beatificata il 29
aprile 2001
|
Caterina Cittadini nasce a Bergamo in via Masone il 28settembre 1801 da
una famiglia emigrata in città da Villa d'Alme in cerca di fortuna.
Rimasta orfana della mamma (del padre non si hanno notizie, forse si era
arruolato nell'esercito napoleonico), viene accolta nel Conventino di
Bergamo prima dell'età richiesta dal Regolamento "considerato il caso
particolare dell'infelice figlia". Alcuni mesi dopo è raggiunta dalla
sorellina Giuditta, di due anni inferiore, pure essa accolta in via
eccezionale per interessamento di Mons. Passi, Vicario del Vescovo
Dolfin, e di don Brena, Priore del Conventino, considerata la situazione
pietosa delle due sorelline rimaste sole al mondo.
Esse trascorrono l'infanzia,
l'adolescenza e la giovinezza al Conventino; ne escono nel 1822 entrambe
con il diploma di maestre, il che è significativo delle loro capacità e
del loro impegno se si considera la condizione della donna, soprattutto
nel bergamasco, nella prima metà dell’Ottocento.
Prive di famiglia e di ogni cosa, vengono accolte a, Calolzio dai cugini
sacerdoti don Giovanni e don Antonio Cittadini e dalla cugina Maria.
|
Caterina
viene assunta come insegnante nella scuola elementare di Somasca, dove
si reca ogni giorno con la sorella.
Nel 1826,
con l'aiuto finanziario e l'appoggio di don Antonio, le due sorelle
acquistano una casa a Somasca e vi si stabiliscono. Mentre Caterina
continua il suo insegnamento nella scuola, Giuditta nel 1829 dà inizio
alla scuola privata per le bimbe povere che, per vari motivi, non
possono accedere alla pubblica. Entrambe, cresciute all'ombra della
sofferenza per mancanza degli affetti famigliari e animate dal desiderio
di donarsi a Dio in un Istituto religioso per dedicarsi all'educazione,
chiedono consiglio a don Brena che le aveva seguite al Conventino con
attenzioni paterne. Con preveggenza il Priore le invita a rimanere a
Somasca: "Non è volontà del Signore che voi effettuiate una
tale risoluzione. In Somasca dovete far permanenza. Egli, Onnipotente
com'è penserà a voi, compirà i vostri desideri col fondare una
religione nella valle San Martino sulla ridente collina di Somasca...
Voi ne sarete le pietre fondamentali" (cfr "Testi delle Origini",
pag. 17).
Le due sorelle obbediscono e, memori di quanto ricevuto al Conventino
dalle loro maestre, convinte di come sia indispensabile una sana
educazione cristiana, attingendo forza e conforto nella preghiera,
vivono la loro giornata dedicandosi con tulle le loro energie alle bimbe
ed alle fanciulle che aumentano di numero di anno in anno.
Nel 1836, dopo molte richieste, ottengono il
decreto per l'erezione di una Casa di "educazione femminile", cioè il
funzionamento di un Convitto, la cui direzione è assunta da Giuditta.
Quando sembra che tutto proceda bene, nel Convitto e nella scuota, il 24
luglio 1840 Giuditta muore e Caterina rimane sola, piegata dal dolore, a
continuare quanto iniziato con la sorella: oltre all'insegnamento nella
scuola pubblica, assume la direzione del Convitto.
Nel 1844, sempre tesa a vivere il suo ideale educativo come consacrata,
con tre compagne che hanno scelto di condividere con lei la vita di
donazione a Dio, firma con regolare atto notarile un "Contratto di
società e di sorte", preludio di una comunità religiosa, aspirazione
continua delle quattro socie.
Nel 1845 Caterina, logorata in salute, si ritira dalla scuola pubblica e
si dona totalmente all'opera educativa allargando l'accoglienza ad
alcune orfane, aprendo la casa alle attività oratoriane, dedicandosi con
le compagne alla catechesi parrocchiale, sempre protesa all'ideale di
una Famiglia religiosa.
Aiutata da un Padre Somasco, stende la bozza delle Regole attingendo a
quelle delle Orsoline di Milano e le presenta al Vescovo di Bergamo,
Mons. Speranza, che l'accoglie bruscamente e le nega l'approvazione.
Umiliata ma non abbattuta, Caterina si rimette all'opera, ma non avrà la
gioia di vedere compiuto il suo sogno: muore il 5 maggio 1857... Mons.
Speranza si recherà a Somasca il 14 dicembre dello stesso anno!
Così è il destino dei santi: gustare nell'aldilà, nella luce di Dio, il
premio delle loro fatiche. |