Strapotere delle famiglie nobili
Il vuoto di potere aumentò il potere delle famiglie nobili
Con la deposizione di Carlo il Grosso (887) si estinse la Casa Franca e contestualmente venne meno alla Chiesa quella protezione che, fino ad allora aveva introdotto nella cristianità occidentale un ordine stabile.
Con il dissolvimento del potere centrale, si contesero la protezione del papato i duchi franchi dei Spoleto e del Friuli. E costoro non si diedero troppo pensiero dei veri interessi della Chiesa di Roma. Ne derivarono grandi abusi: scismi e scandali nel papato, intromissioni dei secolari nelle chiese e nei monasteri, simonia e nicolaismo del clero (cioè commercio degli ordini sacri e abbandono del celibato e della castità).
Morto il giovane imperatore Lamberto, papa Benedetto IV (900-903) incoronò imperatore (5. X. 900) Ludovico III (figlio di Bosone re di Provenza), ma provocò l'opposizione di Berengario, marchese del Friuli, che lo costrinse a tornare in Provenza. Alla morte di Benedetto IV scoppiò a Roma una grave crisi. I due successori Leone V (903) e Cristoforo (903-904) morirono strangolati in carcere.
Si fece avanti allora Sergio III (904-911), vescovo di Cere di Tuscolo e avversario di Formoso di Ostia (891-896). Già nell'897 era stato eletto, in concorrenza con Giovanni IX (898-900), ma poi si era ritirato a Spoleto.
Sergio III, una creazione dei duchi di Spoleto, pote' imporsi a Roma, grazie all'appoggio del partito nobiliare romano, guidato da Teofilatto, detto "dominus Urbis" e da sua moglie Teodora, detta 'vestiarissa'. Costei aveva due figlie, Marozia e Teodora iunior.
E' infondata l'accusa, mossa da Liutprando di Cremona, nella sua Antapodosis, che il papa fosse l'amante di Marozia, da cui avrebbe avuto il futuro Giovanni XI; ma queste tre donne, intelligentissime e altrettanto scostumate, di certo, esercitarono per alcuni decenni un notevole influsso sulle sorti di Roma e del papato.
Sergio III si distinse per alcune opere pubbliche che diedero nuova bellezza a Roma, come la completa ricostruzione della Basilica lateranense, ma si macchiò per aver fatto strangolare in carcere Leone V (903) e Cristoforo antipapa che lo avevano preceduto (+ 904).
Dopo Sergio III ci furono alcuni pontificati insignificanti, come quello di Anastasio III (913-14) e di Landone (913-14); quindi, per influsso di Teofilatto e Teodora, venne eletto Giovanni X (914-929), su cui Liutprando, nell’Antapodosis, getta il discredito. Egli va ricordato, non foss’altro, per aver realizzato una coalizione di principi italiani con Bisanzio, contro i Saraceni, su cui riportò una vittoria al Garigliano, presso Gaeta, nel 916. Pochi giorni dopo diede la corona imperiale a Berengario I, del Friuli.
Morto Teofilatto, Marozia, rimasta vedova di Alberigo di Spoleto, passò in seconde nozze con Guido marchese di Toscana (927). Giovanni X tentò allora di rendersi indipendente dalla potente famiglia romana, appoggiandosi a suo fratello Pietro, principe di Orte e cercò aiuto presso Ugo re di Provenza e d'Italia, cui promise la corona imperiale. Ma dovette soggiacere a Guido di Tuscia, secondo marito di Marozia, figlia di Teodora e Teofilatto, e morì in carcere (929).
Marozia, con il titolo di "senatrix et patricia", fece allora eleggere tre papi che si erano succeduti dal 928 al 931 e cioè: Leone VI (928-29); Stefano VII (929-31) e infine il proprio figlio Giovanni XI (931-36). Rimasta quindi vedova di Guido di Toscana, offrì la sua mano a Ugo di Provenza che intenzionato ad aggiungere al suo dominio Roma, venne quivi, verso la fine del 932, per il matrimonio; ma, contro di lui, insorse il figlio di Marozia, Alberico che, con l'aiuto della popolazione romana, assediò Castel S. Angelo, costringendo Ugo a fuggire.
Alberico si proclamò allora principe e senatore dei romani (senator et princeps omnium romanorum), governando Roma per 22 anni, dal 932 al 954 con mano forte, (932-54), mentre a papa Giovanni XI e ai suoi quattro successori, tutti nominati per opera sua, riservò l'esclusivo esercizio delle funzioni spirituali. Alberico morì nel 954 dopo aver fatto giurare al popolo romano che, alla morte di papa Agapito II, avrebbero eletto papa il figlio ed erede, il diciassettenne Ottaviano.
Il che avvenne nel dicembre 955. Fu il primo a cambiar nome -nella nomina a papa- e prese il nome di Giovanni XII (955-963); egli riunì di nuovo, in una sola mano, il potere spirituale e secolare di Roma e si distinse per la vita dissoluta e per l'incapacità politica.