La prima
domanda che ci poniamo è il perché: il
fondamento ultimo del perché Dio ha voluto i sacramenti, lo si trova nell’agire
stesso di Dio, come si è manifestato nella sua libera Rivelazione. Osservando
come normalmente Dio agisce nella storia, troviamo delle caratteristiche
costanti del suo agire: il fine, il modo e il motivo. Il fine
dell'agire di Dio è la salvezza,
rappresenta il
punto centrale della fede ebraico-cristiana: Israele prende consapevolezza di
Dio come Salvatore nell’evento dell’Esodo. Nell’A.T. il contenuto della salvezza
si estendeva ai beni spirituali e terreni; ma dopo l’esilio babilonese l’idea di
salvezza si congiunge con la speranza messianica: Gesù è la salvezza integrale.
Nel N.T. la salvezza ha il volto di Cristo, che è la salvezza definitiva Rm 8,24
(Poiché
nella speranza noi siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se visto, non è
più speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe ancora sperarlo?)
la salvezza si è già realizzata nella storia, ma non è ancora compiuta, questa è
la speranza.
Tra i
tanti modi con cui Dio può compiere la sua salvezza per gli uomini, egli
privilegia quello sacramentale, valorizzando le mediazioni. Chenu afferma che
Dio rispetta la comunicazione tra gli uomini e questo pensiero è stato
espressamente richiamato da Tommaso nella Somma Teologia “La sapienza divina
provvede a ciascun essere secondo la sua natura”. Il modo sacramentale
dell’agire divino va quindi cercato nella condiscendenza per cui Dio si adatta
al modo di comunicare delle sue creature, è come se la pedagogia di Dio compisse
a favore dell’uomo. Dio si adegua a noi servendosi del nostro linguaggio. Dio si
adegua all’uomo perché lo ama; l’amore è la legge omnicomprensiva della storia
della salvezza.
Oltre a essere il motivo, l’amore è anche lo scopo
dei sacramenti, la modalità di funzionamento di esse e il loro effetto. Dio
rispetta le mediazioni storiche, si serve dei segni dell’uomo.
Dio ha seguito sin dall’inizio della storia della
salvezza la logica dell’incarnazione e la modalità sacramentale. Il fulcro
teologico è l’incarnazione di Cristo salvezza di Dio che si comunica attraverso
modalità umane. Cristo è il grande sacramento di Dio, per il fatto che il suo
mistero salvifico si comunica agli uomini attraverso l’umanità. Se il verbo non
fosse uomo non sarebbe salvezza per noi. I segni liturgici quindi non sono
qualcosa di estraneo alla logica di Dio e al suo sistema comunicativo. Essi,
compresi nella logica sacramentale, comunicano la grazia invisibile attraverso
segni corporei visibili. I sacramenti offrono il dono e l’esperienza della
trascendenza, ma attraverso segni corporei concreti, storici. A partire sempre
dalla rivelazione e in rapporto al discorso sui sette sacramenti, vediamo che
Dio si è servito di tutta la ricchezza del linguaggio umano, ma con gli stessi
elementi primari che sono gli eventi, la parola e i riti.
Il modo in cui
Dio comunica questa salvezza è quello dell'uomo, Dio si adatta all'uomo e quindi
il modo sono gli eventi della salvezza, gli eventi storici, per il cristianesimo
e l'ebraismo è importantissima la storia; la parola che spiega gli eventi non
sempre così semplici da capire, pensiamo alla morte di Gesù e il rito, il rito è
molto importante, sia nell'A.T. che nel N.T.
A partire sempre dalla rivelazione e in rapporto al
discorso sui sette sacramenti, vediamo che Dio si è servito di tutta la
ricchezza del linguaggio umano, ma con gli stessi elementi primari che sono gli
eventi, la parola e i riti:
- Posto primario hanno gli eventi: gli eventi nel
tempo e nello spazio. Avvenimenti che possiamo registrare anche attraverso la
storia e che uno storico qualsiasi non leggerà attraverso una logica di fede,
come un uomo di Dio, ma soltanto come avvenimenti storici. Una caratteristica
della storia della salvezza è inquadrare gli incontri di salvezza di Dio
all’interno del tempo e della storia. Sono gli interventi concreti di Dio
nella storia umana; vie umane di cui Dio si serve per comunicare la sua
salvezza agli uomini. Per la Bibbia la salvezza non giunge attraverso racconti
mitici, che sono fuori dalla storia, come poteva essere per la religiosità
greca. La salvezza non avviene solamente attraverso la gnosi, conoscenza o
dottrina, ma attraverso avvenimenti, episodi registrati dalla storia.
All’interno della storia un momento irrinunciabile della fede è la memoria di
questi mirabilia Dei. Avvenimenti di salvezza compiuti da Dio nella storia,
registrati dalla Scrittura: la vicenda di Abramo, l’esodo, il Sinai, l’esilio,
ecc. I mirabilia Dei ci impegnano per il passato (ricordo), per il presente (
a sprigionare i loro effetti nell’attualità), per il futuro (a proiettarci
verso una visione escatologica, come anticipo delle realizzazioni future). Nel
N.T. al centro di questa storia salvifica sta Cristo con i suoi avvenimenti di
morte e risurrezione. I sacramenti quindi sono l’attuazione rituale nell’oggi
in forma celebrativa, degli eventi mirabili della storia della salvezza. La
storia è così importante che noi inseriamo il nostro Credo un’affermazione
meramente storica: patì sotto Ponzio Pilato.
- Un altro posto chiave, che caratterizza il tipico
movimento discendente di Dio verso gli uomini, è occupato dalla “parola”.
La parola è pure una forma d’incarnazione, perché Dio fa udire la sua parola
attraverso un linguaggio umano, lasciando che i suoi pensieri e le sue parole
passino attraverso il vocabolario degli uomini. Anche la parola quindi esprime
un incontro di tipo sacramentale. La parola corrisponde non solo al modo, ma
anche al fine, che è la salvezza. La parola non è semplice comunicazione di
nozioni, nella teologia biblica infatti non viene ristretta a una dimensione
noetica, ma è actio Dei, dabar è la parola che crea, parola che guarisce, la
parola copre tutte e due le dimensioni, creazionale e redentiva (Sal 32,6; Sal
107,19-20). Cristo fu profeta potente in parole e in opere (eventi) egli
comunicava parole di vita eterna (“Signore,
da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”Gv 6,68).
L’originalità di Cristo è talmente centrata sulla parola da costituire per Gv
1, la parola incarnata. Come si pone la Parola in rapporto agli eventi? Le
opere manifestano il contenuto della parola e la parola svolge un servizio nei
confronti delle opere, perché queste ultime possono rimanere oscure,
incomprensibili, ad esempio, la morte di Gesù (avvenimento, opera), che i
discepoli lessero come sconfitta, le parole di Gesù danno invece una lettura
giusta di quell’avvenimento.
- Una terza mediazione che caratterizza il modo umano
dell’intervento salvifico di Dio sono i riti. Ci riguarda
particolarmente perché i sette sacramenti sono fondamentalmente dei riti. Cosa
è un rito? Il termine rito contiene al suo interno un aspetto chiave che è la
sua fissità, perché il rito per sua definizione, deve avere una stabilità. Se
un rito deve cambiare lo si fa con molta lentezza, altrimenti perde la sua
caratteristica. Il rito si compone di diversi elementi (parole, simboli, cose,
gesti, posizioni del corpo). Perché l’uomo ha bisogno di riti? Perché li
inventa? L’uomo non è solo homo sapiens, homo faber, ma è anche homo
religiosus, che ha una dimensione trascendente, è homo ritualis. Il rito vuole
essere questa mediazione con questo mondo del mistero. Dio si serve anche dei
riti che sono una mediazione umana, per comunicare la salvezza. Non solo gli
avvenimenti della storia, non solo la parola, ma anche i riti appartengono
all’ordine salvifico di Dio. Facile dimostrarlo nell’A.T.; nel N.T. invece
Gesù ha una posizione profetica contro i riti, una posizione critica. Al tempo
stesso, dobbiamo riconoscere che Gesù non è venuto per abolire la dimensione
rituale, anche se subisce una critica: alla samaritana Gesù dice “Credimi,
donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme
(due espressioni rituali, espressioni dell’incontro con Dio)
adorerete il Padre. [22]Voi adorate quel che non conoscete, noi
adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. [23]Ma
è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre
in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori.” (Gv
4,21-23). Gesù ha una percezione diversa del rapporto fra Dio e l’uomo; uno
degli aspetti più originali del suo messaggio è la relatività del mondo
rituale nel rapporto con Dio. Ciò non significa l’abolizione del mondo rituale
da parte di Gesù, per il fatto che egli si manifesta come uomo orante che va
al tempio. Ai suoi discepoli, dopo la resurrezione, dice “andate e
battezzate”, quindi comunicare la salvezza non solo attraverso l’annuncio,
ma anche attraverso un rito: il battesimo. E quando spezza il pane e versa il
vino, dice “fate questo in memoria di me” invita i suoi discepoli a conservare
un rito particolare.
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