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Niccolò II

Con Nicolò II (1059-1061), cessò la soggezione del papato all'impero


Con il successore, Nicolò II (1059-1061), cessò la soggezione del papato all'impero. Al concilio del Laterano del 13 aprile 1059, fu pro­mulgato un Decreto con il quale si rimetteva l'elezione del papa nelle mani dei cardinali, rovesciando così il regime preceden­temente stabi­lito che sottoponeva la Santa Sede alla tutela imperiale.

Fu una rivoluzione dovuta all’elezione di Stefano IX e alle teorie enunciate dal card. Umberto di Silvacandida. Due le redazioni del documento, designate come versione pontificia e versione imperiale. La versione pontifica fissa la procedura eletto­rale nei termini:

"Decretiamo e stabiliamo che alla morte del pon­tefice di questa chiesa romana univer­sale i cardinali-vescovi pren­deranno tutti i provvedi­menti del caso, poi convocheranno gli altri cardinali "clerici'. Dopo la loro scelta, gli altri eccle­siastici e il po­polo daranno il loro con­senso al­l'avvenuta elezione. Affinché il veleno della simonia non si infiltri sotto speciosi prete­sti, l'ele­zione sarà fatta prima dal clero e poi dagli altri (...) restano però salvi l'onore e la ri­verenza dovuti al nostro diletto figlio Enrico, at­tualmente re, ma presto speriamo, impe­ratore, per gra­zia di Dio e ai suoi successori".

La versione imperiale, a lungo preferita dagli storici, ma di cui oggi è stata dimostrata la falsità, differisce in due punti essenziali: sopprime il privilegio dei cardinali vescovi e fa in­tervenire il re di Germania, fin dall'inizio dell'elezione.

Il Decreto di Niccolò II, come risulta dalla versione pontificia, affida l'elezione del papa ai cardinali vescovi, ai quali unica­mente spetta la tracta­tio, cioè la vera elezione; i cardi­nali clerici dovevano essere consultati solo in un secondo tempo, mentre clero inferiore e po­polo si limitano ad acclamare il neo-eletto. Vengono così aboliti i diritti dell’imperatore che, per circa un secolo, era stato il vero arbitro dell’elezione.

Il collegio dei cardinali, dal VI secolo in poi, comprendeva -come sopra è stato riferito- solo i presbiteri o gli arcipreti delle 25 chiese titolari, cioè della quasi-par­rocchie (paroikìai cioè comunità di forestieri, Ebr. II, 13-16) di Roma col nome di presbyteri cardinales (da cardo, cardines, che fanno da so­stegno). Furono poi ammessi, quali aiutanti del papa nelle cerimonie li­turgiche e nell'amministrazione del patrimo­nio del go­verno della Chiesa, i diaconi-cardines, cioè i 7 diaconi regionari romani incaricati dell'assi­stenza ai poveri. Si aggiunsero inoltre i vescovi delle 7 diocesi suburbi­carie (Ostia, Porto, Albano, S. Rufina o Silva candida -da Calisto II unita con Porto- Sabina, Tusculum Frascati, Praeneste-Palestrina). Il numero dei cardinali nel secolo XI era salito a cinquanta­tre: 7 cardinali vescovi, 28 car­dinali preti, 18 cardinali diaconi. La loro posizione aumentò notevolmente dal 1059, quando fu loro riservato il di­ritto esclusivo dell'elezione del papa.

Il sinodo lateranense, del 1059, emanò anche degli energici de­creti per l'at­tuazione della riforma ecclesiastica.

Al clero con­cubinario fu comminata la sco­munica e ai laici fu proibito di assi­stere alla loro messa (can. 3). Il clero fu esortato a riprendere la vita apostolica co­mune (can. 4), vita canonica rimessa in auge dal vescovo di Metz Crodegando (+ 766) e che, favorita da Carlo Magno, si era dif­fusa presso le cattedrali vescovili e presso le chiese maggiori. Fu inoltre vie­tato di ricevere una chiesa da mano laica, il primo divieto dell'investi­tura laica (can. 6) e biasimata la simonia (can. 9): "nessun ecclesiastico o prete può ricevere gratis o pagando, in nessun modo, una chiesa dalle mani di un laico". Con questo ca­none Niccolò II interdiceva l'investitura laica sedici anni prima di Gregorio VII.

Non si trattò ancora di una condanna di principio: nessuna sanzione era infatti prevista contro coloro che contravvenissero alla prescrizione pontifi­cia; ma era la prosecuzione della riforma morale del clero iniziata dieci anni prima da Leone IX e allo stesso tempo il primo passo verso la sop­pressione delle investi­ture laiche.