Laterano III (1179)
Per confermare la pace e la fine dello scisma Alessandro III nel 1179 convocò il terzo Concilio Lateranense
Alessandro III, tornato a Roma nel marzo 1178, si mostrò indulgente verso l’antipapa Callisto III, il quale fece atto di sottomissione. Ci fu anche un quarto antipapa, Innocenzo III (1178-80), eletto dalla nobiltà romana, ma il fatto fu irrilevante.
Alessandro III, a conferma della pace, celebrò poi, nel 1179, il terzo Concilio lateranense, ecumenico XI°, presenti 312 arcivescovi e vescovi.
Ultimo grande concilio del sec. XII, che raccoglie e sviluppa coerentemente l'eredità dei due precedenti concili lateranensi, fu convocato da Alessandro III all'indomani della pace di Venezia, che sanava lo scisma prodottosi con la doppia elezione del 1159 e il conflitto scoppiato fra la Chiesa e l'imperatore Federico I Barbarossa.
Ancora una volta il concilio era chiamato a ricomporre l'unità interna della Chiesa e a dare forma ad un assetto costituzionale e politico della respublica Christiana, ponendo nuovi e più sicuri termini fra potere secolare e sacerdotium.
Fu anche l'occasione per un irrobustimento della normativa canonistica preparando, come nessun altro sinodo prima di esso, l'avvento di un vero e proprio corpo di legislazione della Chiesa. Il discorso inaugurale fu fatto dal canonista Rufino, vescovo di Assisi.
Fra i decreti emanati (27 in tutti), di capitale importanza è il can. 1 (Licet de vitanda) in cui si prescriveva, per la validità dell'elezione papale, i due terzi dei voti dei cardinali, ai quali spettava in maniera esclusiva il diritto di elezione. Fu una tappa fondamentale nel processo mediante il quale i cardinali acquistarono una posizione di superiorità rispetto ai vescovi; ma segnò anche l'abbandono del principio della maior et sanior pars, per quello del principio maggioritario, regola generale e obbligatoria per ogni atto capitolare e collegiale.
Il secondo canone, sulla scia delle norme emanate da Innocenzo II, dichiara nulle le ordinazioni fatte dai tre antipapi. Il can. 3 disciplina l'assunzione delle dignità ecclesiastiche, condizionando l'elezione all'episcopato al raggiungimento del trentesimo anno di età e alla legittimità dei natali; per i ministeri inferiori, con annessa cura d'anime, il raggiungimento del venticinquesimo anno di età, la sufficienza di dottrina e l'onestà dei costumi.
Il can. 4 intese contenere le spese eccessive degli ecclesiastici in visita pastorale, prescrivendo per i visitatori arcivescovi, vescovi, arcidiaconi e decani il tetto delle persone al loro seguito. I cann. 5 e 6 disciplinano le ordinazioni di chierici e l'amministrazione della scomunica da parte dei vescovi. I cann. 7 e 8 riaffermano la proibizione della richiesta di compenso per la celebrazione dell'ufficio funebre e regolano la collazione delle prebende. I cann. 9 e 10 dispongono in materia di ordini cavallereschi, in particolare dei Templari e degli Ospedalieri.
Il can. 18 dispone l'istituzione, presso ogni cattedrale, di una scuola gratuita di teologia per chierici e scolari poveri. Il can. 12 rinnova la proibizione ai chierici di immischiarsi nei negozi secolari. Con il can. 20 si tornano a proibire i tornei cavallereschi. Il can. 21 dispone sulla tregua di Dio; il 23, sulla istituzione dei lebbrosari.
Con il can. 26, dove è condannata l'usura, si inaugura quella legislazione antiebraica che troverà il suo sviluppo durante il pontificato di Innocenzo III.
Probabilmente il concilio si occupò anche degli errori di Pietro Valdo e dei suoi seguaci, che avevano cominciato a predicare a Lione (circa il 1176) contro il lusso e i vizi del clero, invocando la Bibbia, presentata al popolo nella propria lingua. Con il can. 27 ci si limitò a rinnovare la proibizione di predicare senza l'autorizzazione ecclesiastica, mentre fu presentato un vero e proprio programma di lotta contro l'eresia catara che si era sparsa nella Francia meridionale.
Terminato il Concilio, Alessandro III dovette di nuovo fuggire da Roma e la morte lo colse a Civita Castellana nel 1181.
Gli immediati successori di Alessandro III non furono molto più fortunati di lui nell'affermare il dominio temporale dei papi di fronte alle aspirazioni repubblicane e alle inaccettabili pretese finanziarie dei Romani. E negli ultimi venti anni del secolo XII, fino a Innocenzo III, ci fu un certo indebolimento anche nel prestigio e nell'autorità internazionale del papato.