire non mostrare niente di diverso di ciò che è. Chi vuole scoprire la verità vede che molte volte  è difficile perchè è nascosta, per questo motivo dobbiamo cercare se veramente l'amiamo, se veramente vogliamo trovarla, di scoprirla, di essere il più possibile trasparenti a essa, in modo da poterla in qualche modo rendere e donare anche agli altri e in modo da non aver niente da temere. È  dal non rispetto di questo comandamento che nasce l'apparire, così che tutti mostriamo qualcosa di diverso da ciò che siamo e finiamo per non riconoscerci e non accettarci neanche noi stessi. L'apparire è un nascondere cosa siamo, chi nasconde qualcosa non è tranquillo, ha paura che venga scoperta, non può essere questa la via per la felicità, non è la via del bene, perchè il bene corrisponde a conoscere la realtà e la verità, se non fosse così, se il bene non corrispondesse alla realtà vuol dire che questo non sarebbe vero, che potrebbe essere pura fantasia. Il bene invece si poggia sulla realtà, è grazie alla realtà che abbiamo ragionato sul bene, è grazie a questa che abbiamo capito che il bene è vero, che è l'unico bene da cercare come fine, e il bene supremo è somma verità, visto che tutti gli altri partecipano del vero Bene. La verità è troppo importante per non fare di tutto per non tenerla nascosta. Infatti uno dei beni più grandi che abbiamo è la nostra libertà, ma se non conosciamo la verità, la nostra libertà non è piena, se per esempio dobbiamo scegliere tra due porte in cui entrare ma non sappiamo cosa c'è dietro, abbiamo sicuramente una libertà più limitata che se conosciamo che dietro una porta c'è una tavola piena di dolci e nell'altra cani inferociti. Nel secondo caso sceglieremo sicuramente, almeno che non siamo masochisti, la porta che nasconde la tavola con i dolci, nel primo caso, alla scelta mancherebbe conoscenza esatta della situazione e rischieremmo di trovarci nella stanza con i cani feroci.

Gli ultimi due comandamenti sono completamenti di “non commettere adulterio” e  di “non rubare” di non desiderare la donna degli altri, appunto perché desiderarla in qualche modo vuol dire già iniziare a possederla, e perché il problema non sta solo nell’atto esteriore, ma nell’atto interno del desiderare. E anche per quanto riguarda il desiderare la roba degli altri che è il decimo si mira e si suggerisce di accettare ciò che si ha, desiderare ciò che non si può avere, non aiuta, anche perché bisogna dare la giusta importanza agli oggetti materiali.

Questi dieci comandamenti ci aiutano quindi nello svolgimento della morale, ma come dicevamo pirma è difficile poi realizzare sempre questi comandamenti, per questo ci troviamo a a dover chiedere un’aiuto, a dover chiedere quella grazia di cui parlavamo prima. In modo da avere il controllo di noi stessi e non perderci nella perdita della libertà che si ha nel rispetto di queste 10 parole di vita. Difficile? Certo io non riesco a metterli in pratica tutti e ce ne sono alcuni che mi danno più problemi, è un cammino di adesioni a questo, un cammino che creerà delle virtù ed eliminerà i vizi. Cosa sono virtù e vizi? Le virtù sono abitudini al bene, nel fare il bene, piano piano aderiamo sempre di più al bene, in modo da rimanere sempre più ancorati ad esso in maniera permanente, in modo che diventi quasi spontaneo, ma spontaneo non in senso di istintivo, non pensato, ma spontaneo nel senso di una decisione già presa in precedenza. Così se inizio ad aiutare i poveri mi diverrà piano piano sempre più spontaneo farlo, al punto che diventerà più immediata e più pura l’azione. I vizi al contrario sono quelli che ci legano al male e ci allontanano anche dal vivere la nostra libertà e ci conducono spesso a essere schiavi delle nostre passioni.


 

[1] Mt 5,21-22

[2] Friedrich Nietzsche, L’anticristo, ADELPHI EDIZIONI, 1970 e 1977, p. 5

[3] Mt 5,27-28

[4] Platone, Simposio, 183e, NEWTON, 1997

 

 

IMPORTANTE: Sono dell'idea di Platone: la verità si raggiunge attraverso la dialettica. Nessuno conosce la verità per intero se non Dio stesso quindi i miei ragionamenti potrebbero non essere veri o forse devono essere completati. Per le obiezioni al mio ragionamento e per le domande da integrare potete inviare e-mail a imafa@libero.it

"Chiunque legge quest’opera, dunque, prosegua con me se avrà la mia stessa certezza, ricerchi con me se condividerà i miei dubbi; ritorni a me se riconoscerà il suo errore, mi richiami se si avvedrà del mio. Insieme ci metteremo così sui sentieri della carità, in cerca di Colui del quale è detto: Cercate sempre il suo volto. In questa disposizione d’animo pia e serena vorrei trovarmi unito, davanti al Signore Dio nostro, con tutti i miei lettori di tutti i miei libri" Sant'Agostino, De Trinitate

 

Dove arriva la ragione?