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Zefirino I (198-217)
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Figlio di un certo Abbondio, succedette nell'incarico di vescovo di Roma a papa Vittore I nell'ultimo periodo dell'impero di Settimio Severo e sotto Caracalla. Il nuovo papa venne descritto da Sant'Ippolito di Roma nel Philosophymena (IX, XI) come un uomo semplice e privo d'istruzione (questa affermazione potrebbe essere interpretata nel senso che Zefirino non aveva intrapreso gli studi più elevati, ma si era dedicato all'amministrazione pratica della Chiesa piuttosto che alla cultura teologica). Immediatamente dopo la sua elevazione, Zefirino richiamò a Roma Callisto che viveva ad Anzio grazie ad un contributo mensile attribuitogli da papa Vittore, e lo incaricò della supervisione del coemeterium. Ci sono prove che sotto Vittore I la comunità cristiana romana divenne proprietaria di un luogo comune di sepoltura sulla Via Appia. Zefirino diede la gestione di questo luogo a Callisto, che fu consacrato diacono proprio da questo papa, che lo volle presso di sé come consigliere. La posizione dei Cristiani, che era rimasta buona nei primi anni di governo dell'imperatore Settimio Severo, andò lentamente degenerando finché, nel 202 o 203, fu emanato un editto di persecuzione che impediva la conversione al Cristianesimo a pena di sanzioni severissime. Nulla è noto riguardo l'esecuzione dell'editto a Roma stessa né sui martiri della Chiesa in questo periodo. Al contrario, ci sono più certezze sulle dispute interne della Chiesa e sulla dottrina della Trinità. Gli adepti del predicatore eretico Teodato di Bisanzio, detto il Pellaio, erano stati scomunicati insieme al loro capo da Papa Vittore, pertanto formarono a Roma una comunità eretica indipendente guidata da un altro Teodato, detto "il Cambiavalute", e da un certo Esclipedoto. Costoro persuasero un confessore, tale Natalio, che, nonostante le torture subite, non aveva abiurato la sua fede di fronte al giudice pagano, ad essere consacrato vescovo della setta con un pagamento mensile di 170 denari. Tuttavia, Natalio fece molti sogni premonitori. All'inizio non credette a queste visioni, ma, successivamente, sognò di essere stato torturato dagli angeli ed iniziò a meditare la questione. La mattina seguente, molto presto, indossò un abito penitenziale, si cosparse il capo di ceneri e si gettò piangente ai piedi di Zefirino. Confessò il suo errore ed implorò di tornare in comunione con la Chiesa, cosa che accadde (Eusebio di Cesarea, Historia Ecclesiastica, V, XXXII). Nello stesso periodo anche i seguaci di Montano operavano con grande energia a Roma. Il montanista Proculo (o Proclo) pubblicò uno scritto in difesa delle nuove profezie; un dotto e rigidamente ortodosso cristiano romano, chiamato Caio, scrisse una confutazione di Proclo sotto forma di dialogo. Caio rifiutava l'Apocalisse di Giovanni, che considerava opera dello gnostico Cerinto. In opposizione a Caio, Ippolito scrisse il Capita contra Caium (Eusebio, Historia Ecclesiastica, III, XXVIII; VI, XX). Ippolito fu il più importante teologo fra i presbiteri romani di questo periodo. Era un sostenitore della dottrina del Logos Divino. Insegnava che il Logos Divino si fece uomo in Cristo, che il Logos si differenzia in ogni cosa da Dio, che il Logos è l'intermediario tra Dio ed il mondo delle creature. Questa dottrina, nella forma in cui fu esposta da Ippolito e dalla sua scuola fece sorgere molti dubbi, e, in contrapposizione alla sua scuola, sorse un'altra scuola teologica. Questa seconda scuola venne rappresentata a Roma, in questo periodo da Cleomene e da Sabellio (Monarchianismo modale). Questi uomini erano rigidi oppositori dell'adozionismo, ma non erano disposti a dare credito all'incarnazione dei Logos, ed enfatizzavano soprattutto l'unità assoluta (monarchia) di Dio. Essi spiegavano l'Incarnazione di Cristo come un'altra manifestazione (modus) di Dio nella sua unione con la natura umana. Di conseguenza vennero chiamati Modalisti o Patripassiani, dato che secondo loro non era il Figlio di Dio che era stato crocifisso, ma il Padre. Il popolo dei cristiani credeva fermamente nell'Unità di Dio e nella divinità di Gesù Cristo. Originariamente nessuno fra loro diffidò di questa dottrina e papa Zefirino non si immischiò nella disputa fra le due scuole poiché l'eresia dei Modalisti non fu, all'inizio, chiaramente evidente e la dottrina di Ippolito opponeva molte difficoltà riguardo alle tradizioni della Chiesa. Zefirino, in tutta la questione, affermò semplicemente che riconosceva un solo Dio, e questo era il "Signore Gesù Cristo", ma era il Figlio, non il Padre che era morto e questa era la dottrina della Chiesa. Ippolito, allora, esortò il papa ad emanare un dogma in cui si decretava che la persona di Cristo era diversa da quella del Padre e si condannavano le posizioni del Monarchismo e del Patripassionismo, ma Zefirino non acconsentì. Il risultato fu che Ippolito divenne sempre più irritato ed adirato contro il papa e, soprattutto, contro il diacono Callisto che, come consigliere del papa, riteneva responsabile della sua posizione. Quando, dopo la morte di Zefirino, Callisto fu eletto vescovo di Roma, Ippolito si allontanò dalla Chiesa e, insieme ai suoi seguaci, provocò uno scisma, si fece consacrare vescovo di Roma e divenne il primo antipapa della storia della Chiesa. Zefirino morì il 20 dicembre 217 e fu sepolto nella Cella Trichora dei Santi Sisto e Cecilia nel cimitero di Callisto sulla via Appia. Il Liber Pontificalis gli attribuisce due decreti, uno sull'ordinazione del clero e l'altro sulla liturgia eucaristica nelle chiese di Roma, ma, come spesso accade per i primi papi, non ci sono prove storiche della veridictà di questa affermazione |