La rivoluzione francese
La rivoluzione francese del 1789 segna l’inizio dell’età contemporanea
Avvenimento chiave non solo per la storia politico-economica della Francia e dell’Europa, ma anche per la storia della Chiesa. Infatti tale avvenimento fu interpretato come rottura per almeno 2 punti di vista:
- da quello dei rapporti Chiesa/Stato, problema della laicizzazione dello Stato, o meglio della separazione tra la cittadinanza e la confessionalità, basata sul trincio della libertà di coscienza;
- da quello dei rapporti religione/società, problema della secolarizzazione, caratterizzato da un regresso delle pratiche religiose, delle vocazioni e dell’influenza della Chiesa nella società;
La Chiesa non si è opposta alla Rivoluzione Francese sin dall’inizio, ma solo successivamente, come si evidenzia dagli eventi sviluppatisi in varie fasi:
1° fase (1789-1790)
In questa fase si può parlare di un periodo di concordia iniziale tra la Chiesa e la Rivoluzione Francese. Infatti nel 1789, il clero francese, soprattutto il povero basso clero, era favorevole al movimento delle riforme, tant’è vero che in seno all’assemblea convocata da Luigi XVI per rispondere a questo desiderio di riforme, la maggior parte di esso si schierò dalla parte del Terzo Stato (borghesia) e permise così la trasformazione degli Stati generali in una Assemblea nazionale, primo passo decisivo nel processo rivoluzionario. L'ultimo re di Francia Luigi XVI avrebbe detto "questi maledetti preti che hanno fatto la rivoluzione". La società francese era divisa in tre ordini: il clero che si divideva tra l'alto clero e il basso clero, secondo ordine del regno era la nobiltà il terzo si chiamava terzo stato, che rappresentava tutto il resto della società francese. Essendo 3 i voti il sistema non ammetteva il pareggio. Il più delle volte il Terzo Stato era svantaggiato, perché in qualche modo gli interessi dei nobili e del clero coincidevano: era sufficiente che questi emettessero due voti a favore per ottenere la maggioranza. Gli stati generali erano una limitazione al sovrano, si riuniscono quando c'è una certa questione grave da affrontare. Quando le cose cominciarono ad andare male nel 1788 il re di Francia convocò per il maggio dell'anno successivo i cosiddetti stati generali, vi fece appello per affrontare la crisi finanziaria che stava assillando la Francia, un'assemblea tricamerale composta da rappresentanti dei tre ordini. La metà di questa assemblea era rappresentata da delegati del clero e della nobiltà che rappresentavano solo il 2% della popolazione francese. Ogni ordine votava separatamente, era un'assemblea tricamerale, non si votava per persona, questo avrebbe permesso al Terzo Stato di essere almeno la metà dei votanti, così non era invece. Questa assemblea si è autoproclamata assemblea nazionale, cioè depositaria della sovranità della nazione, questo passaggio, questo trasferimento del tutto determinante per l'esito della rivoluzione è stato reso possibile perché il basso clero si è unito al terzo stato per costituire questa assemblea nazionale. Una parte della Chiesa ha quindi contribuito a favorire all'inizio la rivoluzione. La trasformazione quindi degli stati generali in assemblea nazionale. Il basso clero condivideva molte critiche della popolazione francese, era a contatto con la gente. Alla vigilia della rivoluzione francese furono fatti dei quaderni di lamentele, veniva scritto tutto quello che non andava bene, e in molti casi sono i parroci, il basso clero ad averli scritti a essersi fatti traduttori di questa esigenza. Si era creato un'abisso tra l'alto clero e il basso clero. Fu determinante questo atteggiamento del basso clero. Di questo periodo bisogna ricordare due figure che simbolificano questa adesione:
- Emmanuele Sieyès, autore di Che cos’è il terzo stato?, una sorta di appello alla resistenza contro l’assolutismo regio;
- Enrico Grégoire, parroco e sostenitore dell’emancipazione degli ebrei e contro la schiavitù degli uomini di colore. Rimane una figura controversa non molto ben vista nel mondo cattolico, ma celebrata dal mondo laico. Egli incarnò una forma di “Illuminismo cattolico” con idee progressiste, come è evidente nel suo intervento per la compilazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, in cui volle che fossero riconosciuti anche i doveri dell’uomo verso il Creatore, ma non vi riuscì. L'adozione di questo testo fu una prima sconfitta per la Chiesa ma soprattutto per i preti che avevano aderito alla rivoluzione. Se si legge i preamboli della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, nell'ultima frase del preambolo c'è un riferimento alla trascendenza a un essere supremo che però non è il Dio della rivelazione cristiana, siamo più sulla linea del deismo settecentesco. L'articolo 10 afferma che nessuno deve essere molestato per le sue opinioni anche religiose purché non turbi l'ordine pubblico, è la fine della religione di stato. Novembre dell'1789 l'assemblea decise l'alienazione dei beni ecclesiastici, la loro nazionalizzazione, un'ulteriore passo verso la rottura tra la Chiesa e la rivoluzione dopo una prima fase di concordia. Rottura provocata dalla votazione di un altro testo che riguardava più direttamente la Chiesa che è la costituzione civile del clero del 12 Luglio del 179. Tale dichiarazione vista come una pericolosa per la Chiesa fu condannata dal papa;
2° fase (1790-1791)
In questo periodo l’Assemblea Nazionale, che voleva costituire una Chiesa Nazionale staccata da Roma e dipendente dallo Stato, promulga la Costituzione civile del clero, che riorganizza, secondo la tradizione gallicana, in modo democratico la Chiesa Francese, i cui punti salienti sono:
- riorganizzazione delle diocesi sulla base dei dipartimenti;
- elezione democratica dei vescovi e dei parroci;
- conferimento ai Metropoliti e non più al papa dell’autorità di istituire i vescovi;
- abolizione dei benefici della Chiesa;
Inoltre nel 1790 fu inserito l’obbligo per i preti del giuramento alle costituzioni e al re, che portò come conseguenza la divisione del clero in:
- Preti Refrattari, non giurati, che comprendeva tutti i vescovi e anche una parte significativa del giovane clero;
- Preti Costituzionali, giurati, in leggera maggioranza;
A tale situazione, dapprima Pio VI, per paura di uno scisma non intervenne, poi condannò tale costituzione con 2 testi:
- Quod Aliquantum, dove si condanna la Costituzione civile e la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino. La costituzione civile non mira ad altro che all'abolizione della religione cattolica e con questa l'obbedienza dovuta al re.
- Caritas, col quale dichiarò la sospensione di quei preti costituzionali che non avessero ritrattato entro 40 giorni e dichiarò invalide le elezioni fatte.
Si giunse alla divisione della Chiesa in 2 parti:
- la Chiesa Costituzionale, riconosciuta dallo Stato, sottomessa al potere
- la Chiesa Clandestina, fedele a Roma, i cui membri furono perseguitati, sicché parecchi esiliarono, anche in Italia e nello Stato pontificio, ci fu il fenomeno dell'emigrazione sacerdotale, dovettero lasciare la Francia in quel momento.
3° fase (1792-1798)
In questo periodo si assistette alla caduta della monarchia e l’inizio di una nuova politica, che pretendeva di sostituire il cristianesimo con una nuova religione, in quanto la Chiesa era definita nemica della nazione e quindi andava eliminata. In tal modo furono uccisi i preti refrattari (circa 300 nelle prigioni di Parigi), questi preti furono successivamente beatificati come martiri della fede, la rivoluzione era visto come qualcosa di satanico. Fu questo contesto che provocò la reazione della Vandea, una terra contadina rimasta profondamente attaccata alla monarchia e alle Chiesa, ci fu una rivolta che simbolizza la rivolta della frangia cattolica contro questa politica antireligiosa, una rivolta armata, questo divenne la prova della Chiesa nemica della rivoluzione. Questa rivoluzione fu brutalmente repressa. Tale politica di scristianizzazione del 1793-94, si concretizzò con:
- la laicizzazione dello Stato civile;
- la chiusura dei luoghi di culto;
- l’adozione di un nuovo calendario;
- soppressione delle domeniche e feste religiose a favore di nuove feste laiche;
- la profanazione dei cimiteri, non c'è alcuna speranza di resurrezione;
- tentativo di instaurare un nuovo culto, della Ragione, o dell’Essere supremo. Non siamo ancora nell'ateismo contemporaneo, c'è ancora bisogno di una religione, ma questa doveva essere puramente razionale.
Tale periodo di politica del “terrore” finì con la morte di Robespierre, in cui ci fu un ritorno ad una forma di tolleranza, ma sotto il periodo del Direttorio ci fu una nuova politica religiosa tendente alla separazione tra la Chiesa e lo Stato. A tal proposito:
- nel 1794, è soppresso dal bilancio dello Stato, il “bilancio dei culti”;
- nel 1795 è proclamata la libertà di culto;
- nel 1797 riprendono le persecuzioni e le deportazioni di preti accusati di essere fautori di ribellione
Ma nonostante gli sforzi del governo per ristabilire la pace religiosa, prevalse una gran confusione, perché da un lato ci fu la Chiesa Costituzionale scismatica e non più sostenuta dal governo, dall’altro lato ci fu la Chiesa Cattolica francese, divisa in se stessa tra quelli che accettarono la sottomissione al governo e coloro che rifiutarono.
4° fase della rivoluzione: riconciliazione e pacificazione (1799-1814)
Napoleone Bonaparte, divenuto Primo Console di Francia, a seguito del colpo di Stato del 1799, cercò di risolvere la questione religiosa dando una nuova esistenza legale alla Chiesa Cattolica francese, infatti aveva capito che non si poteva fare a meno del cristianesimo, e che non poteva esistere una nazione senza una Chiesa: idea dell’utilità sociale della religione che aiuta a mantenere l’ordine sociale, ma la Chiesa non era indipendente, era parte dello Stato. C'è una strumentalizzazione della religione, c'è bisogno di una religione, essendo in Francia questa religione era la religione cattolica. Non concepiva una Chiesa indipendente dallo Stato visto che serviva ai fini dello stato la religione. Quindi il 15 Luglio del 1801 Napoleone stipulò con la Santa sede un concordato rimasto in vigore fino alla legge di separazione del 1905, dopo otto mesi di trattative in quanto le problematiche da risolvere erano varie:
- la questione dei vescovi costituzionali;
- la questione dei beni ecclesiastici, precedentemente nazionalizzati;
- la questione dello statuto giuridico della religione, cioè se il cattolicesimo doveva essere riconosciuto come religione di Stato o come religione della maggioranza dei francesi;
Il concordato, che prese il nome di Convenzione tra Sua santità Pio VII e il governo francese è costituito da un preambolo e 17 articoli:
- nel preambolo si stabilisce che il governo francese riconosce “la religione cattolica, apostolica e romana, come la religione della grande maggioranza dei francesi”, si tratta di un riconoscimento di fatto non di diritto, non fa della religione cattolica la religione dello stato ma quella della maggioranza dei cittadini, ci sarà un accordo di Napoleone anche con protestanti ed ebrei;
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gli articoli prevedono delle disposizioni concrete:
- 1° riconosce la libertà di professare la religione cattolica pubblicamente e di poterne celebrare il culto. Le due richieste della Santa Sede riguardavano la libertà di culto e di pubblicità, potevano celebrare il culto pubblicamente quindi, queste erano alla base dell'accordo, senza questo la Chiesa non avrebbe accettato;
- 2° prevede la ristrutturazione delle diocesi francesi, da parte del papa con l’accordo della Francia;
- 3° prevede la rinuncia dei vescovi francesi alla propria sede, disposizione voluta dal governo francese e contraria alle tradizioni canoniche, che ha permesso il rafforzamento del controllo di Roma sui vescovi, decretando la fine dell’antico gallicanesimo. Poteva così la Chiesa ricostruire tutta la gerarchia della Chiesa francese;
- 4° prevedeva che la nomina dei vescovi dovesse essere fatta dal governo francese, ma il conferimento dell’istituzione canonica spettava al papa;
- 13° sanziona la rinuncia della Santa Sede ad esigere la restituzione dei beni ecclesiastici alienati;
- 17° costituisce l’assunzione, da parte del governo, dell’onere di fornire uno stipendio ai vescovi e ai preti;
Nel 1802, Napoleone farà votare gli “Articoli organici”, che avrebbero dovuto essere norme di attuazione al Concordato, ma che non furono riconosciute da Roma, in quanto minacciate di rafforzare il controllo dello Stato sulla Chiesa. Questo fu un atto unilaterale non bilaterale come il concordato. Questi articoli cercarono di limitare il concordato, ma era un atto unilaterale, non accettato dalla Chiesa. Quindi, all’inizio i rapporti Napoleone/Papa erano relativamente buoni, poi quando il primo cercò di asservire allo Stato il potere spirituale, tali rapporti si incrinarono:
- nel 1804 il papa Pio VII consacra a Parigi Napoleone Imperatore, il 2 dicembre nella cattedrale di Notre Dame. Il Papa insiste alla cena ma non si fece incoronare dal Papa, Napoleone si incoronò da solo. Napoleone che era visto come l'uomo che aveva ristabilito la pace religiosa, così è stato inizialmente, non era visto affatto come un demonio;
- nel 1809 Pio VII, rifiutò di aderire al blocco continentale decretato da Napoleone contro l’Inghilterra, cosa che portò all’annessione dello Stato Pontificio da parte della Francia e la deportazione dello stesso papa a Savona. In linea con la tradizione di neutralità il Papa non ha voluto intervenire, e da qui il rapporto tra Napoleone e il Papa si è incrinato. Il raffreddamento era anche dovuto alla politica religiosa di Napoleone che in tutti i territori conquistati in cui la religione era sottomesso alla politica dello stato. Così c'è una seconda occupazione di Roma a partire dal 2 Febbraio 1808 sino alla sconfitta di Napoleone del 1814. Ci fu non solo l'annessione dello Stato Pontificio alla Francia, ma anche la deportazione e l'arresto del Papa, prima a Savona e poi in Francia;
- nel 1811 a Parigi, fu convocato un concilio nazionale, che ebbe come scopo quello di conferire ai metropoliti l’autorità di istituire i vescovi, cosa che, però, non riuscì a fare. Il problema che si poneva era quello delle sede vacanti, il papa si rifiutava di conferire l'istituzione canonica ai vescovi nominati da Napoleone che ha cercato di agirare questo convocando un concilio nazionale in Francia, che avrebbe permesso di dare questa istituzione canonica ai metropoliti e non al Papa, questo concilio non riuscì in questo senso;
- nel 1813 l’imperatore costrinse il papa, che nel frattempo era stato trasferito e imprigionato a Fontainebleau, a stipulare un nuovo concordato, disconosciuto successivamente dal papa;
- nel 1814 ci fu la sconfitta militare di Napole e il papa Pio VII il 24 maggio torna trionfalmente a Roma;