La questione bulgara
Primi problemi con la Chiesa orientale, e il Patriarca Fozio
Nell'847 della sede patriarcale di Bisanzio era stata occupata da Ignazio, figlio del defunto imperatore Michele II il Balbo (820-829). Il patriarca Ignazio, per aver rifiutato, nell' 858, la comunione a Cesare Barda, zio dell'imperatore Michele III l'ubriaco (842-867) e sul quale il Barda esercitava una forte influenza, nell'858 fu costretto ad abdicare e al suo posto fu nominato Fozio, un laico che, nel giro di cinque giorni, ricevette tutti gli ordini sacri, compresa la consacrazione episcopale, conferitagli da Gregorio Asbesta, vescovo di Sircacusa il quale però era stato scomunicato da Ignazio.
Gli avversari di Fozio, guidati da Metrofane, arcivescovo di Smirne, costituirono un movimento a favore di Ignazio e con risvolti politici: quindi, riuniti nella chiesa di S. Irene, dichiararono Fozio usurpatore del patriarcato, deposto e scomunicato. A loro volta i foziani lanciarono la scomunica e la deposizione contro i seguaci di Ignazio. La chiesa bizantina si trovò così divisa.
Nel frattempo l'imperatore Michele aveva invitato al papa a mandare legati per un concilio, al fine di dare un giudizio definitivo sul problema delle immagini. E Fozio, da parte sua, aveva partecipato allo stesso papa la notizia della sua nomina. A papa Niccolò I non era sfuggita però la situazione anomala che si era venuta a creare sulla cattedra di Costantinopoli e per un esame della situazione mandò due legati, sollecitando allo stesso tempo la restituzione dei diritti e dei possedimenti che Leone III l'Isaurico aveva confiscati alla Chiesa di Roma. I legati papali però, oltrepassando le loro facoltà e pronunciando la sentenza che il papa si era riservata a sé, confermarono la deposizione di Ignazio. Questi tuttavia dichiarò invalida la sua abdicazione e rifiutò di riconoscere i legati quali suoi giudici; quindi i suoi fautori si inviarono un dettagliato rapporto a Roma.
Niccolò I nel sinodo romano, appositamente convocato nell'863, decretò che i legati erano destituiti dal loro ufficio, che Fozio era privato di ogni dignità ecclesiastica: nel caso di ulteriore disubbedienza, sia Fozio che i suoi partigiani, erano minacciati di scomunica. I forti appoggi, di cui godeva Fozio presso la corte, fecero sì che il papa, dinanzi a una precisa richiesta dell'imperatore Michele, si dichiarò disposto a riesaminare la vertenza tra Fozio e Ignazio. E a tal fine nell'865 inviò nuovi legati.
Qualche mese dopo (866) i Bulgari vennero annessi alla chiesa di Roma: il fatto sollevò a Bisanzio gravi malumori, che furono cavalcati dal patriarca Fozio, ritenuto un intruso da un folto gruppo di vescovi, seguaci del suo predecessore Ignazio e dalla stessa chiesa di Roma. Fozio, seppe abilmente sfruttare la questione bulgara passando subito ad una lotta aperta contro Roma.
In una enciclica dell'867 denunciò presso gli altri tre patriarchi di Oriente l'invadenza, in Bulgaria, dei missionari romani i quali avevano introdotto il digiuno del sabato, l'uso dei latticini nella prima settimana di quaresima, il celibato ecclesiastico e non riconoscevano il sacramento della cresima, amministrato dai preti greci. Con quella stessa enciclica Fozio convocò i patriarchi ad un grande sinodo a Costantinopoli, per un giudizio di condanna dell'operato del papa.
Il sinodo effettivamente ebbe luogo nell'estate dell'867 e quivi i padri sinodali scomunicarono e deposero papa Nicolò quale "eretico e devastatore della vigna del Signore", ma il pontefice moriva ancor prima di essere informato di questa decisione.
Ma di lì a poco (settembre 867) Basilio I il Macedone (867-886) si impadronì dell'impero bizantino e uno dei suoi primi atti, dopo l'incoronazione, fu la destituzione di Fozio.