Questo santo è
conosciuto un po' dappertutto. La sua festa - secondo la tradizione -
cade il 17 gennaio, giorno della sua morte, cioè della sua nascita alla
vita celeste. Celebrata a Gerusalemme fin dal V secolo, quando la sua
memoria fu introdotta a Roma, questo Santo divenne uno dei più popolari
e sulla sua vita fiorirono numerose leggende.
Ma chi era veramente
Antonio? Era egiziano, appartenente ad una famiglia cristiana facoltosa.
Fino a vent'anni condusse una vita semplice ed ingenua, ma non fu certo
un credulone o uno sprovveduto. Alla morte dei genitori, rimase con una
sorella. Allora attuò la proposta che Gesù aveva fatto al giovane ricco:
«Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai
poveri e avrai un tesoro in cielo».
Antonio vendette i suoi beni, assicurò i mezzi di
sostentamento alla sorella che, a causa della sua scelta, sarebbe
rimasta sola, e si ritirò in una celletta non lontana dal suo paesino,
impegnandosi nella preghiera, nella lettura delle Sacre Scritture e nel
lavoro. Poi si rifugiò in un'antica tomba egiziana, scavata sul fianco
di una montagna. Dopo qualche anno, si isolò in un castello abbandonato
e poi, sulle rive del Mar Rosso, in una zona desertica.
Benché si fosse
appartato in un luogo inospitale, la notizia della sue presenza si
diffuse, e Antonio divenne un "Abate", cioè il padre degli eremiti che,
in numero sempre maggiore, abbandonavano le città per vivere in
solitudine. Sant'Atanasio, Patriarca di Alessandria, fu il primo
biografo dell'anacoreta, oltre che suo contemporaneo. Fu anche
ammiratore della vita ascetica di Antonio, vita austera, di penitenza e
di sacrificio. Nei suoi scritti annotò che, alla morte dell'Abate, il
numero dei solitari, che vivevano santamente nel deserto, era molto
elevato.
Nella sua
solitudine, Antonio fu tormentato da tentazioni demoniache. Il diavolo
gli appariva in forme angeliche, umane ed animalesche. Ma l'Abate riuscì
sempre a vincere il male, e non certo senza fatica. Dopo aver superato
una delle peggiori tentazioni, disse a Gesù: «Dov'eri tu? Perché non
eri presente ad aiutarmi?». «Ero qui - gli rispose Gesù - e volevo
vedere la tua battaglia. Ora che hai combattuto e vinto, per tutto il
mondo ti farò ricordare».
Quando
l'imperatore Massimino decretò la persecuzione, Antonio lasciò il suo
romitorio ed andò ad Alessandria, per incoraggiare i martiri e, forse,
per subire egli stesso il martirio. Ma fu risparmiato. Se ne tornò
quindi nella Tebaide, dove alternò la preghiera alla coltivazione di un
campicello, per non dipendere da altri e per sostentare chi si recava da
lui per imitarne l'ascetismo o per chiedergli consigli. Secondo il suo
biografo, in questo periodo operò molte guarigioni, ebbe visioni ed
anche il dono della profezia. Lì trascorse il resto della sua
lunghissima vita, e lì morì, ultracentenario, nel 356.
Fu invocato come
guaritore di malattie, particolarmente quella nota col nome di "fuoco di
S. Antonio". È raffigurato con un maialino, perché - come si raccontava
- l'animaletto era stato guarito dal Santo, e d'allora, lo seguiva
dappertutto. Fu anche considerato protettore del bestiame. Ancora oggi,
da più parti, il 17 gennaio vige l'usanza di far benedire - sul sagrato
delle chiese - gli animali, anche quelli domestici e gli uccellini.
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