Ottone III
Nel 996 prese il governo dell'impero il sedicenne Ottone III (cor. re 983-1002)
Papa Giovanni XV, in contrasto con Crescenzio, fu costretto a fuggire a Sutri e da lì si rivolse all'imperatore, che accolse l'appello e scese in Italia. I romani, temendo l'intervento di Ottone, ristabilirono nella sede il pontefice espulso, che però di lì a poco morì (aprile 996).
Crescenzio allora non osò far eleggere un nuovo papa, senza consultare l'imperatore: inviò così un'ambasceria a Ottone III, che allora si trovava a Ravenna. L'imperatore avocò a sé l'elezione papale scegliendo, per di più, il candidato non fra il clero romano, ma tra la sua parentela: elesse infatti un suo cugino, un chierico di 23 anni, che prese il nome di Gregorio V (996-999).
Seguì la formalità dell'elezione canonica e il nuovo pontefice, nel maggio 996, incoronò a Roma l'imperatore Ottone III. Ma erano passati tre mesi, da che l'imperatore era tornato in patria, e a Roma scoppiò una rivolta, capeggiata da Crescenzio, che costrinse Gregorio V a fuggire a Pavia, mentre a Roma si eleggeva un antipapa, il greco-calabrese Giovanni Filogato, vescovo di Piacenza, che prese il nome di Giovanni XVI. Contro tali disordini intervenne Ottone III che punì severamente Crescenzio e i ribelli, ristabilendo Gregorio V (29 aprile 998).
Il giovane imperatore tentò allora di realizzare il suo piano grandioso di rinnovamento dell'impero d'Occidente, la renovatio imperii Romanorum. Suo intento era non di tornare in Germania, bensì di fare Roma capitale effettiva dell'impero. Fissò la sua dimora sull'Aventino, a quel tempo ricco di monasteri. Il giovane imperatore vagheggiava una stretta unione tra i due poteri, ma con un predominio dell'impero sulla Chiesa.
L'ideale di Ottone III sembrò raggiunto quando, alla morte di Gregorio V, fece eleggere il suo antico maestro, il francese Geberto di Aurillac, già nominato nel 998 arcivescovo di Ravenna, che prese il nome di Silvestro II (999-1003). Papa e imperatore sono i "duo principes", secondo la concezione gelasiana; ma Ottone III non è semplicemente l'"advocatus s. Petri", come l'aveva chiamato Gregorio V, al momento dell'incoronazione (996), bensì si considerava il vero capo della cristianità, con il diritto di giudicare il papa e di provvedere alla sua elezione.
Il piano di Ottone III fallì per l'opposizione dei Romani che non volevano un padrone così potente nella loro città. Al principio del 1001 egli dovette fuggire da Roma con Silvestro II, morendo nel castello di Paterno, presso il Soratte, il 23 gennaio 1002. Un anno dopo (12/1/1003) morì pure papa Silvestro II.
Il programma imperiale di Ottone, anche se non andò in porto, suscitò forti critiche già nei contemporanei; specie il suo proposito di stabilirsi a Roma, mentre turbò i rapporti tradizionali tra i due poteri, poiché il pontefice veniva ora messo alla mercé dell'imperatore. Questa renovatio, basata sul diritto romano, costituirà invece il fondamento dottrinale di Enrico IV e dei suoi difensori contro Gregorio VII. Notevole però fu lo stimolo alla riforma del papato e della chiesa suscitato dallo zelo dell'imperatore che raccolse e fece penetrare a Roma le idee riformatrici che maturavano nella Chiesa, specie oltr'Alpe.