Procedimento di Santificazione | |
[AAS 75(1983), pp. 396-403]
Nella
costituzione apostolica “Divinus perfectionis Magister” del 25 gennaio 1983
è stata stabilita la procedura per le inchieste che d'ora in poi devono
essere svolte nelle cause dei santi da parte dei vescovi; così pure è stato
affidato a questa sacra congregazione il compito di emanare speciali Norme a
tale scopo. Perciò la medesima sacra congregazione ha redatto le norme che
seguono. Il sommo pontefice ha voluto che fossero esaminate dall'assemblea
plenaria dei padri preposti a detta congregazione tenuta nei giorni 22 e 23
giungo 1981; e poi, dopo aver sentito anche il parere di tutti i padri
preposti ai dicasteri della Curia romana, le ha ratificate e ne ha ordinato
la pubblicazione.
1. a) L'attore promuove la causa di
canonizzazione; chiunque faccia parte del popolo di Dio o qualunque gruppo
di fedeli ammesso dall'autorità ecclesiastica può fungere da attore.
b) L'attore tratta la causa tramite un
postulatore legittimamente costituito.
2. a) Il postulatore viene
costituito dall'attore mediante un mandato di procura redatto a norma del
diritto, con l'approvazione del vescovo.
b) Mentre la causa viene
trattata presso la sacra congregazione, il postulatore, approvato dalla
stessa congregazione, deve avere dimora stabile a Roma.
3. a) Possono svolgere la
mansione di postulatore sacerdoti, membri di istituti di vita consacrata e
laici; tutti devono essere esperti in teologia, diritto canonico e storia,
come pure conoscere la prassi della sacra congregazione.
b) E' compito del postulatore
anzitutto svolgere le indagini sulla vita del servo di Dio di cui si tratta,
per conoscere la sua fama di santità e l'importanza ecclesiale della causa,
e riferire al vescovo.
c) Al postulatore viene
affidato anche il compito di amministrare i beni offerti per la causa,
secondo le norme date dalla sacra congregazione.
4. Il postulatore ha il
diritto di farsi sostituire, per mezzo di un legittimo mandato e con il
consenso degli attori, da altri che vengono chiamati vice-postulatori.
5. a) Nell'istruire le cause
di canonizzazione, il vescovo competente è quello nel cui territorio il
servo di Dio è morto, a meno che particolari circostanze, riconosciute dalla
sacra congregazione, non consiglino diversamente.
b) Se si tratta di un
asserito miracolo, è competente il vescovo sul cui territorio il fatto è
avvenuto.
6. a) Il vescovo può istruire
la causa direttamente o tramite un suo delegato, che sia sacerdote,
veramente preparato in campo teologico, canonico e anche storico se si
tratta di cause antiche.
b) Anche il sacerdote che
viene scelto come promotore di giustizia deve possedere tali doti.
c) Tutti gli officiali che
prendono parte alla causa devono giurare di adempiere fedelmente il loro
incarico, e sono tenuti al segreto.
7. La causa può essere più
recente o antica; è detta più recente, se il martirio o le virtù del servo
di Dio possono essere provati attraverso le deposizioni orali di testimoni
oculari; è detta antica quando le prove relative al martirio o le virtù
possono essere desunte soltanto da fonti scritte.
8. Chiunque intenda iniziare
una causa di canonizzazione, presenti al vescovo competente, tramite un
postulatore, il libello di domanda, nel quale si richiede l'istruzione della
causa.
9. a) Nelle cause più
recenti, il libello di domanda non può essere presentato prima di cinque
anni dalla morte del servo di Dio.
b) Se viene presentato dopo
30 anni, il vescovo non può procedere alle fasi successive se non si sia
accertato, con un'attenta indagine, che nel caso non c'è stata alcuna frode
o inganno, da parte degli attori, nel procrastinare l'introduzione della
causa.
10. Il postulatore, assieme
al libello di domanda, deve presentare:
a)nelle cause sia più
recenti sia antiche, una biografia di un certo valore storico sul servo di
Dio, se esiste, o, in mancanza di questa, un'accurata relazione cronologica
sulla vita e le attività del servo di Dio, sulle sue virtù o martirio, sulla
forma di santità e di prodigi, senza omettere ciò che pare contrario o meno
favorevole alla causa stessa;(1)
b)tutti gli scritti
pubblicati dal servo di Dio in copia autentica;
c)solo nelle cause più
recenti, un elenco delle persone che possono contribuire a riconoscere la
verità sulle virtù o il martirio del servo di Dio, come pure sulla fama di
santità o di prodigi, oppure impugnarla.
11. a) Accettato il
libello, il vescovo consulti la conferenza episcopale, almeno regionale,
sull'opportunità di introdurre la causa.
b) Inoltre faccia conoscere
pubblicamente la petizione del postulatore della propria diocesi e, se lo
riterrà opportuno, anche nelle altre diocesi, con il consenso dei rispettivi
vescovi, invitando tutti i fedeli a dargli notizie utili riguardanti la
causa, se ne hanno da fornire.
12. a) Se dalle informazioni
ricevute fosse emerso qualche ostacolo di una certa rilevanza contro la
causa, il vescovo ne informi il postulatore, affinché lo possa eliminare.
b) Se l'ostacolo non è stato
rimosso e il vescovo perciò riterrà che la causa non si può ammettere,
avverta il postulatore, esponendo le motivazioni della decisione.
13. Se il vescovo intende
introdurre la causa, chieda il voto di due censori teologi circa gli scritti
editi del servo di Dio; questi dicano se in tali scritti c'è qualcosa di
contrario alla fede e ai buoni costumi.(2) 14. a) Se i voti dei censori teologi sono favorevoli, il vescovo ordini che vengano raccolti tutti gli scritti del servo di Dio non ancora pubblicati, come pure tutti e singoli i documenti storici sia manoscritti sia stampati riguardanti in qualunque modo la causa. (3)
b) Nel fare tale ricerca,
soprattutto quando si tratta di cause antiche, si ricorra all'aiuto di
esperti in storia e archivistica.
c) Adempiuto l'incarico, gli
esperti presentino al vescovo, assieme agli scritti raccolti, una diligente
e distinta relazione, nella quale riferiscano e garantiscano d'aver
adempiuto fedelmente il compito loro affidato, uniscano un elenco degli
scritti e dei documenti, esprimano un giudizio circa la loro autenticità e
il loro valore, come pure circa la personalità del servo di Dio, quale si
desume dagli stessi scritti e documenti.
15. a) Ricevuta la relazione,
il vescovo consegni al promotore di giustizia o ad un altro esperto tutto
ciò che è stato acquisito fino a quel momento, affinché possa predisporre
gli interrogatori utili ad indagare e mettere in luce la verità circa la
vita, le virtù o il martirio, la fama di santità o di martirio del servo di
Dio.
b) Nelle cause antiche gli
interrogatori riguardino soltanto la fama di santità o di martirio ancora
presente e, se è il caso, il culto reso al servo di Dio in tempi più
recenti.
c) Nel frattempo il vescovo
invii alla Congregazione per le cause dei santi una breve notizia sulla vita
del servo di Dio e sull'importanza della causa, per vedere se da parte della
Santa Sede ci sia qualcosa in contrario.
16. a) Quindi il vescovo o un
suo delegato esamini i testimoni presentati dal postulatore e gli altri che
devono essere interrogati d'ufficio, assistito da un notaio che trascrive le
parole di chi depone, il quale alla fine conferma la deposizione. Ma se urge l'esame dei testimoni per non perdere le prove, essi devono essere interrogati anche prima di completare la ricerca dei documenti (4)
b) All'esame dei testimoni
partecipi il promotore di giustizia; qualora questi non fosse stato
presente, gli atti vengano poi sottoposti al suo esame, affinché egli possa
fare le sue osservazioni e proporre quanto gli parrà necessario e opportuno.
c) I testimoni siano
esaminati anzitutto sugli interrogatori stabiliti; poi il vescovo o il suo
delegato non tralasci di porre ai testimoni altre domande necessarie o
utili, affinché quanto essi hanno detto sia chiarito o le eventuali
difficoltà emerse siano appianate o superate.
17. I testimoni devono essere
testimoni oculari; a questi, se occorre, possono essere aggiunti altri
testimoni che hanno sentito da coloro che hanno visto; ma tutti siano degni
di fede.
18. Come testimoni siano
presentati anzitutto i consanguinei e parenti del servo di Dio e quanti
altri abbiano vissuto con e frequentato il servo di Dio.
19. A prova del martirio o
dell'esercizio delle virtù e della fama dei prodigi di un servo di Dio che
sia appartenuto a qualche istituto di vita consacrata, una parte notevole di
testimoni presentati devono essere estranei; a meno che ciò sia impossibile,
a motivo della particolare vita del servo di Dio.
20. Non siano ammessi a
testimoniare:
a)il sacerdote, per quanto
riguarda tutto ciò di cui è venuto a conoscenza attraverso la confessione
sacramentale;
b)i confessori abituali o i
direttori spirituali del servo di Dio, per quanto riguarda anche tutto ciò
che il servo di Dio ha loro manifestato nel foro di coscienza fuori della
confessione sacramentale.
c)il postulatore nella causa,
finché svolge l'incarico.
21. a) Il vescovo o il
delegato chiami d'ufficio alcuni testimoni, che siano in grado di
contribuire, se occorre, al completamento dell'inchiesta, soprattutto se
sono contrari alla causa stessa.
b) Devono essere chiamati
come testimoni d'ufficio gli esperti che hanno svolto le indagini sui
documenti e redatto la relazione sui medesimi; essi devono dichiarare sotto
giuramento: 1)di avere svolto tutte le indagini e di aver raccolto tutta la
documentazione riguardante la causa; 2)di non aver alterato o mutilato alcun
documento o testo.
22. a) I medici curanti,
quando si tratta di guarigioni prodigiose, vanno prodotti come testimoni.
b) Qualora essi si
rifiutassero di presentarsi al vescovo o al delegato, questi provveda che
redigano sotto giuramento, se possibile, una relazione scritta da mettere
agli atti sulla malattia e il suo decorso, o almeno si cerchi di ottenere
tramite interposta persona, un loro giudizio, da sottoporre poi ad esame.
23. I testimoni nella loro
testimonianza, che dev'essere confermata con giuramento, devono indicare la
fonte della loro conoscenza di quanto asseriscono; diversamente la loro
testimonianza è da ritenersi nulla.
24. Se un testimone
preferisce consegnare al vescovo o al suo delegato, sia contestualmente alla
deposizione sia al di fuori di essa, qualche scritto da lui redatto in
precedenza, tale scritto venga accettato, purché il teste stesso provi con
giuramento che ne è l'autore e che in esso sono esposte cose vere; e tale
scritto venga accluso agli atti della causa.
25. a) Qualunque sia il modo
con cui i testimoni hanno rilasciato le informazioni, il vescovo o il
delegato abbia diligente cura di autenticarle sempre con la sua firma e col
proprio timbro.
b) I documenti e le
testimonianze scritte, sia raccolte dagli esperti sia rilasciate da altri,
siano dichiarate autentiche con l'apposizione del nome e del timbro di un
notaio o di un pubblico ufficiale che ne faccia fede.
26. a) Se le indagini sui
documenti o sui testimoni devono essere svolte in altra diocesi, il vescovo
o il delegato mandi una lettera al vescovo competente, il quale procederà
secondo le norme qui stabilite.
b) Gli atti di tale inchiesta
siano conservati nell'archivio della curia, ma una copia redatta a norma dei
nn. 29-30 sia mandata al vescovo richiedente.
27. a) Il vescovo o il
delegato si interessi con somma diligenza e impegno affinché nel raccogliere
le prove nulla sia omesso, di quanto in qualunque modo ha attinenza con la
causa, tenendo presente che il felice esito della causa dipende in gran
parte dalla sua buona istruzione.
b) Raccolte quindi tutte le
prove, il promotore di giustizia esamini tutti gli atti e documenti per
potere, se gli parrà necessario, richiedere ulteriori indagini.
c) Al postulatore dev'essere
data anche la facoltà di esaminare gli atti per potere, se lo ritiene
opportuno, completare le prove con nuovi testimoni o documenti.
28. a) Prima che l'inchiesta
sia conclusa il vescovo o il delegato ispezioni diligentemente la tomba del
servo di Dio, la camera nella quale abitò o morì e altri eventuali luoghi
dove si possano mostrare segni di culto in suo onore, e faccia una
dichiarazione circa l'osservanza dei decreti di Urbano VIII sulla non
esistenza di culto (5)
b) Di tutto ciò che è stato
fatto si rediga una relazione da allegare agli atti.
29. a) Completati gli atti
istruttori, il vescovo o il delegato ordini che sia redatta una copia
conforme, a meno che, considerate le circostanze sicure, abbia già permesso
di prepararla durante la fase istruttoria.
b) La copia conforme sia
trascritta dagli atti originali e venga fatta in duplice esemplare.
30. a) Fatta la copia
conforme, la si confronti con l'originale, e il notaio firmi ciascuna pagina
almeno con le sigle e vi apponga il suo timbro.
b) L'originale chiuso in
busta e contrassegnato dai timbri sia custodito nell'archivio della curia.
31. a) La copia
conforme dell'inchiesta e i documenti allegati vengano trasmessi per via
sicura alla sacra congregazione in duplice esemplare debitamente chiusi e
contrassegnati dai timbri, assieme ad una copia dei libri del servo di Dio
esaminati dai censori teologi e sottoposti al loro giudizio. (6)
b) Se è necessaria una
traduzione degli atti e dei documenti in una lingua ammessa presso la sacra
congregazione, si producano due copie della versione dichiarata autentica, e
siano inviate a Roma assieme alla copia conforme.
c) Il vescovo o il delegato
mandi inoltre al cardinale prefetto una dichiarazione sulla credibilità dei
testimoni e la legittimità degli atti.
32. L'inchiesta sui miracoli
va istruita separatamente dall'inchiesta sulle virtù o il martirio e si
svolga secondo le norme che seguono(7)
33. a) Il vescovo competente
a norma del n. 5 b, dopo aver ricevuto il libello del postulatore assieme ad
una breve ma accurata relazione dell'asserito miracolo e ai documenti ad
esso relativi, chieda il giudizio di uno o due esperti.
b) Se avrà poi deciso di
istruire l'inchiesta giuridica, esaminerà di persona o tramite un suo
delegato tutti i testimoni, secondo le norme stabilite sopra ai nn. 15a,
16-18 e 21-24.
34. a) Se si tratta di
guarigione da una malattia, il vescovo o il delegato chieda l'aiuto di un
medico, il quale pone le domande ai testimoni per chiarire meglio le cose
secondo la necessità e le circostanze.
b) Se il guarito è ancora
vivente, alcuni esperti lo visitino, per costatare se la guarigione è
duratura.
35. La copia conforme
dell'inchiesta assieme ai documenti allegati sia inviata alla sacra
congregazione, secondo quanto stabilito ai nn. 29-31.
36. Sono proibite nelle
chiese le celebrazioni di qualunque genere o i panegirici sui servi di Dio,
la cui santità di vita è tuttora soggetta a legittimo esame.
Ma anche fuori della chiesa
ci si deve astenere da quegli atti che potrebbero indurre i fedeli a
ritenere a torto che l'inchiesta, fatta dal vescovo sulla vita e sulle virtù
o sul martirio del servo di Dio, comporti automaticamente la certezza della
futura canonizzazione del servo di Dio stesso.
Giovanni Paolo II, per divina
provvidenza papa, nell'udienza concessa il 7 febbraio 1983 al sottoscritto
Cardinale Prefetto della Congregazione, si è degnato di approvare e
ratificare le presenti norme, ordinandone la pubblicazione e l'entrata in
vigore da oggi stesso. Esse dovranno debitamente e devotamente essere
osservate da tutti i vescovi che istruiscono le cause di canonizzazione e da
quanti altri direttamente interessati, nonostante qualsiasi disposizione in
contrario, anche degna di speciale menzione. Roma, dalla Sacra Congregazione per le Cause dei Santi, 7 febbraio 1983. |