La repressione e l'inquisizione
La repressione di queste eresie appariva come un diritto e un dovere di legittima difesa per proteggere intatto il tesoro della Chiesa.
Il processo medievale contro gli eretici ha le sue radici nella legislazione degli imperatori cristiani dell'antichità: specialmente Teodosio il Grande e Giustiniano colpirono gli eretici e gli scismatici con la confisca dei beni, l'esilio e persino la pena di morte.
Nell'alto medioevo la punizione degli eretici si limitò generalmente a pene spirituali, con la scomunica, la penitenza della flagellazione e la reclusione claustrale. Ma quando nei secoli XI e XII il movimento settario andò aumentando rapidamente, come in Italia e nella Francia del Sud, si tornò di nuovo ad applicare la confisca dei beni, l'incarcerazione e l'esilio. E dietro l'insistenza di laici fu applicata anche la pena di morte (impiccagione e rogo, poiché l'eresia era equiparata alla magia e al maleficio).
Infine, dinanzi alla crescente marea dei catari e all'impeto dei valdesi, parecchi sinodi del secolo XII inculcarono espressamente ai principi il dovere di punire severamente gli eretici. Fu in particolare al sinodo di Verona del 1184 che Lucio III e Federico Barbarossa decretarono contro gli eretici e i loro protettori e difensori, la scomunica e il bando dall'impero e disposero che gli ordinari diocesani, nei luoghi sospetti, dovessero una o più volte l'anno, personalmente o tamite loro commissari, far ricerca degli eretici.
Fu nel 1197 che il re Pietro II d'Aragona emanò, per il suo regno, severi editti contro gli eretici, comminando la pena del rogo. Il IV concilio Lateranense (1215, can. 3) confermò le precedenti disposizioni sinodali che inculcavano ai vescovi il dovere di procedere in tutte le parrocchie alla denuncia degli eretici e alla loro punizione per mano dell'autorità civile.
Federico II, dopo la sua incoronazione (1220), stabilì molti decreti contro gli eretici condannandoli al rogo, quale punizione loro adeguata. Finché, dopo la guerra albigese, allo scopo di estirpare completamente l'eresia, al Sinodo di Tolosa (1229) fu stabilita, in maniera definitiva, la procedura da seguire nella ricerca e nella punizione degli eretici.
Fu però sotto Gregorio IX, il quale nel 1231, con un'apposita costituzione mantenne la pena del rogo e le altre punizioni, che si giunse alla completa organizzazione di un apposito tribunale, istituito per le cose di fede, il tribunale dell'Inquisizione, così detto perché aveva per compito la ricerca (inquirere) e la punizione degli eretici.
Gregorio IX, nel 1231-32, affidò l'inquisizione quasi esclusivamente ai frati mendicanti, in prevalenza ai domenicani di cui da quel momento divenne il compito specifico, ma anche ai francescani. Quindi, nel 1252, Innocenzo IV mise a disposizione degli inquisitori papali [da distinguere da quelli vescovili, i cui tribunali ormai in ombra non erano però stati annullati] la tortura: un passo deplorevole, in quanto andava contro ogni legge umana e divina.
L'inquisizione, oltre l'eresia vera e propria punì anche i sacrileghi, i bestemmiatori, i sodomiti, gli stregoni, i maghi ecc., senza tuttavia riuscire nell'intento; e, d'altra parte, rappresentò un forte addebito per la Chiesa del Medioevo. A segnarne la fine sarà il principio della tolleranza, introdotto dall'illuminismo e il sorgere dello Stato moderno.