Modernismo
L’eresia modernista ha rappresentato la grande sfida dottrinale e pratica dell’inizio del secolo scorso
Questo perché non è un movimento strutturato organicamente né un corpo di dottrine elaborate, ma più che altro è una tendenza sparsa, un orientamento diffuso tra gli intellettuali di diverse nazionalità che non condividevano neppure le stesse idee. Il primo problema che si pone parlando del modernismo è, dunque, quello di definirlo. Il papa Pio X nel condannare tale eresia nell’enciclica Pascendi del 1907 la definì come il ricettacolo di tutte le eresie. Volendo proprio trovare una definizione si potrebbe dire che il modernismo è un insieme di principi filosofici e teologici comuni alla maggior parte degli autori sospettati o condannati. Questi presupposti comuni sono:
- l’idea che l’esperienza religiosa è innanzitutto un’esperienza interiore e soggettiva, considerata unica via d’accesso a Dio (dottrina immanentista);
- l’idea che la ragione umana sia incapace di conoscere Dio o almeno di dare prove obiettive della sua esistenza con il conseguente rigetto di tutta la tradizione metafisica occidentale e di ogni conoscenza non sperimentabile (teoria dell’agnosticismo);
- l’idea che le verità di fede (i dogmi) non sono intangibili perché non sono atemporali, ma sono le espressioni passeggere e transitorie di un momento della coscienza religiosa dell’umanità, cioè sarebbero condizionati dalla storia (errore dello storicismo);
- l’idea di un adattamento alla cultura moderna e alle sue esigenze sul piano della conoscenza scientifica, del cattolicesimo, che doveva essere purificato da tutti quegli elementi che erano visti come contingenti e soggettivi (subordinare la fede alla ragione);
Tale adattamento è stato concepito in maniera differente a seconda dei vari autori:
- Modernismo radicale: l’idea di ricostruire un neo-cattolicesimo purificato dai vecchi dogmi;
- Modernismo moderato: l’idea di un cattolicesimo spolverato e fondato sulla riconciliazione tra l’autorità e il magistero e il progresso scientifico, tra la Dio e la scienza, tra la verità di fede e la verità di ragione vista come verità scientifica;
Quindi il modernismo si può intendere in 2 sensi:
- in senso stretto, quando si parla di un modernismo sapiente o scritturale e teologico, cioè del tentativo di applicare alla Sacra Scrittura e alla storia della Chiesa il metodo storico-critico usato per le scienze. In tal senso il modernismo riguarda soprattutto i rapporti tra la ragione scientifica e la fede e la crisi modernista che condannata nel 1907 portò alla separazione ragione/fede;
- nel senso lato, si è parlato di modernismo pratico, cioè sociale e politico, visto come il tentativo di costruire un ordine sociale e politico privo di ogni riferimento alla trascendenza e all’esistenza del soprannaturale. In questo senso, il modernismo riguarda i rapporti tra la politica e la morale portando alla loro separazione radicale o confusione totale;
Le due ideologie condannate sotto l’accusa di modernismo sono il democraticismo e il nazionalismo.
Le origini della crisi modernista sono da ricercarsi in quel risveglio culturale dei cattolici dell’Europa occidentale (Francia, Germania, Belgio, Italia), incoraggiato da papa Leone XIII, che auspicando un ritorno a alla filosofia di s. Tommaso, riabilitava, in qualche modo, i diritti della ragione e quindi si dava una certa autonomia alla ricerca razionale. Accanto a ciò, bisogna considerare anche lo sviluppo delle scienze ecclesiastiche, quali la storia della Chiesa e la teologia biblica, che ebbero la conseguenza inattesa di provocare uno scarto crescente tra:
- l’insegnamento tradizionale della Chiesa insegnato nei seminari, fondato su un’interpretazione letterale della Bibbia e fatta con il commento teologico autorevole del magistero della Chiesa;
- le recenti scoperte della scienza, per quanto riguardava la storia dei primi secoli della Chiesa oppure scoperte fatte dall’esegesi critica per quanto riguardava l’interpretazione dei testi biblici;
Tale scarto provocò un divorzio tra l’insegnamento della Chiesa e le scoperte fatte dalla scienza. Infatti era grande la tentazione, in seno ad un gruppo ristretto d’intellettuali cattolici, chierici e laici, di voler riformare l’insegnamento della Chiesa, di voler uscire da un certo fissismo teologico e di creare una nuova verità cristiana, adattata alle nuove esigenze, capace di rispondere alle nuove domande della scienza. I due campi in cui si è sviluppata quest’esigenza sono:
Il campo della critica storica
Sviluppatasi grazie all’applicazione del metodo storico-critico alla storia della Chiesa, verso la fine del ‘800 soprattutto a Tubinga e a Monaco. Questo nuovo approccio, fondato sullo studio dei documenti e non più sulla ripetizione di tradizioni più o meno fondate, si diffuse anche a Roma, soprattutto grazie alla riapertura degli archivi vaticani. Questa nuova scuola della storia della Chiesa fu illustrata da due figure straniere:
- Ludwing von Pastor, austriaco, autore di una Storia dei papi in 16 volumi, che nel 1901 fu nominato direttore dell’Istituto storico austriaco di Roma;
- Mons. Luigi Duchesse, francese, autore di una serie di pubblicazioni sui primi secoli della Chiesa;
Questi autori volevano essere riconosciuti come scienziati e il loro scopo principale, quando facevano storia, era quello di mantenere la distinzione tra il piano della ricerca storica, fondata sui documenti e il piano dell’apologetica, fatta di tradizioni pie sull’origine della Chiesa non comprovate da documenti. Ma facendo questa distinzione ben presto furono accusati di modernismo e le loro opere furono messe all’indice.
Il campo della critica biblica
Sviluppatasi grazie all’applicazione del metodo storico-critico e delle discipline connesse (filologia, archeologia) all’esegesi, dando luogo soprattutto nelle Università protestanti tedesche, a tutta una serie di pubblicazioni scientifiche accolta con scetticismo e diffidenza negli ambienti cattolici, in quanto tali studi, soprattutto del NT, sembravano escludere ogni possibilità di intervento del soprannaturale nel mondo e quindi di interpretare le Scritture senza tenere conto che si trattava di un testo rivelato;
L’esegesi biblica ebbe un risveglio negli anni ’90 con la fondazione della Scuola Biblica di Gerusalemme, fondata dal domenicano francese Marie-Joseph Lagrange, ben presto sospettato di modernismo e della rivista biblica (la Revue Biblique nel 1891).
La pubblicazione, nel 1893, dell’enciclica Provvidentisimus Deus di Leone XIII si presentava come un richiamo ai principi tradizionali in materia di esegesi, quali l’inerranza biblica, auspicando uno studio della Bibbia più confacente al tempo. Ma tale enciclica, che deluse gli ambienti più progressisti, non frenò la ricerca biblica, tant’è vero che, nel 1897 ci fu a Friburgo un congresso scientifico cattolico internazionale durante il quale furono presentate due relazioni del padre Lagrange e del barone von Hügel, che mettevano in dubbio l’autenticità dell’ispirazione mosaica del Pentateuco. Nel 1902 veniva istituita come organo di controllo una Commissione biblica pontificia. Ma fu proprio nel 1902 che scoppiò la polemica in seguito alla pubblicazione del libro Il vangelo e la Chiesa dell’esegeta francese Loisy, già professore dei esegesi biblica e di sacra scrittura all’Università cattolica di Parigi. Questo libro, scritto con un intento apologetico contro le tesi dell’esegeta protestante von Harnack che aveva pubblicato L’essenza del cristianesimo, creò scandalo perché tendeva a introdurre una netta distinzione tra il Regno di Dio annunciato da Gesù e la Chiesa con i suoi dogmi, per cui fu censurato.
La reazione della Chiesa
La Chiesa reagì aspramente a tale questione, soprattutto nella figura del nuovo papa Pio X, al secolo Giuseppe Sartò, che come primo atto del suo pontificato mise all’indice gli scritti di Loisy . Già come arcivescovo di Venezia e come vescovo di Mantova, aveva cercato di mettere in guardia i cattolici da un cristianesimo moderno in lotta per soppiantare l’antico e nella sua prima allocuzione concistoriale del 1903, aveva dichiarato che suo dovere era quello di difendere la verità della legge di Cristo. Nei primi 4 anni del suo pontificato vennero messi all’indice ben 24 opere e nello stesso tempo, i vescovi pubblicarono delle lettere pastorali per avvisare i fedeli dei pericoli del metodo storico-critico. I documenti contro il modernismo furono:
- il decreto del Santo Uffizio Lamentabili del 1906, che era un elenco del tipo del Syllabus errorum, che condannava 65 proposizioni ritenute erronee;
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l’enciclica Pascendi Dominici gregis del 1907, che mirava alla condanna di due errori:
- l’agnosticismo, cioè l’incapacità della ragione umana di conoscere Dio, di dare prova della sua esistenza e di fornire motivi credibili della rivelazione;
- l’immanentismo, cioè la pretesa di ridurre la fede ad un puro sentimento religioso legato ad una esperienza interiore del divino;
L’enciclica annunciava tutta una serie di misure tendenti a combattere l’eresia modernista:
- si raccomandava il ritorno al tomismo;
- il divieto di pubblicazione e di lettura delle opere infette da modernismo;
- l’istituzione di una Commissione di Vigilanza sull’ortodossia della fede;
- l’introduzione della censura sui giornali e sui periodici cattolici;
Dopo la condanna del modernismo con tale enciclica, ci fu un inasprimento della repressione modernista e la moltiplicazione degli interventi della congregazione dell’indice, che arrivò a condannare 69 libri tra il 1907 e il 1914. A partire dal 1910, fu introdotto l’obbligo del giuramento antimodernista per tutto il clero cattolico, tranne che per quello tedesco, il cui scopo era quello di smascherare quei preti criptomodernisti. Nacque anche una rete segreta internazionale antimodernista ,il Sodalitium pianum, guidata da Mons. Benigni. Tal repressione giunse al suo culmine nel 1912/13, quando diverse Università cattoliche furono sospettate di modernismo (Scuola Biblica di Gerusalemme, la facoltà di Friburgo, l’Istituto cattolico di Parigi).
Anche alcuni movimenti come la Democrazia Cristiana in Italia e Le Sillon in Francia caddero in questa repressione prima con l’enciclica di Leone XIII Graves de communi del 1901, poi con Pio X che colpì gli ambienti cristiano-democratici. Leone XIII aveva ridotto l’esperienza della Democrazia Cristiana al solo senso sociale ed escludeva quello di un’azione politica cristiana, mentre Pio X condannò nel 1906, Romolo Murri che aveva fondato la Lega democratica nazionale di ispirazione cristiana, che cercava di promuovere delle trasformazioni sociali e propugnava soprattutto una riforma interna della Chiesa. In Francia invece venne condannato Le Sillon (di sinistra) fondato dal giovane laico francese Marc Sangnier, accusato dall’episcopato francese di modernismo sociale e di voler mescolare la religione alla politica e, inoltre, di identificare il messaggio evangelico con la democrazia.
Il movimento modernista partì, dunque dalla Francia con le opere di Loisy, ma si diffuse in tutti i paesi cattolici occidentali, tranne la Spagna. Altri modernisti importanti da ricordare sono:
- George Tyrell, anglicano convertito al cattolicesimo, si fece gesuita e poi fu espulso e scomunicato con l’enciclica Pascendi;
- Ernesto Buonaiuti, che nel 1895 fondò una rivista storico-critica delle scienze teologiche e dopo l’enciclica Pascendi, scrisse l’opuscolo Programma dei modernisti come risposta critica all’enciclica, per cui fu anch’egli sospeso e scomunicato;
Ciò che distingue il modernismo italiano da quello francese e tedesco è una preoccupazione apostolica, nel senso che i modernisti italiani non volevano solo misurarsi con gli altri esegeti, ma soprattutto miravano ad approfondire la cultura religiosa del cattolico medio del tempo.