dottore della Chiesa |
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si festeggia il 13 giugno |
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Antonio è uno dei santi più amati e venerati nel mondo. La
sua vasta dottrina, condensata nei «Sermones», che fa di lui uno dei maestri
del suo tempo, è offuscata dalla fama di operatore di "miracoli". Per tutti
è semplicemente il "Santo". Gli ammiratori gli hanno dedicato a Padova,
alcuni anni dopo la sua morte, una stupenda basilica definita da Paolo VI
"clinica spirituale", per i prodigi interiori che di continuo lì si compiono
e dichiarata da Giovanni Paolo II, nel giugno del 1997 "santuario
internazionale".
Il Santo, che ha vissuto in Italia solo alcuni anni della
sua vita conclusasi a Padova, è di origine portoghese. Gli ha infatti dato i
natali intorno al 1195 Lisbona, in Portogallo. Antonio era figlio di
Martino, nobile che la tradizione vuole della famiglia dei Bulhoes y Taveira
de Azevedo - da noi chiamati più semplicemente i Buglioni - che annoverava
tra i suoi membri il prode Goffredo, condottiero della prima crociata.
Quindicenne, Fernando (con tale nome era stato battezzato)
entrò fra i canonici regolari di sant'Agostino, a Lisbona prima e poi a
Coimbra. Di intelligenza acuta e brillante, in pochi anni riuscì a
immagazzinare tanta cultura teologica, scientifica e soprattutto biblica da
meritarsi in seguito il titolo di "Arca del testamento". Gli studi non
riuscirono però ad appagare le aspirazioni del suo animo generoso. Il
giovane canonico trova la sua strada il giorno in cui a Lisbona approdarono
le salme, di cinque frati francescani martirizzati nel Marocco. Decise
allora di seguirne le orme entrando tra i francescani di Coimbra con il nome
di frate Antonio.
Si era recato in Marocco per coronare la propria vita con il martirio, ma
misteriose febbri lo obbligarono a tornare in patria. Durante il viaggio una
tempesta lo fece naufragare sulle coste della Sicilia, presso Milazzo.
Risalì quindi l'Italia, in compagnia di altri frati, diretti ad Assisi dove
si svolgeva il Capitolo generale poi detto "delle stuoie". Era il 1221.
Nella cittadina umbra Antonio conobbe Francesco, il quale qualche tempo più
avanti, ammirato dalla sua profonda dottrina, lo chiamerà "mio vescovo".
Ad Assisi il frate portoghese venne destinato al convento-romitorio di
Montepaolo, vicino a Forlì, dove rimase per qualche tempo alternando
preghiere, lavoro e studio. Una predica improvvisata, in occasione di
un'ordinazione sacerdotale (era venuto a mancare il predicatore ufficiale),
impose all'attenzione di tutti la profonda cultura, la capacità oratoria, e
la ricchezza interiore di frate Antonio. All'indomani, lasciato l'eremo di
Montepaolo, il frate era già sulle strade polverose dell'Italia
settentrionale e della Francia, missionario itinerante e predicatore, ad
annunciare il messaggio evangelico e francescano, contro le labili
costruzioni degli eretici che avevano infestato quelle regioni. Nella
eretica Rimini, che rifiutava di ascoltare la Parola di Dio, egli andò a
predicare ai pesci che lo accolsero sulla riva. In altre città eccolo
sfidare gli eretici inducendo una mula, tenuta a digiuno per giorni, ad
inginocchiarsi di fronte all'ostia consacrata, mentre alle sue froge
giungeva invitante il profumo d'un bel mucchio di biada.
Tornato in Italia, si stabilì a Padova, dove proseguì la sua attività di
Predicatore.
Celebre un suo quaresimale, tenuto a Padova alcuni mesi prima di morire, e
un coraggioso quanto sfortunato incontro con il feroce tiranno Ezzelino da
Romano, dal quale era andato a perorare la liberazione di alcuni prigionieri
tenuti barbaramente segregati nelle celle del suo palazzo.
Negli ultimi tempi, spossato dalla fatica e dalla malattia (soffriva per le
conseguenze delle febbri malariche) accettò l'invito di un amico, il conte
Tiso di Camposampiero, a recarsi nel convento di quella cittadina, immerso
nella quiete della campagna, per riposarsi. A Camposampiero, Antonio si era
fatto costruire dall'amico conte tra i rami fronzuti di un noce una piccola
cella, dove si ritirava a pregare. Ma quella solitudine fu infranta dagli
ammiratori che, scoperto il nascondiglio segreto, si recavano in massa a
chiedergli il conforto della parola.
Nella tarda primavera del 1231, Antonio fu colto da malore. Deposto su un
carro trainato da buoi, venne trasportato a Padova, dove aveva chiesto di
poter morire. Giunto però all'Arcella, un borgo della periferia della città,
la morte lo colse. Spirò mormorando: "Vedo il mio Signore". Era il 13
giugno. Aveva 36 anni.
Il Santo venne sepolto a Padova, nella chiesetta di santa Maria Mater
Domini, il rifugio spirituale del Santo nei periodi di intensa attività
apostolica. Un anno dopo la morte, la fama dei tanti prodigi compiuti
convinse Gregorio IX a bruciare le tappe del processo canonico e a
proclamarlo santo. La Chiesa ha reso giustizia alla sua dottrina,
proclamandolo nel 1946 di «dottore della chiesa universale» |