|
|
PENETRAZIONE DEI POPOLI GERMANI NELL'IMPERO
L'età di mezzo, che introduce alla moderna ed è la necessaria preparazione della nostra civiltà, si suddivide in alto e basso Medioevo. L'alto Medioevo è il periodo della lenta fusione degli elementi romani e degli elementi germanici sotto l'influsso del cristianesimo. Le forze portanti del Medioevo cristiano sono:
1 - La migrazione dei popoli germanici la quale, da un lato, frantuma l'impero romano d'Occidente, dall'altro, fa sorgere nuovi stati germanici.
2 - La Chiesa occidentale, cioè latina, così come si era venuta formando fin nel V secolo e come continuava a svilupparsi: (a) per evoluzione interna; (b) come erede della civiltà antica.
3 - I nuovi popoli germanici ancora giovani e suscettibili di evoluzione e il loro ingresso nella Chiesa cattolica.
La crisi del mondo Romano, già in atto dal secolo III, in campo economico, poi in campo istituzionale e politico, precipitò con le invasioni barbariche, già iniziate nel secolo IV e divenute ormai irresistibili nel sec. V.
Le invasioni, anche se meno brutali di quanto si è preteso, furono una penetrazione -in parte pacifica e in parte violenta- che portò disordine, parziale distruzione del passato, arresto dell'attività e guerre tra Romani e i nuovi venuti. I dissidi dei capi barbari, il crollo dell'amministrazione precedente rendono inesistente il governo centrale e sottopongono i deboli allo sfruttamento dei potenti locali. L'economia si restringe; cade il commercio, solo ormai esercitato da stranieri (orientali, ebrei, siri). La civiltà romana decadde mentre si preparava un nuovo mondo in un nuovo quadro geografico.
I barbari erano stati attratti dall'Europa, specialmente dall'Occidente, o spinti verso di esso. Il Mezzogiorno attira i Germani del Nord e l'Europa i nomadi d'Asia.
Gli Unni, scacciati dalla Cina si affacciano al Volga nel 355, e a loro volta spingono i Visigoti a oltrepassare il Danubio (375) e il limes dell'Impero cede. Dal 395, con Alarico, passano in Grecia e nell'Illirico. Nel 401 sono in Italia. Nel 402 Stilicone li batte a Pollenza. Di nuovo in Italia nel 408, saccheggiano Roma nel 410. Dal 414 al 19 si stabiliscono in Spagna, passando per la Gallia. Tra il 466-84 la Spagna è interamente conquistata dai Visigoti ariani.
I Vandali, provenienti dall'Oder, sono in Gallia nel 406; nel 409-11 in Spagna; nel 427 traversano lo stretto e sono a Cartagine nel 429. L'anno dopo, mentre Ippona è assediata muore s. Agostino. Nel 455 guidati da Genserico mettono Roma a sacco. Un gruppo di Alani, spinti dagli unni verso Occidente, dal 350 si associano ai vandali, seguendoli dal 409 al 416 verso la Gallia e l'Africa. I Burgundi, stanziati già sul Meno, nel 413 attraversano il Reno, passati nella regione belgica, sono sconfitti da Ezio nel 437; nel 443 parte di essi ottiene di stabilirsi nella regione del lago di Ginevra.
I Franchi, già fissati nella Gallia del nord dal 350, al momento delle grandi invasioni sono al di qua dei limes e considerati come federati dell'impero; fra il 418 e il 420 cedono anche essi dinanzi agli Unni e verso il 420 si trovano stanziati nella regione tra la Senna e la Mosa. Nel 496 Clodoveo, con i suoi Franchi, dopo aver battuto gli Alemanni a Tolbiac si converte al cattolicesimo, ma il loro cattolicesimo era poco più di una vernice: erano rimasti infatti ancora profondamente pagani; la vera cristianizzazione avvenne nel secolo VII e fu il risultato di un'azione missionaria attuata: (nella fase merovingia) da autorevoli membri del clero franco-gallico, come il vescovo Eligio di Noyon (588-606) cui si affiancarono missionari irlandesi giunti sul continente, come il monaco pellegrino Colombano (543-615).
Gli Svevi, al termine dello loro migrazioni, si fissano in Galizia e in parte del Portogallo.
1 - Le due culture
Mondo romano e mondo germanico hanno fisionomie diverse. Nel mondo romano il concetto predominante è quello di civis, membro cioè di un robusto organismo, lo Stato, la cui legge, territoriale, garantisce ordine e pace a tutti.
Nel mondo germanico prevale il concetto di arimanno, uomo libero che sa difendersi con le armi. Vincoli di sangue e di forza raccolgono gli individui in villaggi e tribù il cui capo (Köning) ha qualche importanza solo nel caso di guerra. Non vi è codice, né sistema penale, né sviluppo di proprietà privata.
Il cristianesimo, lentamente, favorì l'avvicinamento e la fusione dei due mondi già avversari e costituì il lievito di una nuova civiltà europea che si venne faticosamente elaborando nei secoli dell'alto Medioevo; da questa fusione tra popoli diversi ha avuto appunto origine la cultura occidentale.
I popoli germanici che, a seguito del grande movimento di migrazione verso sud-ovest, abbandonando il nomadismo, erano entrati a far parte del mondo romano e si erano convertiti al cristianesimo, ma nella confessione ariana.
Il cristianesimo per i Visigoti, gli Ostrogoti, i Vandali e per gli altri popoli germanici fu nuova fede religiosa e nuova forma culturale. Merito di Ulfila, nipote di cristiani di Cappadocia fatti prigionieri, il quale dai Goti fu inviato con un'ambasceria in territorio romano. Ordinato vescovo da Eusebio di Costantinopoli, assertore dell'arianesimo, Ulfila, rientrato tra i suoi, dal 341 al 383 diede vita ad un'attività di evangelizzazione e di fondazione culturale. Creò un alfabeto ed una lingua letteraria traducendo in gotico la Bibbia.
Le invasioni nei territori italiani portarono sconvolgimenti e distruzioni, ma dal punto di vista confessionale ci fu tolleranza tra i goti invasori e dominatori e la popolazione cattolica. Ciò si verificò, in modo particolare, sotto Teodorico (489-526).
Le invasioni barbariche, deviate verso l'Occidente più indifeso, lasciano l'Oriente indipendente, ma l’obbligarono a ripiegarsi su se stesso, mentre l'Occidente, dopo aver cercato di respingere debolmente i barbari, dovette accettare, in definitiva, di fondersi con loro.
In seguito alle loro incursioni, i barbari avevano finito infatti con lo stabilirsi in tutte le regioni dell'ex-Impero Romano d'Occidente: i Visigoti nella Spagna, i Vandali in Africa nord-occidentale, gli Svevi in Galizia, i Franchi, gli Alamanni e i Burgundi dal Belgio alla Provenza, i Sassoni, gli Angli e i Giuti in Inghilterra, gli Ostrogoti e poi i Longobardi in Italia.
Odoacre, generale sciro che proveniva dal Norico, si trovava in Italia come capo delle truppe mercenarie quando, nel 476, depose Romolo Augustolo, ultimo imperatore dei romani; non volle però creare un nuovo imperatore e così riconobbe l’imperatore di Oriente, Zenone (474-92), limitandosi a governare come re dei barbari che erano in Italia.
In occidente, con la deposizione di Romolo Augustolo, se in teoria si era tornati a un solo imperatore e i capi barbari si presentavano come suoi mandatari, battendo moneta con la sua effigie, di fatto era caduta l'unità delle istituzioni amministrative, sostituite da un misto di istituzioni romane e germaniche. Da parte sua Odoacre fu ucciso nel 493 da Teodorico (+ 526) che divenne signore d’Italia, come re dei Goti, mentre riconosceva a Costantinopoli una supremazia di onore. Teodorico fu rispettoso della civiltà e delle istituzioni romane, ma inesorabilmente la cultura occidentale si andava barbarizzando e, dimentica del greco, non riusciva più a dialogare con gli orientali. Mentre la società orientale, dove fino ad Eraclio (610-641) non si introdussero importanti modificazioni istituzionali, si ellenizzava e si orientalizzava, rinnegando le tradizioni latine.
La divisione territoriale delle due parti dell'antica Romania sarà completata dall'incunearsi degli Slavi, nei Balcani, tra Oriente e Occidente, nel secolo VII; il mondo mediterraneo, unificato da Roma, sarà spartito tra Occidente, Bisanzio e Islam.
Anche l'unità religiosa si rallenta: i contrasti, già assai frequenti, raddoppiano di numero e di intensità, facilitati dall'ignoranza vicendevole della lingua -greco o latino- dalla diversificazione sempre più pronunziata di mentalità: popoli, riti e regole disciplinari.
Detti contrasti si manifesteranno in questioni dottrinali -monofisismo e querela delle immagini- e giurisdizionali: mentre la Chiesa d'Oriente è sottoposta all'imperatore, il patriarca di Costantinopoli, come vescovo della "nuova Roma", pretenderà l'uguaglianza con quello dell'antica Roma, o la superiorità su di esso.
2 - La riscossa bizantina
Nel VI sec. l' Impero romano sussisteva di fatto solo in Oriente. Ma con Giustiniano (527-565) l'impero di Oriente ristabilisce l'autorità romana in Italia e nell'Africa latina.
Nel 534 tramonta il regno dei Vandali i quali avevano portato quasi all'annientamento delle circa trecento chiese cattoliche. Poi è la volta dell'Italia: nel 552 Narsete sconfigge Totila e l'anno successivo con la guerra greco-gotica assoggetta il resto dell'Italia a Giustiniano I, imperatore bizantino (527-565), per cui nel 553 tramonta il regno degli Ostrogoti. La riscossa bizantina, riconquistando gran parte dei territori italiani e africani, aveva posto fine ad ogni tentativo di far prevalere l'arianesimo. Ma la riconquista dei territori italici durò lo spazio del regno di Giustiniano. I bizantini si erano infatti dimostrati più avidi del barbaro ostrogoto.
Il tentativo di Giustiniano di ristabilire l'unità politica, culturale e religiosa dell'antica Romania, con il suo fallimento, sarà la migliore prova dell'impossibilità di risalire una tale corrente di evoluzione storica. Neppure le sue conquiste politiche, limitate al litorale, sussisteranno: l'Italia, il litorale africano e iberico, riconquistati dal 533 per opera dei suoi generali Belisario e Narsete, cadranno in grande parte, nel periodo di un secolo, sotto l'occupazione di Arabi, Longobardi e Visigoti. Non solo lo sforzo era stato superiore alle possibilità dell'Oriente, ma l'ideale, che lo aveva guidato, non era condiviso che da pochi: una vera incompatibilità divideva i due mondi.
Dal 568 al 698 l'Impero bizantino, indebolito, pure difendendosi aspramente, perderà, oltre alle regioni che aveva riconquistato, anche la Siria, la Mesopotamia, l'Egitto e la Cirenaica; sarà ristretto all'Italia Meridionale, la Sicilia, la Grecia, la Macedonia.
Neppure l'unità religiosa è rinsaldata: ristabilita da Giustiniano nel 519, sarà di nuovo rotta nel 640 e tutto porterà a un sempre maggiore distacco tra il nuovo Occidente e l'Impero di Bisanzio.
Il ciclo evolutivo della tendenza separatista tra Oriente e Occidente si chiuderà nell'VIII-IX secolo, sotto i Carolini quando, in Occidente, il papa, "supremo vigilatore", strinse alleanza con la potenza secolare più importante dell'Occidente, i Franchi.
Sotto i Carolini, dopo che il papato si era volto definitivamente verso i barbari, viene restaurato l'Impero, un nuovo Impero Occidentale costituito dai popoli germanici, impero che finisce per costituire sempre più un'entità culturale e spirituale autonoma, mentre le controversie religiose -questione del filioque- continuano, preparando la separazione totale, anche esterna con l'Oriente. In questa fase storica, dapprima è il potere politico (in particolare l'Impero franco-tedesco) che predomina nei confronti del papato.
E' questo il primo Medioevo che va dal 750 al 1050. Questo si svolge in due periodi: l'epoca della civiltà carolingia; l'età degli Ottoni (impero tedesco).
I due periodi sono separati dal "saeculum obscurum" (fine del sec. IX sino alla metà del X). Alla base del predominio politico sta l'idea riconosciuta, anzi promossa (emblematica è la formula, per grazia di Dio) dalla Chiesa della dignità sacrale del re, più tardi imperatore franco e poi tedesco i quali, insieme al supremo sacerdozio, hanno il compito di guidare la Chiesa. Si tratta di un predominio, sullo sfondo però di un dualismo: Papa e Imperatore; Sacro-Impero. Il motivo immediato del predominio imperiale poggia sul fatto che l'imperatore possiede la spada; e costituisce il braccio secolare su cui la Chiesa si appoggia per avere sicurezza economica e politica. Si trattò comunque di un dualismo assai dinamico dove i poli erano in concorrenza fra di loro per cui, una volta assicurata nella sua esistenza, la gerarchia avanzerà la sue pretese: un atteggiamento che porterà a una nuova fase, quella che ha inizio quando il papato, con la riforma di Cluny e di Gregorio VII, pone in primo piano nuovi punti di vista circa il rapporto dei due poteri, radicalizza e avanza pretese primaziali già preparate da Leone I e Gelasio I. Ebbe così inizio la fase più acuta della lotta per la libertà e il predominio. Il Papato ne uscì vittorioso e difese poi la sua posizione con una duplice lotta contro l'Impero degli Hohenstaufen. A un'epoca che vide l'egemonia del Papato nei confronti dell'Impero (secc. XI-XII) seguì infine un periodo -il secolo XIII- in cui Papa e Chiesa costituirono la potenza predominante dell'Occidente cristiano.
Quanto ai confini geografici, il periodo del Medioevo ecclesiastico -che va dal Concilio Trullano (692) fino all'inizio del pontificato di Gregorio VII (1073-1085)- si caratterizza: per l'opera missionaria e culturale della Chiesa presso i popoli germanici, latini e slavi; e per la separazione della parte greco-orientale da quella latina. Quello successivo, che non oltrepassa il 1294, si restringe all'Occidente -con l'Oriente: urto della seconda crociata e tentativo di unione al Concilio di Lione II del 1274- e registra un periodo di fioritura culturale e religiosa della Chiesa sotto la guida del Papato.
3 - Invasione dei Longobardi (568)
Era da pochi anni terminata la guerra gotica che nuovi rumori di guerra si avvicinano dall'alta Italia. Nel 568 i Longobardi, venendo dalla Pannonia e guidati dal re Alboino, attraversano le Alpi e invadono la penisola.
A differenza degli altri popoli invasori i Longobardi non avevano mai avuto contatti con il mondo romano e bizantino e conservavano pressoché intatta la loro barbarie. Valicato l'Isonzo, si stanziarono nelle valli fertili della pianura padana, evitando città fortificate e città marinare. Fu così che i Bizantini rimasero padroni di Esarcato, Pentapoli e Italia meridionale. Romania si dissero i territori rimasti ai bizantini, con Ravenna sede dell'esarca. Longobardia gli altri e Pavia ne fu la capitale.
Quanto all'organizzazione, l'autorità regia rimase per molto tempo debole e precaria di fronte a quella dei duchi. Un quarantina erano i ducati: fitti al nord, radi al sud. Estremi, separati dagli altri dal corridoio bizantino ed ereditari, quelli di Spoleto e Benevento. Il re (Köning), la cui funzione era ritenuta necessaria solo per guidare il combattimento, cercò attraverso i suoi castaldi (funzionari preposti alle terre regie, sparse un po' in tutta Italia), di frenare l'arbitrio dei duchi, in genere membri di famiglie nobili che si erano distinte nella conquista. Nelle circoscrizioni minori, sia dei territori regi, che di quelli ducali, sta lo sculdascio o centenario. Tutti questi funzionari esercitano nelle loro circoscrizioni, più o meno integralmente la somma dei poteri. Stando così le cose, l'invasione segna dunque l'inizio del Medioevo italiano in quanto dà origine a due fatti importanti: il frazionamento politico dell'Italia che durerà fino al Risorgimento; il crollo delle istituzioni romane e la formazione di una nuova società di impronta germanica.
Dura la condizione dei vinti Latini. Paolo Diacono (Historia Longobardorum) ci informa che la maggior parte dei latifondisti romani furono trucidati; gli altri, ridotti a vivere come servi dei barbari, in condizione di semilibertà, o costretti alla cessione del terzo dei prodotti. La vita cittadina continua a decadere, il commercio si contrae; in tutta l'Europa barbarica il centro si sposta sempre più nelle campagne.
Si prepara così quel modo di vita detto sistema curtense (sistema della villa romana) e che complessivamente diventerà sistema feudale.Tuttavia in questa nuova società barbarica vi sono ben presto segni di evoluzione civile. Il trapasso dal nomadismo alla vita fissa, l'influsso della romanità e la conversione al cristianesimo (principio sec. VII) furono i principali fattori dell'incivilimento dei Longobardi. Segno evidente di questa evoluzione, l'editto di Rotari dove faida, ordalia e duello sono sostituiti dalla composizione pecuniaria (guidrigildo) che varia, a secondo della classe delle persone e dalla prova del documento. I Longobardi compirono un passo decisivo verso la conversione e l'incivilimento, grazie a Teodolinda, vedova di Autari re dei Longobardi e sposa del successore Agilulfo, la quale favorì l'attività missionaria promossa dai monaci irlandesi (S. Colombano, a Bobbio) e dal papa s. Gregorio Magno.
4 - La Chiesa e il mondo barbarico
La Chiesa ha influito nella trasformazione del mondo barbarico con la sua dottrina e la sua organizzazione. Esaminiamo qui l'opera dei vescovi, poiché di quella dei monaci si tratterà più diffusamente nei capitoli successivi.
In quel periodo turbolento del trapasso dalla civiltà romana a quella medievale, quando un mondo nuovo stava sorgendo sulle rovine fumanti dell'antico, inesorabilmente travolto da successive ondate di popoli barbari -dai Visigoti di Alarico, agli Ostrogoti di Teodorico, re d'Italia (480-536)- fondamentale fu l'opera di papa Leone I (440-461) il quale portò un notevole accrescimento di autorità al vescovo di Roma.
Dopo che la capitale dell'impero romano di Occidente era stata trasferita a Ravenna -fu Onorio, fratello di Teodosio, a trasferire nel 402 a Ravenna la capitale dell'imp. di Occidente- a Roma si cominciò a sentire una situazione di vuoto di potere politico; abbandonata alle scorribande ostrogote, la città nel 410 fu saccheggiata da Alarico re dei Visigoti. Seguì un torbido periodo in cui gli ordinamenti ecclesiastici minacciavano di crollare sotto l'impeto delle forze barbariche; solo il vescovo di Roma fu in grado di dare speranza per un futuro della fede cristiana, ciò apparve a tutti evidente quando papa Leone I (440-461), nel 452, riuscì a tenere lontano da Roma Attila, inducendolo a prendere la via del ritorno. Con quel gesto papa Leone si rivelò anche come difensore e salvatore di Roma e della civiltà occidentale. Non meno importante l’incontro di questo pontefice con Genserico, re dei Vandali. Così, grazie a papa Leone, cui la storia ha riconosciuto il titolo di Magno, il vescovo di Roma era uscito, dal periodo turbolento delle migrazioni dei popoli e dei brevi regni barbarici, rafforzato sia nel campo religioso sia in quello politico. Roma, sede di Pietro, era tornata ad essere la capitale del mondo.
Convinto che il vicario di Pietro ha il diritto di guidare la Chiesa, s. Leone afferma che gli altri vescovi sono chiamati a collaborare col papa nella cura pastorale e non possiedono la pienezza del potere. Famosa la sua lettera dogmatica al patriarca Flaviano, di cui sopra.
Come il vescovo di Roma, anche gli altri vescovi d'Italia erano rimasti al loro posto, nelle città, conservando immutato quel potere nel campo civile che la legislazione romana aveva loro riconosciuto.
E' quanto si deduce da alcune Variae di Cassiodoro e da un'epistola di Gelasio I, al vescovo Giovanni, di Spoleto. Teodorico rispettò in ogni senso tutta la romanità e di conseguenza anche l'organizzazione ecclesisastica che, del mondo romano, era divenuta parte essenziale. Da molteplici accenni delle Variae si rileva che questo re dei Goti -e i suoi successori- si appoggiarono ai vescovi per incarichi di fiducia e spesso anche per particolari negozi nel regno e per questioni riguardanti la vita cittadina; mentre la lettera di Gelasio I ci attesta che ai vescovi, nella propria città, spettava la protezione di alcune categorie di persone, come gli orfani e le vedove.
Così nel periodo gotico il vescovo fu considerato come il rappresentante naturale e il protettore dei romani cattolici di fronte ai barbari re ariani; mentre la curia vescovile fu il nuovo organo, attorno a cui gravitò la vita cittadina e a cui ricorrevano i cittadini e i villici.
La contesa fra latini e barbari fu particolarmente aspra durante la guerra gotica. Procopio ci tramanda esempi emblematici: cito quello di Milano, il cui vescovo Dazio, con altri distinti cittadini, si recò a Roma per persuadere Belisario perché mandasse con loro un piccolo presidio affermando che era venuto il momento di recuperare Milano all'Impero. Mentre Gregorio Magno, citando l'assedio di Perugia da parte di Totila, ricorda come tra i cittadini rimasti in difesa della città -una parte ne era fuggita quia famis periculum ferre non poterat- era pure restato Ercolano vescovo. Caduta la città in potere dei Goti, il conte comandante in capo inviò un messaggero a Totila chiedendo istruzioni per il trattamento da riservare al vescovo. Narra Gregorio che il vescovo, condotto su quelle stesse mura della città sulle quali probabilmente era salito per dirigerne la difesa, fu decapitato e quindi gettato giù. Ma i cittadini che, dietro ordine di Totila, erano tornati in città, ne recuperarono la salma per darle onorevole spoltura. Questi e altri episodi -tali il caso di Fungenzio per Otricoli e di Cassio per Narni- dimostrano come il vescovo, durante la guerra gotica, era divenuto il capo naturale della propria città, rappresentando l'unica autorità cittadina che perdura costantemente tra la mutevole costituzione statale.
Quando poi sopraggiunse l'invasione longobarda ci fu, in un primo tempo, un forte disordine nell'organizzazione ecclesiastica. Molte diocesi rimasero a lungo vacanti, altre non furono più ripristinate. In altre si costituì una doppia gerarchia, cattolica e ariana.
Si veda l'esempio che s. Gregorio tramanda nel III libro dei Dialogi per Spoleto, dove un Langobardorum episcopus, scilicet arianus, venuto nei primi anni dell'occupazione di questa città, aveva tentato di insediarsi nella chiesa di S. Paolo, ma per l'opposizione del vescovo cattolico e della popolazione dovette desistere dall'impresa. Attesta papa Gregorio che, conosciuto il fatto, i Longobardi spoletini mai più osarono profanare le chiese cattoliche. La mancanza di rapporti sereni tra autorità ordinaria statale e l'organizzazione ecclesiastica fece sì che i vescovi dell'Italia longobarda, rispetto ai colleghi delle città bizantine, di fronte all'autorità ordinaria assumessero, nel campo civile, uno spiccato carattere di inferiorità.
Così l'attività dei vescovi delle città longobarde si limitò, agli inizi, ad un campo prevalentemente morale ed ecclesiastico, grazie anche all'azione pastorale di papa Gregorio Magno.
Si pensi alla lettera che il pontefice inviò a Proiecticio, vescovo di Narni, raccomandandogli la conversione "Langobardorum sive Romanorum qui in eadem loco degunt" (Ep. Lib. II, 4). Comunque per la popolazione romana il vescovo per molte ragioni rimaneva l'unica autorità anche civile. Nel giro di qualche decennio però i vescovi recuperarono un ruolo civile anche presso l'autorità longobarda che si servì di loro negli ordinari giudizi statali -così i vescovi di Pisa, Firenze, Fiesole e Lucca- e per la definzione di importanti controversie entro i confini dello loro città fin quasi ad essere equiparati ai pubblici ufficiali.
Come è stato sopra ricordato, a seguito dell'invasione longobarda l'Italia fu divisa in due parti: longobardia e romania; mentre nei territori romani si registrò un progressivo indebolimento della funzione esercitata dal governatore bizantino (esarca) a favore di quella del papa che divenne così unico riferimento del potere civile e politico. Parallelamente crebbe anche l'autorità civile dei vescovi.
Contestualmente, per la stretta alleanza tra Stato e Chiesa, il patriarca di Costantinopoli divenne l'autorità religiosa più elevata nel mondo orientale.
Questa situazione diede origine da una parte alla contrapposizione, tra vescovo di Roma e patriarca di Costantinopoli, per la supremazia nella Chiesa; dall'altra, tra vescovo di Roma e imperatore, per l'esercizio del potere politico. Finchè nel gioco di forza fra queste tre potenze -il papa di Roma, il patriarca di Costantinopoli e l'imperatore romano d'Oriente- non si introdusse, come quarto concorrente, il re dei Franchi e i suoi successori. Fu il papato che si avvicinò al regno dei Franchi; a decretare questa scelta politica furono almeno tre cause: i rapporti conflittuali tra papa e dominazione longobarda [sia per motivi confessionali (persistenza dell'arianesimo), sia a causa del tentativo longobardo di conquistare l'intera penisola]; le controversie teologiche che avevano accentuato il distacco e la conflittualità fra Roma e Costantinopoli; l'espansione e l'aggressione islamica.
Quanto ai monaci, si è molto insistito sulle loro benemerenze nel campo del lavoro, sia in agricoltura e bonifica dei terreni, sia nella cultura e nella trasmissione del patrimonio intellettuale e scientifico; il monachesimo meritò tuttavia ancor più per l'azione missionaria.
Momento decisivo per la formazione della nuova Europa -la nostra- fu la conversione dei popoli germanici al cristianesimo. Merito di s. Gregorio, uno dei più grandi uomini europei, quello di aver iniziato la conversione dei longobardi e di aver assicurato quella dei Visigoti, allora appena avviata e soprattutto di aver dato inizio a quella degli Anglosassoni. Per la riconquista dell'isola alla religione e alla civiltà papa Gregorio si servì di monaci missionari che, lentamente, incivilirono i barbari preparando così l'avvento della nuova civiltà e società medievale e moderna.
|