L'età Costantiniana
L'età costantiniana ha inizio nel 306 quando Costantino diventa imperatore. Si apre una nuova era per la Storia della Chiesa
Costantino il Grande, figlio di Costanzo Cloro (Cesare di Diocleziano e successivamente Augusto in Occidente) e di Elena, nominato nel 307 imperatore in Gallia, emanò a Sardica, nell’ aprile 311 un editto di tolleranza nei confronti dei cristiani. Quindi, dopo aver sconfitto nel 312 Massenzio a Ponte Milvio, divenne unico arbitro della parte occidentale dell'Impero -in Oriente era imperatore suo cognato Licinio- e con l'editto di Milano del febbraio 313, confermò la libertà religiosa, già di fatto esistente.
L'Editto del 313 (affiancato dalle lettere di Licinio, del 13 giugno 313 che, oltre ad assicurare la libertà di religione e di culto disponevano la restituzione dei beni confiscati alla Chiesa) costituì l'inizio di una alleanza che portò la Chiesa a divenire da religio illicita a Chiesa cattolica imperiale e, infine, religione ufficiale dell'impero (editto di Teodosio febbraio 380), costringendo così l'antica religione a ritirarsi nelle campagne (da cui il termine paganesimo, religione dei pagi). L'opera di cristianizzazione dell'impero si intensificò a partire dal 324, quando Licinio Augusto, cognato di Costantino, che aveva ripreso a opprimere i cristiani, fu sconfitto e fu così restaurata la monarchia assoluta durata fino alla sua morte avvenuta nel 337.
Età costantiniana
E’ questa la cosiddetta epoca imperiale della Chiesa, che durerà fino all'elezione di papa Gregorio Magno (590), un periodo caratterizzato dalla pace costantiniana; ma anche dall’insorgenza di eresie e dall'invasione dei barbari. La pax comportò una mutua influenza fra Chiesa e diritto romano.
Eletto dal clero e dal popolo il vescovo di Roma era anche il papa. Lo stato riconobbe il primato romano. Fu la vittoria del vescovo di Roma sullo stato persecutore; da qui anche il dono al papa del Palazzo del Laterano. Mentre l'imperatore Graziano (375-378) definì espressamente, con una legge di Stato, la suprema giurisdizione del vescovo di Roma. Ma va anche ricordato che sotto papa Damaso I° (366-384) la Sinodo romana del 382 dichiarò che la santa romana Chiesa ha la precedenza su tutte le altre chiese non per mezzo di una decisione conciliare e neppure per mezzo di una legge imperiale, ma perché essa ha ricevuto il primato dalla parola del Signore Salvatore ("Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa", Mt 16,18).
Nel frattempo Eusebio di Cesarea, il biografo di Costantino, aveva enunciato la dottrina che l'autorità imperiale viene direttamente da Dio; che l'impero è l'attuazione terrena dell'ordine divino e che ad esso spetta il governo di tutto il mondo nel quale deve far trionfare la Chiesa di Cristo. Così, a partire da Costantino, gli imperatori intervennero spesso arbitri nelle elezioni dei papi, specie in caso di conflitto fra opposti partiti. Da parte sua papa Gelasio I, nel 494, si trovò nella necessità di scrivere all'imperatore Anastasio I una lettera, al fine di distinguere i due poteri e di affermare la soggezione del principe al sacerdote in materia di fede e di costumi:
“sono in effetti due -o supremo augusto imperatore- le principali autorità su cui il mondo si regge: quella consacrata dei pontefici e il potere regale. Fra esse il peso che debbono sopportare i sacerdoti è tanto più grave in quanto al giudizio divino dovranno rendere conto anche per gli stessi re degli uomini. Sai infatti o figlio clementissimo che anche se primeggi per dignità su tutto il genere umano, tuttavia pieghi devotamente il collo dinanzi ai presuli religiosi e sai di doverti sottomettere, come è opportuno, alle loro disposizioni, in base all’ordine religioso, piuttosto che essere loro preposto, e perciò su questi argomeni sai di dover dipendere tu dal loro giudizio, mentre loro non accettano di essere ricondotti alla tua volontà”.
Ma come mediare l’auctoritas dei papi con la potestas degli imperatori? Né con papa Gelasio, né successivamente altri giunsero tuttavia a formulare precisi accordi che limitassero le rispettive attribuzioni. Fino al sec. XI ci fu un’interferenza della potestas imperiale nei riguardi della Chiesa. L’irregolarità delle intromissioni nelle elezioni dei vescovi, abati e preti provocò lo scandalo del sec. XI, cioè la simonia e la necessità di una riforma: da qui la lotta per le investiture.
Nonostante inevitabili conflitti, di comune accordo furono comunque erette nuove diocesi, ma fu anche aumentata l'influenza dei vescovi metropoliti sui vescovi della provincia. Si stabilì il calendario cristiano: un po’ alla volta si aggiunsero feste come natale (330), epifania (festa orientale), ascensione (325); commemorazioni dei martiri ecc.
Unica forma pastorale inizialmente fu il servizio divino del mattino e della sera e le messe domenicali. La formazione dei presbiteri avveniva attraverso l’apprendistato: da collaboratore si diveniva presbitero. Si provvide infine all'organizzazione delle parrocchie.
Gloria delle prime comunità, la purezza dei costumi e l’amore fraterno e quando la moralità veniva offesa per i peccati gravi c’era la confessione pubblica e una pubblica penitenza. I penitenti pubblici non ricevevano l’eucarestia; la loro riammissione poi aveva luogo, dopo uno o più anni di penitenza, il giovedì santo. Nonostante l’esemplarità di molti, la Chiesa tuttavia era al suo interno afflitta da lacerazioni e da eresie.
L'impero romano, inizialmente mediterraneo e unito, possedeva in Oriente le regioni più ricche e sviluppate sia dal punto di vista economico che culturale; di là provenivano molti dei suoi migliori uomini. Ivi il cristianesimo vi era sviluppato molto più che in Occidente. Dal 286 la diarchia, instaurata da Diocleziano, consacrò la divisione delle due parti dell'Impero. Quindi, con Costantino, furono gettate le basi di nuova società cattolica che aveva però come problema di fondo l'universalità dell'impero e della Chiesa, problema che venne risolto in un modo diverso nei due mondi, il cui distacco, lento, ma inarrestabile, fu favorito dall’erezione, nel 330 di Costantinopoli, la capitale d’oriente, ad opera di Costantino il quale è il vero iniziatore dell'Impero d'Oriente e della divisione amministrativa dell'Impero.
Rimarrà tuttavia a lungo la fede nell'Impero ultimo e unico, ancorché di fatto l'unità del mondo mediterraneo fosse spezzata, a motivo del lento, ma inarrestabile distacco, favorito da Costantinopoli, la nuova Roma, il cui vescovo, un suffraganeo di Eraclea, nel 381 fu, dall’imperatore, elevato a patriaca. Nacque così un nuovo centro ecclesiastico -alla completa dipendenza dell’imperatore- che finì per divenire un rivale di Roma, creando così le premesse del distacco della Chiesa orientale da quella occidentale.
In Occidente la soluzione del problema della coesistenza di due universalità -Sacerdozio (ministero sacerdotale) e Impero (potere politico)- che avevano un’origine, un oggetto e uno scopo comune, si chiama Medioevo. Da una parte c'è il Sacerdozio, depositario di una salutare verità trascendente, ma che è costretto ad esercitare un'azione politica per imprimere la sua disciplina e il suo magistero su tutta la vita terrena; dall'altra c'è l'Impero terreno, legittimato dalla fede e che, a sua volta, è costretto ad assumere una missione e a svolgere un'azione religiosa.
Bisanzio, fedele in certa maniera al modello classico, creò invece la sua Chiesa e la incorporò nello Stato. In Oriente si affermò così il cesaropapismo; mentre in Occidente i romani pontefici, sudditi dell’imperatore romano d’Oriente, divennero difensori delle libertà della Chiesa e tutori della fede ortodossa, proclamata dai concili ecumenici d’Oriente.
L’Oriente ebbe i suoi nemici: Persiani, Arabi, Turchi, Latini; esercitò la sua missione culturale sugli Slavi. Per dieci secoli custodì il patrimonio dell'antica civiltà romano-ellenistica, finchè, stremata, nel 1453 fu travolta dalla potenza ottomana.
L'Occidente, in forza dell'impronta civile di Roma, del primato ecclesiastico romano, degli stanziamenti e delle conversioni dei Germani, e in seguito dei Normanni, Ungari e Slavi, cioè del loro assorbimento nella romanità, diede invece origine ad una storia profondamente diversa, per vivacità, originalità, continuità di sviluppi. E' la storia della fondazione dell'Europa moderna che ha come base la coscienza romana e cristiana, cioè cattolica. L'Occidente, eredita dal mondo classico le leggi, le città, i monumenti, le grandi vie di comunicazione le arti e le lettere. Quest'ultime, che sopravvivono, insieme alla speculazione platonica e neoplatonica, alimenteranno il pensiero di sant'Agostino e di Boezio, mentre l'ideale di universalità politica, civile e umana verrà trasfigurato in una nuova coscienza politica e religiosa.
Anche al di fuori dei confini dell'Impero romano ci fu una diffusione della fede cristiana, ma le comunità arrivarono ad organizzazioni nazionali autonome, senza riuscire a partecipare a quella visione di universalità, tipica della cultura imperiale romana. Si ebbero così le chiese nazionali: persiana, armena, dell'Azerbaigian, della Georgia, dell'Etiopia , ecc.