Dottore della Chiesa
La sua eminente dottrina
Tre sono i requisiti necessari
per la proclamazione di un Dottore della Chiesa, secondo la nota definizione di Benedetto
XIV: una dottrina eminente, una insigne santità di vita, la dichiarazione del Sommo
Pontefice o di un Concilio Generale legittimamente radunato (Cfr Benedictus XIV, De
servorum Dei beatificatione et beatorum canonizatione, lib, IV, pars II, in Opera omnia,
Editio novissima, Prati, 1841, p. 512). In questi requisiti il Papa Lambertini ha
riassunto nel suo tempo le condizioni con le quali la Chiesa nel corso dei secoli ha
riconosciuto o dichiarato alcuni Santi Dottori della Chiesa universale.
Mentre l'insigne santità della vita costituisce un requisito previo e la dichiarazione da
parte del Papa o di un Concilio rimane l'atto formale del riconoscimento del Dottorato, la
eminente dottrina è la qualità specifica e determinante per il riconoscimento del titolo
di Dottore della Chiesa. Tuttavia occorre precisare come e in quale misura una dottrina
può essere così qualificata. Occorre allora domandarsi quali sono i criteri per
determinare l'eminenza di una dottrina?
Sono classici i criteri proposti da Benedetto XIV, e già contenuti nel Decreto Gloriosus
di Bonifacio VIII. Con essi l'eminenza della dottrina di un futuro Dottore viene giudicata
da alcune prerogative specifiche in favore della verità rivelata: se per la dottrina di
un Santo: "errorum tenebrae fuerint profugatae, obscura fuerint dilucidata, dubia
declarata, Scripturarumve aenigmata reserata" (Ibidem, p. 513). Si tratta di criteri
di carattere dottrinale, al servizio della verità della Scrittura, sia nel combattere
l'errore, sia nel chiarire le realtà oscure o dubbie, sia come particolare contributo
sapienziale nella esposizione dei misteri della Rivelazione. Alla fine del secolo scorso,
in occasione della dichiarazione di San Alfonso Maria de' Liguori come Dottore della
Chiesa, sono stati illustrati altri criteri. Si è messo in luce il riconoscimento
dell'influsso benefico della dottrina di un Dottore "in bonum Ecclesiae", e la
sua attualità in alcuni campi specifici: "sive in confutandis invalescentibus
erroribus, sive in illustrandis sacris Litteris, sive in explanando Revelationis deposito,
sive in dirigendis moribus" (Cfr S. Congregationis SS. Rituum, die 11 martii 1871, in
ASS 6 [1870] pp. 317-318). Questi criteri hanno in parte allargato i requisiti per la
dichiarazione di un Dottore, cioè il suo influsso benefico al servizio della Chiesa, la
sua dottrina non solo nell'ambito delle verità rivelate e della teologia, ma anche nel
campo specifico della morale cristiana.
S. Teresa di Gesù e di S. Caterina di Siena, proclamate da Paolo VI nel 1970 Dottori
della Chiesa, sono state presentate come testimoni e maestre della verità della fede e
della santità della vita. I criteri proposti in favore del loro Dottorato hanno avuto
presente anche la dottrina del Vaticano II sui carismi nella Chiesa (L.G. n. 12), il
valore della testimonianza dei mistici nell'approfondimento del deposito della rivelazione
(D.V. n. 8), nonché il loro influsso nella spiritualità e nella promozione della
santità.
Recentemente, in base alla determinazione della Costituzione Pastor Bonus art. 73, che
prevede il giudizio previo della Congregazione per la Dottrina della Fede circa la
"eminens doctrina" di un Santo, proposto come candidato a Dottore della Chiesa,
sono stati riformulati alcuni di questi criteri per verificare l'esistenza di una dottrina
eminente, tenendo conto sia dei criteri tradizionali, sia della dottrina del Concilio
Vaticano II.
Tali criteri si riferiscono, prima di tutto, al discernimento ecclesiale circa l'esistenza
di un particolare carisma di sapienza per il bene della Chiesa, conferito dallo Spirito
Santo, comprovato e suffragato dall'influsso benefico che gli scritti e la dottrina di un
determinato Santo o Santa hanno esercitato nel Popolo di Dio.
A questo scopo si deve dimostrare che l'insegnamento dei Santi, candidati al titolo di
Dottore, non solo è pienamente conforme con la fede e la vita cristiana, ma eccelle
("eminet") per la qualità o quantità degli scritti, per l'altezza e la
profondità della dottrina, per la matura sintesi sapienziale raggiunta, per l'effettivo
influsso positivo esercitato, in maniera che essi possano essere riconosciuti come
testimoni qualificati della vivente tradizione della Chiesa.
Tale dottrina eminente può essere riconosciuta sia nell'ambito della teologia cattolica
che in quello della vita spirituale, in modo che l'insegnamento specifico di un futuro
Dottore apporti particolari luci nella confessione e difesa della fede cattolica, nella
predicazione del Vangelo, nella promozione del culto divino o della vita spirituale dei
fedeli.
Un altro criterio essenziale fa riferimento alle fonti della dottrina. Essa deve ispirarsi
alla Parola di Dio, alla Tradizione, al Magistero della Chiesa, in modo da costituire un
incisivo approfondimento sapienziale delle verità rivelate, frutto dello Spirito Santo,
il quale fa progredire la comprensione delle realtà e della parole trasmesse, sia con la
predicazione della verità, sia mediante la riflessione teologica, sia attraverso lo
studio e la contemplazione dei credenti, sia anche per mezzo di una profonda esperienza
delle stesse realtà soprannaturali (Cfr D.V. n. 8).
A questi criteri che toccano essenzialmente i contenuti e le fonti, si aggiungono altri
che riguardano l'esigenza di un'ampia diffusione del messaggio dottrinale, di una
"recezione" positiva da parte della Chiesa, di un particolare influsso benefico
nel Popolo di Dio, confermato eventualmente dall'uso che della dottrina del futuro Dottore
ne ha fatto il Magistero della Chiesa, e dalla particolare attenzione rivolta ad essa da
parte della teologia cattolica nello studio e illustrazione dei misteri della fede e della
vita cristiana. Tale influsso deve avere inoltre un carattere di universalità, in modo
che interessi tutta la Chiesa e non solo una parte o un gruppo di persone.
Finalmente, occorre che la dottrina non solo sia oggettivamente eminente, ma anche che
goda di una attualità. Il messaggio dottrinale di un futuro Dottore della Chiesa deve
essere sicuro e durevole, capace di contribuire a confermare e approfondire il deposito
della fede, idoneo ad illuminare nuove prospettive di dottrina e di vita, con una
particolare incidenza ed attualità per la Chiesa e per il mondo.
La Positio presentata alla Santa Sede in vista della proclamazione di Teresa di Gesù
Bambino come Dottore della Chiesa, in seguito alla petizioni di molte Conferenze
Episcopali di tutto il mondo, ha cercato di offrire una piena illustrazione della coerenza
della dottrina della Santa di Lisieux con i criteri proposti per giudicare l'esistenza di
una eminente dottrina. Non mancano coloro che hanno avuto qualche perplessità
nell'accettare che una giovane carmelitana, pur santa e pur amata da tutti, fosse degna di
essere posta accanto ad altri Dottori della Chiesa della statura dottrinale di un
Agostino, di un Leone Magno, di un Giovanni Crisostomo, di un Tommaso d'Aquino, o di
condividere lo stesso titolo dei suoi Maestri Teresa d'Avila e Giovanni della Croce.
Una accurata e abbondante documentazione ha permesso di illustrare l'applicazione concreta
dei criteri sopra indicati al caso specifico di Teresa de Lisieux.
Certamente i suoi scritti sono relativamente brevi, di carattere autobiografico e poetico,
oppure, come nel caso delle lettere, di portata familiare e pedagogica. Non si deve
cercare in essi uno strutturato corpo di dottrina, come nel caso di altri dottori, anche
se da essi si può ricavare una visione coerente e completa delle principali verità della
fede cristiana. Tuttavia, la qualità dottrinale di molte pagine, anche poetiche, è
eccellente, la coerenza della dottrina della fede e della vita spirituale di cui
testimonia la Santa, risplende di particolari fulgori di luce teologica; alcune delle sue
pagine sono degne della migliore antologia della teologia e della spiritualità cattolica.
Benché in maniera non sistematica, Teresa di Lisieux, oltre alle sue fondamentali
intuizioni di carattere teologico, di forte venatura evangelica, ha saputo esprimere una
sintesi della fede e della vita cristiana pienamente cattolica. Nel suo tempo la sua
originalità è stata subito colta perché era caratterizzata da un provvidenziale rigetto
della mentalità giansenistica che incuteva il terrore nelle anime. Sul finire del secolo
dei lumi e del trionfo della ragione, Teresa riproponeva la luce splendente del Vangelo.
Anticipava per il nostro secolo il ritorno alla Scrittura, interpretata dall'istinto e dal
senso di una fede schietta, proposta come Parola di vita. Nella sua dottrina vi si trovava
la riscoperta del senso profondo della grazia, della fede che è più luminosa quanto più
è provata, della speranza cristiana, dell'amore di Dio per tutti, della vocazione di
tutti alla santità nel sereno e quotidiano compimento della volontà di Dio.
Colse nel segno, mettendo in luce il valore teologico delle pagine dei manoscritti
autobiografici di Teresa, il P. Godefroid Madelaine, Priore dei Premonstratensi di
Mondaye, che nella lettera di presentazione della prima edizione della Storia di un anima
(1898) scrisse questa valutazione dottrinale delle pagine di quella che allora era una
giovane carmelitana sconosciuta: "Queste pagine sono ricche di una teologia così
alta, che negli stessi libri spirituali più belli non è cosa frequente ammirare". E
parlando delle sue fonti e del suo stile asseriva: "Non è forse meraviglia vedere
come una giovane di poco più di vent'anni spazi a suo agio con l'intelligenza nel vasto
campo delle Scritture ispirate per cogliervi con mano sicura i testi più vari e meglio
appropriati al suo argomento? Se a volte si solleva a sublimità mistiche veramente
sorprendenti, il suo misticismo è però amabile, grazioso e tutto evangelico". È il
primo e qualificato giudizio sugli scritti teresiani, colti nel loro valore teologico,
nella loro limpidezza biblica e nella forza della sua testimonianza di vita.
Lungo questo secolo seguiranno altri giudizi che hanno esaltato non solo la santità di
Teresa o la sua dottrina spirituale, ma il carattere prettamente teologico e sapienziale
delle sue intuizioni. Lo hanno fatto teologi come Y. Congar o H. Urs Von Balthasar, il
quale ha colto in Teresa una "esistenza teologica"; scrittori come J. Guitton,
che ha ammirato il genio spirituale di Teresa di Lisieux; teologi e maestri spirituali
come R. Garrigou-Lagrange o M. Eugenio del Bambino Gesù, e tanti altri che hanno
riconosciuto la forza della testimonianza teologica di Teresa nel campo della
spiritualità cristiana, al pari di altri Dottori come Caterina di Siena, Teresa d'Avila,
Giovanni della Croce o Francesco di Sales.
Ma sono stati soprattutto i Pontefici di questo secolo, da Benedetto XV a Giovanni Paolo
II, a rilevare la coerenza dottrinale della dottrina teresiana che va dritta, come disse
Pio XII, al cuore stesso del Vangelo.
Negli scritti di Teresa si coglie prima di tutto un carisma sapienziale, frutto dello
Spirito Santo, quella "scienza dell'amore" che Teresa ha imparato dal
"Dottore dei Dottori", Gesù, e che essa è riuscita a comunicare anche con la
precocità della sua giovane età; una dottrina che, come ella ha intuito, sarebbe
diventata un messaggio universale, durevole, accolto dalla Chiesa. Una intuizione che
poteva sembrare una pretesa o un sogno, ma che la diffusione della sua dottrina nel mondo
intero ha confermato ed autenticato. Teresa, infatti, è stata definita dai Sommi
Pontefici, come Pio XI, "una parola di Dio" per il nostro mondo.
La qualità della dottrina teresiana, fin dalle prime pagine dei suoi Manoscritti, è di
una genuina sapienza evangelica e di una squisita coerenza teologica. Si tratta, come
forse oggi si direbbe, di una teologia narrativa, di una teologia del cuore e della mente,
nella quale Teresa svela la presenza e l'azione di Dio nella sua vita. Egli la guida
direttamente, svelandone i suoi segreti attraverso la Scrittura, la fede della Chiesa
imparata nel Catechismo, la realtà storica del quotidiano, vissuto con singolare
intelligenza e sensibilità, in un ininterrotto dialogo con Gesù, il suo vero Maestro e
Direttore spirituale. Forse in Teresa non emerge la fede che cerca una comprensione
intellettuale ("fides quaerens intellectum"), propria di altri Dottori, ma una
fede che cerca di obbedire alla grazia nel dono consapevole della libertà, che si
abbandona totalmente a Dio, con una risposta vitale che accoglie il mistero dell'amore
divino nel quotidiano. È una fede illuminata dalla carità, che si esprime in una totale
risposta di fiducia e di amore. Si tratta del caso di Teresa di una dottrina teologica e
spirituale che nasce dalla vita e porta alla perfezione della carità, risanando così una
certa cesura storica fra teologia e santità.
Certamente, non mancano negli scritti teresiani, che pur hanno una coerenza teologica nel
loro insieme come testimonianza di una fede professata, pregata, sofferta e vissuta,
capitoli della dogmatica e della teologia spirituale che hanno ricevuto, nella continuità
della vivente tradizione della Chiesa, un approfondimento specifico e originale dalla sua
esperienza teologale. La Positio enumera ed illustra alcuni capitoli della teologia nei
quali Teresa è divenuta una "auctoritas": la singolare esperienza della
misericordia di Dio e della sua paternità; la gioiosa accettazione della povertà della
creatura aperta fiduciosamente alla grazia; la forte ed immediata esperienza della
presenza di Cristo e dei suoi misteri nella sua vita; la centralità delle virtù
teologali fede, speranza e carità , vissute nella maturità della prova e nello splendore
del totale abbandono in Dio; l'esperienza della Chiesa nella sua dimensione materna, nella
consapevolezza di essere il Corpo mistico di Cristo, nella bellezza della sua santità
carismatica e della sua universalità missionaria; la riscoperta evangelica di Maria, del
suo cammino di fede e della sua maternità spirituale; il senso dinamico delle ultime
realtà e della comunione dei santi come una ininterrotta comunicazione fra il cielo e la
terra, ed una partecipazione dei beati alla vita e alla missione della Chiesa pellegrina
nel tempo.
È pure interessante il confronto fra la dottrina di Teresa e le fonti della teologia.
Ella s'ispira nei testi dell'Antico e del Nuovo Testamento, che cita con una grande
dimestichezza, facendone una interpretazione immediata e sapienziale, senza
sovrastrutture. In piena conformità con la dottrina della Chiesa, fino al punto di aver
raggiunto le vette di una vera esegesi spirituale della Parola di Dio, eccelle
nell'illustrazione di alcuni temi fondamentali, quali i carismi nella Chiesa, la
centralità dell'amore di Dio e del prossimo, l'abbandono fiducioso nella divina
misericordia. A questa fonte primaria ha attinto Teresa, con l'aiuto di un testo classico
medievale come l'Imitazione di Cristo, con la lettura delle opere di San Giovanni della
Croce e di Santa Teresa di Gesù, ma anche con l'aiuto di altri libri spirituali
dell'epoca.
Non occorre dilungarsi molto su altri criteri che in qualche modo rafforzano,
dall'esterno, il valore intrinseco della sua eminente dottrina. Ci riferiamo, prima di
tutto, alla singolare recezione della sua dottrina nel popolo di Dio, con una
universalità e diffusione dei suoi scritti, che pochi autori spirituali, antichi e
moderni, possono vantare. E ciò è suffragato dall'evidente influsso positivo
nell'evangelizzazione, nelle chiese giovani, nei lontani, anche fuori della Chiesa
cattolica.
Occorre inoltre ricordare che un segno della effettiva recezione di una dottrina teologica
e spirituale e un argomento positivo in vista del riconoscimento del titolo di Dottore,
come è stato ricordato, è senza dubbio l'influsso esercitato dal messaggio di un Santo
nello stesso Magistero della Chiesa, sia direttamente, quando questo esalta la dottrina di
un santo o di una santa, sia quando se ne serve, come "auctoritas" della
tradizione in campi specifici della dottrina cattolica. E questo è il caso di Teresa.
Nell'ampia documentazione, che raccoglie quanto i Papi di questo secolo hanno detto di
lei, sia in occasione della esaltazione specifica della sua santità, sia in
nell'esercizio del loro Magistero ordinario, vi è una riprova di come Teresa di Lisieux
sia diventata una "auctoritas theologica" in alcuni campi specifici
dell'insegnamento della Chiesa: quando si parla della vocazione universale alla santità,
del valore apostolico e missionario della vita contemplativa, del messaggio della gioia
evangelica, della totale fiducia nella misericordia di Dio, della centralità della
carità nella vita della Chiesa.
Finalmente, se una certa nota di attualità deve essere considerata come necessaria per la
proclamazione di un Dottore della Chiesa, Teresa di Lisieux possiede certamente una
presenza, universale ed attuale, in tutto il Popolo di Dio, che forse pochi altri santi
possono vantare, sia per l'attenzione a lei rivolta dai teologi sia per la devozione degli
umili. Teresa gode di una grande presenza spirituale nelle nazioni di grande tradizione
cristiana, nelle nazioni recentemente liberate dal comunismo, ed in modo del tutto
speciale nelle giovani Chiese di Africa, America e Asia. Il messaggio di Teresa risuona
vivo ed attuale per gli uomini e per le donne del nostro secolo, come dimostra la presenza
e la persistenza attraverso questo nostro travagliato secolo, fino ai nostri giorni, della
sua dottrina e della ininterrotta edizione dei suoi scritti, tradotti ormai in una
cinquantina di lingue. Non occorre dilungarsi su questo argomento. Giovanni Paolo II,
quasi anticipando le motivazioni della dichiarazione di Teresa di Lisieux come Dottore
della Chiesa, ha sintetizzato il 24 agosto scorso a Parigi alcune di queste note
dell'attualità del suo messaggio dottrinale e spirituale quando ha affermato:
"L'insegnamento di Teresa, vera scienza dell'amore, è l'espressione luminosa della
sua conoscenza dell'amore di Cristo e della sua esperienza personale della grazia; ella
aiuta gli uomini e le donne di oggi, e aiuterà quelli di domani, a meglio percepire i
doni di Dio e a diffondere la Buona Novella del suo Amore infinito. Carmelitana e
apostola, maestra di sapienza spirituale per numerose persone consacrate e laiche, patrona
delle missioni, santa Teresa occupa un posto di prim'ordine nella Chiesa. La sua eminente
dottrina merita di essere riconosciuta fra le più feconde".
Con la proclamazione di Teresa di Gesù Bambino come Dottore della Chiesa, il Magistero
della Chiesa, con una di quelle intuizioni profetiche che caratterizzano il pontificato di
Giovanni Paolo II, compie un atto coraggioso ed impegnativo. Concede il Dottorato ad una
donna, ad una giovane, ad una contemplativa. Teresa sarà il Dottore della Chiesa più
giovane, quasi a sottolineare la sua piccolezza ed inadeguatezza. Ciò esalta il suo
carisma sapienziale, ricevuto come dono dello Spirito Santo per tutta la Chiesa, espresso
con il fascino del genio femminile e la freschezza di una precoce maturità cristiana,
vissuta nella solitudine e nella comunione ecclesiale della vita contemplativa. Essa
proclama la centralità del Vangelo fatto esperienza di vita. In Teresa si compie la
parola di Gesù i segreti del Regno sono rivelati ai piccoli (Mt 11, 25 ss).
Teresa di Lisieux sarà inoltre il Dottore della Chiesa più vicino a noi nel tempo.
Infatti, solo un secolo ci separa da lei. Il Dottore della Chiesa più vicino a noi nel
tempo era finora San Alfonso Maria de' Liguori, morto nel 1787. Teresa lo segue a distanza
di un secolo e avvicina a noi nel tempo i Dottori della Chiesa. La vicinanza di Teresa di
Gesù Bambino non è solo cronologica. Ella ha vissuto ormai nella modernità, È maestra
della spiritualità contemporanea del nostro secolo. La sua proclamazione sottolinea
inoltre che lo specifico carisma dei Dottori non si è ormai esaurito nel tempo. Lo
Spirito del Signore continua ad inviare alla Chiesa i suoi messaggeri, uomini e donne,
come maestri e testimoni della fede, insigniti di una dottrina eminente, adatta ai tempi e
alle necessità della storia, per il bene di tutto il Popolo di Dio.
La proclamazione di Teresa di Lisieux s'iscrive certamente nei disegni della Provvidenza.
Con essa la Chiesa riconosce il dono fatto al nostro tempo in questa giovane carmelitana
che ripropone a noi con freschezza il messaggio eterno del Vangelo.
(Jesús Castellano Cervera O.C.D. )
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