Il papa vicario di Cristo
Sotto Innocenzo III il papato raggiunse l'apogeo della sua potenza politica e i sovrani d'Europa facevano omaggio dei loro regni al vicario di Cristo.
Il che ha spinto alcuni storici ad attribuire a Innocenzo III una Weltherrschaft. Tra i testi addotti, a riprova della loro tesi, figura la bolla del 24 febbraio 1204, con la quale Innocenzo III concesse la corona e il titolo regale a Calojanne, sovrano di Bulgaria e di Valacchia (PL 215, 277-280).
La concessione era legittima e opportuna perché il re aveva chiesto insistentemente la corona al papa; e, da parte del pontefice, si trattava di ricondurre in seno alla Chiesa romana popolazioni che Costantinopoli aveva sottratto alla giuridizione del papa. Nell'arenga si dice che il Re dei re ha costituito il romano pontefice "super gentes et regna" e venendo ad enunciare le ragioni che inducono il papa a concedere la corona regia dice:
"cum igitur licet immeriti eius vices geramus in terris qui dominatur in regno hominum et cui voluerit dabit illud, utpote per quem reges regnant et principes dominantur (...) regem te statuimus super eos".
Sottolineando come questi atti di giurisdizione temporale avevano un fondamento teologico, Innocenzo III giustificava così quanto compiva nel temporale, in quanto estendeva al vicario di Cristo la prerogativa propria ed esclusiva di Gesù Cristo stesso, supremo Signore del mondo.
Innocenzo III non identifica tuttavia la potestà regale di Cristo con quella del papa suo vicario.
Scrivendo infatti, nel 1205, al vescovo di Fermo accenna, nell'arenga, alla regalità terrena di Cristo nei termini:
"Licet pontificalis auctoritas et imperialis potestas diversae sint dignitates, et officia regni et sacerdotii sint distincta, quia tamen Romanus Pontifex illius agit vices in terris qui est rex regum et dominus dominantium sacerdos in aeternum secundum ordinem Melchisedech, non solum in spiritualibus habet summam, verum etiam in temporalibus magnam ab ipso Domino potestatem” (PL 215, 767).
Oggetto è il dominio temporale della Santa Sede che gli è dato "ab ipso Domino" e scopo immediato di Innocenzo III è conferire le regalie temporali al vescovo marchigiano. Da qui la distinzione dei due poteri; distinzione che però non impedisce che il papa, perché vicario di Cristo, re e sacerdote, abbia "non solo un potere sommo nelle cose spirituali, ma anche uno grande in quelle temporali dal Signore nostro".
L'autorità temporale del papa è detta grande, mentre somma è quella spirituale del papa, nonché la stessa autorità temporale di Cristo-re.
A fondare la distinzione dei due poteri era stato papa Gelasio e lo aveva fatto nel Thomus de anathematis vinculo (ed. Thiel, 567s) dove si afferma che Gesù Cristo realizza in sé il tipo di Melchisedech, re e sacerdote e, come la sua antica figura, Gesù è rivestito di una dignità regale terrena e non solo spirituale". Questo passo fu poi inserito da Graziano nel suo Decretum.
Il potere grande nel temporale, che Innocenzo III rivendica al papa, si riferisce allo Stato della Chiesa. Egli, subito dopo la sua elezione, aveva cercato di riconquistare i diritti perduti o minacciati.
I domini temporali della Chiesa non formavano un vero Stato, erano diversi e slegati fra di loro; alcuni erano dominati da signori tedeschi, lasciati dall'imperatore Enrico VI; altri avevano proclamato l'autonomia comunale. Da qui i successivi interventi, in quanto Innocenzo III riteneva che il potere sui possedimenti della Chiesa venisse alla Santa Sede dal Signore stesso. E tuttavia distingue chiaramente i due poteri: chiama sommo quello spirituale, quindi universale; mentre il temporale lo dice grande e riguarda solo il Patrimonio di S. Pietro.
Del resto che papa Innocenzo non ebbe mire imperialistiche lo si evince già dalla prima lettera inviata ai principi di Germania (PL 216, 998), in cui sottolinea il suo rispetto per i diritti dell'impero e il suo desiderio di collaborazione e unione; mentre, contestualmente, riferisce le parole della lettera di s. Pietro, cioè la discendenza del Signore da stirpe regale e sacerdotale e la sua doppia dignità sacerdotale e regale a fondamento della distinzione dei due poteri.
Stessa la nozione che compare nell'arenga della lettera inviata a Giovanni d'Inghilterra il 4 novembre 1213:
"il Re dei re e il Signore dei signori, Gesù Cristo, sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedech, ha stabilito in tal modo il regno e il sacerdozio nella Chiesa, come attestano nell'epistola Pietro e Mosé nella legge" (PL 216, 923-924).
Il Redentore è dunque la causa della concordia dei due poteri. Dall'idea della concordia tra sacerdozio e regno, Innocenzo III passa a quella della preminenza del papa nella Chiesa.
Chiaro il riferimeno al potere spirituale, tanto che la lettera così prosegue:
“mosso dalla considerazione di tale autorità, re Giovanni ha stabilito di sottomettere i suoi regni anche temporalmente (temporaliter) a colui cui sapeva essere soggetti spiritualmente (spiritualiter). Per cui quelle provincie che una volta ebbero la Chiesa romana come propria maestra nelle cose spirituali (propriam in spiritualibus habuere magistram), ora la abbiano come speciale signora anche nelle temporali (in temporalibus dominam habeant specialem)”.
Nel panegirico di s. Silvestro, fatto al popolo (PL 217, 481-83), parlando della dignità del Santo, Innocenzo III aveva ricordato la leggenda di s. Silvestro, la presunta donazione di Costantino, il particolare del diadema, rifiutato da Silvestro e sostituito dall'aurifrigio -che diverrà prima tiara quindi triregno- per poi passare a parlare della superiorità del sacerdozio sul regno, superiorità dedotta dall'uso liturgico della mitria in confronto della tiara, raramente portata dai pontefici, nei termini:
"Romanus itaque pontifex in signum imperii utitur regno, et in signum pontificii utitur mitra; sed mitra semper utitur et ubicunque; regno vero, nec ubique, nec semper: quia pontificalis auctoritas et prior est et dignior et diffusior quam imperialis"(PL 481 D - 482 A).
Siamo dunque lungi dalla Weltherrschaft che gli si attribuisce, anche se l'accenno a s. Silvestro, insignito della dignità imperiale da Costantino, viene a rappresentare l'esempio più compiuto del Vicario di Cristo che è re e sacerdote, designando così nella persona del papa l'unione dei due poteri a motivo della donazione di Costantino.
Un altro accenno al potere terreno del papa si trova nel III Sermone per l'anniversario della incoronazione: quivi l'accento è posto sul potere spirituale: la mitra e la corona, cioè il copricapo papale fanno ricordare a Innocenzo III che egli è stato costituito vicario di Cristo che è sacerdote e re; tuttavia egli non afferma che il titolo di vicario porti con sé un diritto del papa sul regno, oltre che sul sacerdozio. Ma poiché la corona (poi tiara) è precisamente l'insegna data da Costantino a Silvestro, come segno della sua donazione, ne consegue che il pontefice intende come dote materiale della Chiesa romana i possessi ricevuti con la falsa donazione, i quali anche costituiscono il fondamento della regalità terrena del papa.
Per chiarire meglio i rapporti che intercorrono tra Pietro e Cesare, Innocenzo ricorre ai simboli, che ebbero poi tanta fortuna, del sole (papato) e della luna (Impero) e delle due spade: ambedue spettanti, di diritto, al pontefice che usa però solo la spirituale, mentre l'uso della spada temporale è concesso all'imperatore come advocatus Ecclesiae. Al pontefice è riservata, di diritto, solo l'ingerenza nelle questioni spirituali; tuttavia, ratione et occasione peccati, cioé per quel supremo controllo su tutte le azioni umane rispetto alla morale e alla legge divina, che è nei suoi doveri, ha la potestà di intervenire in ogni questione anche temporale.
Alla chiara distinzione tra autorità di Cristo e autorità del suo vicario, perverrano invece alcuni teologi della seconda metà del secolo XIII; mentre trarrano conclusioni ierocratiche altri autori, sempre del secolo XIII, come Giovanni di Dio che dà al papa ambedue i poteri perché tiene il luogo di Dio.