Abelardo e Arnaldo da Brescia
Durante l'assenza del pontefice si operò in Roma un profondo cambiamento per la violenta predicazione del canonico agostiniano Arnaldo da Brescia
Severo asceta, aveva partecipato alle lotte contro i preti concubini e simoniaci; ma era finito per mettersi anche contro il vescovo, che lo condannò per la sua dottrina negatrice di ogni proprietà ecclesiastica.
Condannato nel II concilio lateranense (1139), condusse vita errabonda in Francia, dove prese parte al concilio di Sens del 1140, a fianco di Abelardo. S. Bernardo combatté l'uno e l'altro. L'incontro tra Abelardo e Arnaldo fu fondamentale per quest'ultimo, perché la riflessione del teologo fornì il quadro teorico e sistematico in cui le intuizioni religiose del canonico trovarono conferma e spessore. Espulso dalla Francia, grazie alla benevolenza di Eugenio III, il canonico bresciano tornò in Italia ed entrò a Roma come penitente, finché, nel 1147, quando Eugenio III era in Francia a predicare la seconda e disgraziata crociata, intrapresa -come si ricorderà- dai re di Francia e di Germania nel 1147-48, si mise alla testa del movimento democratico di Roma.
Arnaldo e i suoi seguaci, detti Lombardi, riproposero i temi della più radicale predicazione patarinico-evangelica, additando, come causa della crisi, la potenza della Chiesa e del clero che così avevano vanificato la 'buona novella' di Cristo. Condizione del cambiamento era la rinuncia ai beni terreni e al potere temporale, per una povertà istituzionale, per una missione soltanto spirituale della Chiesa. Queste idee furono favorevolmente accolte in una Roma attraversata da accese tensioni anticuriali e antipapali.
Eugenio III, tornato in Italia nel 1148, proibì al clero romano ogni rapporto con Arnaldo; quindi, grazie alla mediazione di Ruggero re di Sicilia, fece pace con i Romani i quali riconobbero il papa 'pater et dominus' e gli giurarono fedeltà, promettendo di restituirgli i regalia (1149).
Fu un compromesso e insieme il reciproco riconoscimento dei due poteri in Roma. E tuttavia per restaurare definitivamente l'autorità del papa a Roma occorreva un intervento esterno. Eugenio III lo chiese a Corrado III. Le trattative, interrotte alla morte di Corrado (1152), furono riprese dal suo successore, Federico I Barbarossa che, con il concordato sanzionato nella dieta di Costanza (1153), promise di ridurre Roma al riconoscimento dell'autorità papale e di garantire tale autorità contro la minaccia normanna. In cambio chiese la corona imperiale e l'aiuto della Santa Sede contro i nemici dell'impero, sino alla scomunica contro i disobbedienti.