TESTIMONIANZE CRISTIANE

 

Conosciamo e crediamo

 

I grandi santi e la loro storia

 
Santa Vincenza Gerosa e Santa Bartolomea Capitanio
   

Le vite di queste due donne sono intrecciate, sia perché entrambe di Lovere (Bergamo), sia perché si sono santificate in un’opera comune: assistere e curare i malati, prendersi cura dei giovani, aiutare i poveri, nel nome della carità di Cristo. Per dare continuità a quest’opera di bene diedero origine all’Istituto delle Suore di Carità.

 

La Gerosa, al secolo Maria Caterina, era nata il 29 ottobre 1784. Con la sorella Rosa, aiutava i poveri e assisteva gli ammalati nelle loro case e nell’ospedale che  si aprì a Lovere nel 1826 nella casa lasciata allo scopo dallo zio della Gerosa, Ambrogio. Direttrice dell’ospedale era Maria Bartolomea Capitanio. Questa, nata il 13 febbraio 1807, si era diplomata maestra presso il Convento delle Clarisse e fin da ragazzina aveva sognato di dedicarsi alle opere di carità, particolarmente alla cura dei giovani e all’assistenza degli ammalati.

 

Inizialmente aprì una scuola elementare in casa sua e si prese cura dell’oratorio, associando e impegnando le ragazze del paese e prestandosi ad animare anche quelle dei paesi vicini. Guidata dal sacerdote loverese don Angelo Bosio, nel 1832, con Caterina Gerosa, diede origine all’Istituto delle Suore di Carità, che si aprì a Lovere nella Casa detta Gaia, ora Conventino, dove trasferì la scuola inizialmente aperta in casa sua, si accoglievano le orfane e i poveri e, nel vicino ospedale, si assistevano gli ammalati.

Per  varie circostanze  storiche l’Istituto sorse adottando le Regole delle Figlie della Carità di santa Giovanna Antida Thouret, sotto la protezione di san Vincenzo de’ Paoli.

 

Caterina Gerosa, che prenderà poi il nome di Suor Vincenza,  accettò nella fede di unirsi a Bartolomea per quest’opera santa, lasciandone  però a Bartolomea la guida.

 

Ma il Signore dispose le cose a modo suo e, il 26 luglio 1833, chiamò a sé Bartolomea Capitanio, che aveva solo 26 anni. Caterina Gerosa, in una disposizione d’animo di profonda obbedienza alla volontà di Dio, assunse la responsabilità dell’istituto, che gradualmente si arricchì di nuovi soggetti. Nella sua umiltà, non voleva che la chiamassero “superiora”, ma semplicemente la più “anziana”.

Benché non avesse una grande cultura, suor Vincenza Gerosa fu di una mirabile sapienza, di quella sapienza che traeva dal Crocifisso, conformandosi a lui in ogni prova e sofferenza, e mantenendosi sempre serena e fiduciosa. Sotto la sua guida, l’Istituto crebbe e si diffuse; alla sua morte, avvenuta il 29 giugno1847, l’Istituto contava 156 suore distribuite in 25 comunità.

 

Nel 1840 il Pontefice Gregorio XVI  eresse a Congregazione religiosa l’Istituto delle Suore di Carità di Lovere. Per la devozione a Maria SS. nel mistero delle sua infanzia che le suore diffusero, tale Istituto fu poi chiamato “delle Suore di Maria Bambina”.

 

Bartolomea Capitanio fu riconosciuta beata nel 1926, Vincenza Gerosa nel 1933. Entrambe furono canonizzate da Pio XII nel 1950. La Chiesa le ricorda il 18 maggio.

 

Medico, divenne vescovo della città di Sebaste in Armenia nel IV secolo, dove operò molti miracoli. Sotto il Preside Agricolao fu imprigionato, lungamente picchiato e sospeso ad un legno, dove con pettini di ferro gli furono lacerate le carni. Fu nuovamente rinchiuso in un’orrida prigione e quindi sommerso in un lago, dal quale uscì salvo. Per ordine del medesimo giudice, subì il martirio decapitato insieme con due fanciulli dopo l'uccisione di sette donne arrestate mentre raccoglievano le gocce di sangue che scorrevano dal corpo dello stesso martire, durante il suo supplizio. È invocato per le malattie della gola, la tradizione infatti racconta del miracolo operato dal santo per liberare un ragazzo cui si era conficcata una lisca di pesce in gola.

L’"osso della gola" di san Biagio con il quale si benedicono i fedeli, dal 1617 è ai Ss. Biagio e Carlo ai Catinari [Roma]. La reliquia precedentemente custodita a S. Biagio dell’Anello fu portata a S. Pietro in Vaticano nel pontificato di Eugenio IV (1431-1447); posta in un prezioso reliquiario dal cardinale Enrico de Minutilis (eletto nel 1389, morto nel 1412) venne rubata nel Sacco di Roma del 1527. Nello stesso anno fu riscattata con cento ducati d’oro dal cardinale Andrea della Valle. Ai Ss. XII Apostoli vi è la reliquia di un braccio del santo Vescovo di Sebaste invocato contro le malattie della gola.

si festeggia il 3 febbraio

 

I Grandi santi e la loro storia