Controversie medioevali |
Nel periodo medioevale non si conosceranno grossi problemi riguardo la natura sacrificale dell’eucaristia, lo stesso Tommaso non dirà nulla di nuovo sulla questione. Tutto convergerà invece sulla presenza reale, in quanto tutti gli autori tenteranno di dare una spiegazione della presenza di Gesù nell’eucaristia. Nessuno mette in dubbio la presenza di Gesù, ma il problema sorge attorno al come Gesù è presente. C'era la linea simbolista di Origene e quella di Ambrogio che era realista. Questi vengono portati all'estremo da due monaci. Anche Origene era simbolista, ma alcuni testi realisti in lui si trovano. Da una parte abbiamo Pascasio Lamberto di Corde, morto nell’850, il quale compone una prima monografia sull’argomento, sei anni prima di morire. Egli sostiene l’idea di una identificazione tra il corpo eucaristico e il corpo storico del Signore; sviluppa una concezione che a livello storico è conosciuta come cafarnaismo. Non è più un libro sull'eucarestia, ma sul corpo e il sangue di Cristo, si vuole discutere come sono presenti. Pascasio identifica il Cristo storico con il Cristo eucaristico, nell'eucarestia sono contenuti realmente il corpo e il sangue di Cristo, non altra carne che quella che è nata da Maria, lui la identifica quindi con la carne del Cristo storico. Non riesce però a spiegare la differenza, verrà accusato di sostenere una posizione ultrarealista o sensista, un esperienza di Cristo nell'eucarestia anche attraverso i sensi. In realtà i nostri sensi fanno in realtà esperienza del pane non della carne. Il sensismo è stato tollerato perché non nega. Reagiscono a Pascasio diversi autori tra cui Scoto Eriugena e Ratramno. Ratramno dirà che il corpo e il sangue di Cristo sono solo a livello spirituale il corpo e il sangue di Cristo. Se è una trasformazione fisica se io spezzo in tre l'ostia come faccio ad avere Cristo intero in tutti e tre? Anche fino a poco fa si diceva che non bisognava masticare l'ostia, perché masticando si faceva un torto al corpo di Cristo. Secondo Ratramno c'è solo una presenza spirituale del Signore. Questi libri passarono nel dimenticatoio. Sboccia come vera e propria controversia con Berengario, che passa come l'eretico dell'eucarestia. Berengario ha un pensiero platonico, trova un libro che viene passato per essere di Giovanni Duns Scoto, che aveva una grande importanza, ma in realtà questo libro era di Ratramno. Berengario scrive un De sacra cena, dove porta all'estremo la visione simbolista, la consacrazione cambia il significato non l’essere degli elementi, dando loro una virtus divina, che porta alla comunione con Cristo. Nessuno ha mai messo in dubbio che Cristo è presente, il problema è il come è presente, cambia non l'essere ma il significato. Berengario non sapeva distinguere tra realtà e apparenza, se io vedo una cosa quello che vedo è l'essenza di quella cosa, questo è il suo pensiero, se lui vede pane vuol dire che quello è pane, l'essere si comunicava attraverso l'esperienza dei sensi dei fenomeni, ciò che vedi sull'altare quello è. Se è veramente il corpo del Signore, se è così dovrebbe essere localizzato nello spazio dell'ostia, se io spezzo l'ostia che succede? C'è Cristo in tante piccole parti? La comunione quindi non è sul piano reale ma su quello spirituale e sacramentale. Si ha quindi un'esplosione. Siccome il sacramento è simbolo della realtà, l’eucaristia è simbolo del corpo del Signore e non c’è vera trasformazione, perché il corpo e il sangue del Signore sono in cielo e non possono diventare presenti nel pane e nel vino. Però c’è una trasformazione: ed è il significato di quel pane e quel vino, che non sono più solo pane e vino, ma noi li chiamiamo corpo e sangue del Cristo. La reazione a Berengario sarà una esagerazione della posizione di Pascasio Lamberto e sarà sostenuta dal cardinale Umberto da Silvacandida, famoso perché riprende le tesi di Pascasio, ma tende all’esagerazione contraria. Lui è un realista, ma esagera il realismo dell’interpretazione, producendo poi la condanna di Berengario, che sarà condannato diverse volte per diversi motivi. Anche la posizione del cardinale Umberto da Silvacandida, non era così ortodossa. Berengario venne obbligato a sottoscrivere un documento scritto dal cardinale che recitava così: il corpo di Cristo nell’eucaristia è talmente reale che viene spezzato dalle mani del sacerdote e triturato dai denti dei fedeli sensibilmente e non solo sacramentalmente. Nessun autore nega la presenza reale di Gesù nell’eucaristia e nemmeno il realismo salvifico dell’eucaristia stessa. La dottrina corretta della Chiesa sarà in una posizione di mezzo tra le due esagerazioni e questo grazie all’affermarsi del concetto di transustanziazione, che non era conosciuto, soprattutto grazie a Lanfranco di Canterbury (1089) e Guitmondo di Anversa (1095), ma anche Tommaso d’Aquino. Questi autori spostano il problema sul piano filosofico dell’ontologia. Il termine “transustanziazione” vuol dire la mutazione del pane e del vino nel corpo e sangue del Salvatore, avviene sul piano della sostanza. Il concilio lateranense IV (11-30 nov.1215 *Dz 802) si appropria di questo concetto, elaborandolo. Anche un’altra dottrina si andrà ad aggiungere a questa, cioè la dottrina che distinguerà “sostanza” e “accidente”, proposta dallo stesso Guitmondo, ma sviluppata successivamente da Alano da Lilla. Si potrà così distinguere la trasformazione che avviene sul piano della sostanza, dalla permanenza degli accidenti sensibili (gusto, colore, dimensioni). La dottrina è in qualche modo quasi completa, ma sarà solo Tommaso a definirla completamente. Cos’è la sostanza? Non è molto semplice oggi capirlo, perché la scienza ha reso oggi il concetto molto diverso da quello che pensavano Aristotele e Tommaso. Per Tommaso la sostanza è l’essenza metafisica della cosa ed indica negli accidenti la realtà empirica. La sostanza quindi, al contrario degli accidenti, non è empirica, ma è metafisica. Parlando di transustanziazione, bisogna afferrare bene il concetto di presenza del Signore nel pane e nel vino. Di certo non è la presenza allo stesso modo di quando Gesù camminava con noi su questa terra, ma è del tutto particolare e non paragonabile ad altri tipi di presenza, soprattutto perché non si percepisce attraverso i sensi, ma attraverso la fede. Tommaso parla di presenza non “sub propria specie”, ma “secundum modum substantiae”, cioè Gesù non è presente secondo la realtà storica, ma è presente in modo sostanziale. Per questo motivo l’eucaristia non è sottomessa alle leggi dell’estensione: un frammento di pane consacrato contiene il tutto del corpo e non una parte. La transustanziazione non elimina i segni del pane, al punto che se cessano le specie, cessa anche la presenza sostanziale. |