Eresie
A partire dal secolo XI, accanto ad esperienze ortodosse, ci furono anche manifestazioni religiose di tipo nettamente ereticale.
Le parti della cristianità occidentale maggiormente interessate al movimento ereticale furono: Francia, Italia, Inghilterra normanna e la Lotaringia, zona di confine dei Paesi Bassi e dell'Impero.
Le cause vanno individuate nei mutamenti economici, sociali e politici del tempo. In particolare la ricchezza e la potenza della Chiesa apparivano spesso come una fonte di gravi mali; e gli eretici del tempo ne trassero argomento per le principali accuse contro di essa.
Costoro, che coltivarono l'ideale della povertà evangelica e della predicazione itinerante, fecero la loro prima apparizione, nella prima metà del secolo XI, nelle campagne d'Italia e di Francia. Si trattò di piccoli focolai ereticali, di scarsa vitalità e potere di diffusione. Difficile interpetrarne la natura per la frammentarietà e poca chiarezza delle testimonianze relative. Notevole la loro contemporaneità.
In Francia, nel villaggio di Vertus, in diocesi di Châlons-sur-Marne, un contadino di nome Leutardo (personaggio storico, o mitico?), dopo aver fatto voto di castità ed aver congedato la moglie, avrebbe preso a predicare alle genti della campagna che non si doveva credere a tutto ciò che insegnavano i libri profetici dell'Antico Testamento. Iniziò poi a distruggere i crocefissi e le immagini del Salvatore e, invitando i contadini a rifiutare il pagamento delle decime, ottenne tra di essi un notevole successo. Casi simili sembra che si siano verificati anche a Orléan e Arras.
Gli eretici di Monforte
In Italia, a scoprire l'eresia, che stava serpeggiando, fu il vescovo di Milano, giunto in visita pastorale a Monforte, in terra di Asti.
Gli eretici di Monforte -una folla di rustici, guidati però da persone nobili e colte- avevano una concezione allegorica della Trinità e della Redenzione, negavano la gerarchia ecclesiastica, propugnavano la comunione dei beni e la loro predicazione s'ispirava ai princìpi di un moralismo radicale e di un pessimismo estremo: disprezzo della croce, interdizione dei rapporti sessuali anche nel matrimonio, rifiuto di cibarsi di carne, ideale di una morte violenta per martirio.
Questi movimenti ereticali non sembrano essere espressione di una religiosità laica, appaiono invece come un movimento di religiosità fondato sul tema base della vita apostolica. In altre parole non risulta che dette eresie abbiano avuto come movente primitivo, né tanto meno come elemento centrale, l'impegno della povertà. Dette eresie riprendevano invece (o avrebbero ripreso) questioni riguardanti i sacramenti e specialmente l'eucarestia; erano eresie di chierici, prima che di laici.
I patarini
Nella seconda metà del sec. XI le esigenze di una rinnovata religiosità si manifestarono (come sopra è stato ricordato), in iniziative a carattere eremitico: nuove fondazioni monastiche e canonicali tutte ispirate agli ideali di povertà e di fuga dalla vita secolare.
Nascono dallo spirito d'uno stretto ritorno all'ideale evangelico e sul modello della Chiesa primitiva. Sorgono lontano dalle città e in remote contrade del contado rurale per reazione contro i potenti capitoli e le grandi chiese cittadine, contro le ricche fondazioni monastiche situate all'interno o in prossimittà della città.
Contestualmente ci fu un fermento di rivolta contro il clero indisciplinato, immorale, ricco, potente e tirannico: il movimento patarino (patarino, per Muratori deriva da rigattieri, straccioni) tipicamente cittadino, ma di origine rurale, era stato un moto di popolo che aveva inizialmente fiancheggiato l'azione di riforma della Chiesa.
Arialdo aveva iniziato la sua predicazione patarina nelle campagne, a nord di Milano, e solo in un secondo momento egli portò la sua nuova attività a Milano, seguito da altri chierici milanesi come Landolfo e Anselmo. [quest'ultimo, eletto nel 1057 vescovo di Lucca, nel 1061 -si ricorderà- divenne papa Alessandro II (1061-73)].
A Firenze l'ispirazione del movimento popolare partì da Giovanni Gualberto e dal suo eremo di Vallombrosa, di cui si è già fatto cenno. E a questa fondazione che i patarini di Milano si rivolsero per cercare dei chierici puri, privi di ogni macchia di simonia e concubinaggio e degni d'essere condotti al sacerdozio nella grande città.
La lotta si era spostata dalle campagne verso la città perché i patarini intesero lottare contro il vescovo il cui peccato di simonia rendeva nulle, a loro avviso, tutte le ordinazioni che aveva fatte e rimetteva in questione tutti i problemi riguardanti l'amministrazione dei sacramenti 'validi' che i fedeli esigevano. Non si ha invece notizia di eresie poiché la riforma gregoriana aveva cercato di eliminare quei motivi di malcontento che potevano incentivarle.
Nella prima metà del sec. XII, accanto alla prosecuzione di queste esperienze ortodosse, ci furono anche manifestazioni religiose di tipo nettamente eretico. Favorite da un ambiente economico e sociale particolare, quello più isolato e remoto della campagna, successivamente le eresie si inurbano e la città divenne il loro terreno naturale di sviluppo. Così a Milano, Brescia, Piacenza, Cremona, Firenze ci fu un nuovo pullulare di eresie di tipo patarinico-evangelico, caratterizzate cioè da evangelismo e spiritualismo radicale.
L'eresia catara
Questi fermenti ereticali confluirono in due filoni, destinati a perdurare a lungo, ambedue di carattere popolare, ma ciascuno con proprie configurazioni: un movimento con un'indeterminatezza istituzionale e una volontà riformatrice e l'eresia catara che si fece chiesa antagonista.
Ambedue ebbero uno dei loro centri di forza a Colonia, come si evince da una lettera scritta negli anni 1143-1144 dal premostratense Evervino di Steinfeld di Clairvaux:
"essi dicono che la chiesa è soltanto presso di loro, al punto che essi seguono con coerenza le vestigia del Cristo e rimangono veri imitatori della vita apostolica, perché non cercano le cose che sono del mondo, non possedendo casa, né campi, né proprietà alcuna: così come Cristo non ebbe possessi né ai suoi discepoli concesse di averne".
E pertanto criticavano il clero che viveva secolarmente, mescolandosi agli affari temporali. Costoro, che si definivano gli Apostoli di Colonia, negavano il valore del battesimo degli infanti, delle opere per i defunti, delle preghiere per i santi.
A differenza dei predicatori itineranti, eremiti e canonici regolari rimasti nell'ortodossia, con i quali avevano in comune il modo di intendere e di vivere la sequela di Cristo, i catari non ammettevano la possibilità di recuperi o di mediazioni con l'istituzione ecclesiastica; da qui la fondazione di una antichiesa.
Quella dei catari (Kataroi, puri) è la setta più importante del tempo. I Catari, per alcuni da ricollegare all'eresia neomanichea dei bogomili.
Bogomil, il loro fondatore, verso la metà del X secolo, iniziò una predicazione dualista nella Macedonia Bulgara. I suoi seguaci si trapiantatarono dai Balcani in Occidente, attraverso il commercio e la setta si erano diffuse in tutta Europa, assumendo varie denominazioni: Bulgari, Bougres, Concorezenses, Publicani, Popelicani (e in Italia) Gazzari, Manichei, Patareni, (in Francia) Albigesi.
Loro centri principali in Europa, le regioni culturalmente ed economicamente più evolute (Sud della Francia, Italia settentrionale). Loro concezioni fondamentali: la dottrina dualistica (doppio principio eterno del bene e del male); disprezzo del mondo materiale; negazione della libera volontà e della resurrezione della carne; ascetica severa. Loro modello, la vita apostolica.
Il nucleo centrale era costituito dai perfetti o apostoli, che dovevano rispristinare il cristianesimo della Chiesa primitiva con l'esercizio della povertà e la predicazione itinerante. Allo stato di perfezione si arrivava dopo un lungo periodo di prova, con l'imposizione delle mani e la consegna del Pater noster, come preghiera perenne. La massa dei fedeli (credentes, auditores) era tenuta solo a ricevere, prima della morte, il consolamentum, indispensabile per la salvezza, senza essere tenuti ad abbracciare la severa morale dei perfetti.
Valdesi e umiliati
Un gruppo di predicatori itineranti, detti valdesi, esordì con la lotta contro la ricchezza e la potenza della Chiesa, al fine di ripristinare la vita povera di Gesù e della Chiesa primitiva e solo in un secondo tempo vennero a trovarsi in opposizione con la Chiesa e si trasformarono in setta. Loro fondatore, il ricco mercante Pietro Valdo o Valdés a Lione.
Nella carestia del 1176 egli donò il suo patrimonio ai poveri vivendo in apostolica povertà, vestito di un semplice saio, dedito a una predicazione itinerante di penitenza.
I valdesi o poveri di Lione -detti anche sabbatati o insabbatati per l'uso delle scarpe di legno, sabots- si erano dedicati alla predicazione della parola di Dio senza l'autorizzazione ecclesiastica e si erigevano a giudici dei costumi del clero.
Il Concilio Lateranense 1179 li autorizzò a predicare, solo previa licenza ecclesiastica, ma non seppero assoggettarsi, per cui Lucio III, nel sinodo di Verona del 1184, scomunicò i poveri di Lione , accomunandoli ai catari e ad altre sette (i passagi, gli arnaldisti, gli umiliati). I fratelli e le sorelle valdesi si diedero allora alla vita clandestina.
Negli stessi anni in cui, a Lione, Valdo decideva di farsi povero missionario del Cristo, al centro della pianura padana sorgeva il movimento degli umiliati che Lucio III, nella decretale "Ad abolendam", del 1184, accostò nella condanna ai poveri di Lione.
Furono dichiarati eretici probabilmente perché avevano persistito nell'ufficio non autorizzato della predicazione. In seguito Innocenzo III, nel 1201, li approvò come Ordine religioso, ripartito in tre gradi: canonici e canonichesse regolari; frati e suore in associazione monastica; uomini e donne viventi nel mondo, secondo la regola (terziari). Quest'ultimi, idealmente, continuavano l'antica confraternita di artigiani (tessitori e lanaioli) sorta per scopi economici e religiosi al tempo delle lotte sociali della prima metà del secolo XII.
Altre sette
Numerose le sette minori.
- Arnaldo da Brescia -di cui si è già riferito- era alla testa del movimento democratico di Roma, riempiendo i suoi ascoltatori di entusiasmo per la grandezza e lo splendore dell'antica Roma che intendeva far rivivere.Sostenne che la donazione di Costantino era una menzogna, una favola eretica. Ripropose i temi della più radicale predicazione patarinico-evangelica, accusando la Chiesa di vanificare la buona novella del Cristo. Condizione del cambiamento era per lui la rinuncia ai beni terreni e al potere temporale per una povertà istituzionale, per una missione soltanto spirituale della Chiesa. Le forti tensioni anticuriali e antipapali assicurarono il successo di Arnaldo. Ma un accordo tra Adriano IV e l'imperatore Federico I pose fine alla ribellione antipapale, con l'impiccagione di Arnaldo.
- Tanchelmo (+1151) era un laico che si sollevò violentemente contro gli ecclesiastici, dichiarando invalida la loro amministrazione dei sacramenti. Volle farsi credere figlio di Dio e si fidanzò pubblicamente con un'immagine della Madonna. Contro i suoi seguaci operarono con successo s. Norberto e i suoi discepoli.
- Il bretone Eudone o Eone di Stella, annunziatore di idee apocalittiche, affermò di essere il giudice dell'ultimo giorno. Dal sinodo di Reims del 1148 fu condannato alla reclusione claustrale, dove morì.
- I Pietrobrusiani, fondati da Pietro di Bruys, nel sud-est della Francia, negavano il battesimo dei bambini, l'eucarestia, la messa e la venerazione della croce. Alla loro guida, dopo venti anni, subentrò Enrico Le Mans, combattuto da s. Bernardo che, nella lettera al conte di Saint-Gilles (1145) lo definisce "homo apostata", perché Enrico aveva lasciato l'abito monastico per farsi povero predicatore e viveva di tale ufficio, mendicando. Partito da posizioni patariniche -critica all'indegnità dei chierici e agli abusi delle ricchezza- Enrico assunse posizioni dottrinali ereticali come la negazione dell'efficacia delle opere per i defunti, l'affermazione della superfluità degli edifici sacri. Contro i pietrobrusiani e gli enriciani fu diretto il can. 23 del concilio lateranense del 1139.
- I Passagi, una piccola setta dell'Italia settentrionale, volevano l'osservanza letterale della legge mosaica (senza sacrifici cruenti), negavano la divinità di Cristo e lottavano contro l'organizzazione visibile della Chiesa.