|
Leone XIII (1878-1903)
|
Leone XIII (Vincenzo Gioacchino dei conti Pecci) [Carpineto Romano 1810 - Roma 1903], papa (1878-1903). Nato il 2 marzo 1810 a Carpineto Romano diocesi di Anagni, figlio di Ludovico, di famiglia patrizia fedelissima al papato, dopo aver studiato nel collegio dei gesuiti di Viterbo e (dal 1824) nel Collegio romano, frequentò poi i corsi della Sapienza, perfezionando la sua preparazione per la carriera nella diplomazia e nell'amministrazione pontificia nell'Accademia dei nobili ecclesiastici (alla quale fu ammesso nel novembre 1832). Ordinato sacerdote nel 1837, nel febbraio 1838 fu nominato delegato pontificio di Benevento, dove rimase sino al 1841 operando con abilità ed energia per rafforzare la sovranità pontificia su quella città. Passato poi, sempre con le funzioni di delegato, a Perugia (1841) e nominato arcivescovo di Damiata (Damietta) nel gennaio 1843, nell'aprile dello stesso anno il Pecci fu inviato come nunzio a Bruxelles, dove si trovò a dover fronteggiare una difficile situazione originata dai contrasti che dividevano il clero belga (liberali, influenzati da Lamennais, e intransigenti) e da un dissenso con il governo per la questione dell'insegnamento. Tornato a Roma (luglio 1846) e nominato vescovo di Perugia, resse quel vescovado dal 1846 al 1877, rivelando elevate capacità di governo e doti di equilibrio che si espressero soprattutto nel difficile periodo del 1859-1861 (insurrezione di Perugia del 1859 e annessione dell'Umbria al regno d'Italia). Anche se distante dalle posizioni di rigida intransigenza del cardinale Antonelli, segretario di Stato di Pio IX, era tuttavia un sostenitore convinto della necessità del potere temporale; e fece quindi opposizione all'annessione dell'Umbria e all'introduzione in quella regione della legislazione ecclesiastica piemontese e del matrimonio civile. Nominato camerlengo nel 1877, il Pecci (che nel 1857 era stato fatto cardinale) dopo la morte di Pio IX fu eletto pontefice nel conclave svoltosi il 20 febbraio 1878. Fu un conclave particolare il primo in cui si eleggeva il capo della Chiesa cattolica dopo la perdita del Patrimonium Petri, del potere temporale del Papa, la Santa Sede non aveva più nessun statuto giuridico sul piano internazionale e non aveva nessun supporto territoriale. Ha dovuto inventare un nuovo modo di fare il papa in un contesto politico e culturale completamente nuovo. Il papato liberato da ogni preoccupazione di natura temporale, diventa sempre più consapevole del ruolo dell'opinione pubblica nella vita degli Stati, si vuole un papato aperto all'universale e si presenta come una sorta di autorità morale per il mondo delle nazioni
Importantissimo pontefice che diede inizio a una serie di encicliche sociali con la sua Rerum Novarum: enciclica che difende la classe operaia. E' un testo emblematico che inaugura una tradizione di intervento del papato sui problemi della società moderna in nome dei principi universali della morale cristiana e con i mezzi delle modernità. Umiliato ed indebolito, amputato dei suoi territori e privato dei suoi attributi di sovrano temporale questo nuovo papato tenderà ad affermarsi sempre più come una potenza morale nel mondo globalizzato che conosciamo oggi. . Successore di Pio IX eredita una non semplice situazione.
Alla fine del pontificato di Pio IX la situazione della Chiesa non era del tutto favorevole:
sia sul piano esterno: nei rapporti con gli altri Stati ci sono vari conflitti non risolti e, inoltre, la Chiesa è isolata contro l’emergente anticlericalismo;
La salita al soglio pontificio di Leone XIII, fu considerata dai cattolici liberali come una vittoria, dal momento che il cardinale Pecci era stato all’inizio della sua carriera ecclesiastica Nunzio in Belgio (1843-1845) e aveva potuto conoscere da vicino il modello cattolico-liberale belga.
Per quanto riguarda la Questione Romana Leone XIII, come il suo predecessore, era legato all’idea di uno Stato cristiano-cattolico, ma ciò che differenzia i due pontefici è la diversa strategia. Infatti Leone XIII capì:
che la strategia controrivoluzionaria del pontificato di Pio IX era fallita;
che non si potevano più difendere i propri diritti stipulando alleanze politiche;
che bisognava cercare nuove alleanze;
Leone XIII, per attuare la sua strategia, ha dovuto, prima di tutto, attuare una politica di riconciliazione all’interno d’ogni paese, supponendo il ripensamento di una nuova linea politica:
sia sul piano politico, mediate l’elaborazione di una nuova teologia politica, che rivide i rapporti sussistenti tra lo spirituale e il temporale;
sia sul piano pratico, mediante il ripensamento dei rapporti Chiesa e grandi potenze europee;
Senza cancellare le condanne dei predecessori contro il liberalismo e gli errori moderni, Leone XIII si sforzò di sviluppare una nuova teologia destinata ad integrare le istituzioni liberali nella concezione cattolica dello Stato e della società. Si trattava di rompere col modello teorico dell’agostinismo politico, il potere temporale subordinato a quello spirituale secondo una concezione teocratica. Il nuovo modello che si impone è quello di uno Stato cristiano in alternativa sia allo Stato liberale sia al modello tradizionalista di sottomissione dello Stato alla Chiesa, secondo la filosofia di s. Tommaso d’Aquino, alla quale si ritorna ufficialmente con l’enciclica Aeterni Patris del 4 Agosto del 1879. Il movimento neotomista che si era già sviluppato prima di tale data, trovò un nuovo vigore con la suddetta enciclica che è considerata la Magna Charta del neotomismo contemporaneo, per cui la filosofia tomista diviene la filosofia “ufficiale” della Chiesa Cattolica e fu all’origine della fondazione di importanti scuole:
l’istituto superiore di Filosofia di Lovanio fondato dal giovane, poi cardinale, Mercier (1889);
la Facoltà di teologia dell’Università di Friburgo affidata ai domenicani (1890);
Il papa dedicò al problema dei rapporti Chiesa/Stato le cosiddette 5 “encicliche politiche”:
Quod apostolici muneris (1878);
Diuturnum illud (1881);
Nobillissima Gallorum gens (1884);
Immortale Dei (1885);
Libertas praestantissimum (1888);
In tali encicliche si riafferma con forza che l’origine dell’autorità politica è solo in Dio e rigettando ogni teoria rivoluzionaria che trovava fondamento nel popolo, si sostiene che la Chiesa non poteva accettare l’idea di uno Stato laico, neutrale rispetto alla verità religiosa, definito dello stesso papa come un “ateismo senza nome” (Libertas praestantissimum). Queste encicliche costituiscono un unico corpo e poggiano sulla distinzione aristotelico-tomista tra l'ordine divino (spirituale) e l'ordine naturale (temporale). Questa distinzione:
permetteva allo Stato di avere una certa autonomia (non separazione) dalla Chiesa;
porterà all’affermazione decisiva dell’indifferenza della Chiesa verso le varie e nuove forme di governo, come il riconoscimento della Repubblica Francese;
Svizzera: Anche le autorità elvetiche, sempre per il pericolo crescente della sinistra rivoluzionaria, cercavano l’accordo con la Santa Sede, che fu raggiunto grazie a Mons. Lachat, ex-vescovo di Basiela, poi nominato amministratore apostolico del Cantone Ticino e Mons. Mermillod, ex-vicario apostolico di Ginevra, eletto vescovo di Friburgo nel 1883;
Francia: nonostante la messa in opera di una politica violentemente anticlericale e laicista, all’inizio degli anni’80 con l’avvento di una nuova maggioranza repubblicana, Leone XIII cercò di salvaguardare i vantaggi politici acquisiti col concordato napoleonico del 1801. alla fine degli anni ’80, quando sembrava che la Repubblica Francese si fosse consolidata, dopo un tentativo destabilizzante, Leone XIII invitò i cattolici francesi a riconoscere la repubblica con la politica del cosiddetto ralliement. Ma essi furono ostili alla repubblica perché definita nemica della Chiesa, quindi l’invito non fu accolto perché: - la maggior parte era legittimista, cioè fedele all’antica dinastia regnante - mentre i cattolici liberali, pur essendo favorevoli alla repubblica non vedevano di buon occhio l’intromissione del papa in campo politico;
Alla fine del secolo, nel contesto dell’Affaire Dreyfus, ci fu la ripresa della politica anticlericale che, nel 1904, portò:
alla rottura dei rapporti diplomatici, Francia/Santa Sede;
all’espulsione delle congregazioni religiose;
alla legge di separazione tra lo Stato e la Chiesa del dicembre del 1905 che poneva fine al concordato del 1801;
Nonostante il fallimento della politica conciliante di Leone XIII, uno dei motivi che aveva condotto il papa a stringere rapporti con la Francia, repubblicana e anticlericale, fu di tipo diplomatico, in quanto la Francia era vista come l’unica potenza politica capace di sostenere la sovranità della Santa Sede nei confronti della nascente “Triplice alleanza” tra Germania, Austria e Italia, vista come pericolosa e ostile per la Chiesa.
Con la rivoluzione industriale, la Chiesa si è trovata ad affrontare la sfida della povertà generata dal processo d’industrializzazione, diversa dalla povertà tradizionale, in quanto i problemi che poneva questo nuovo tipo di miseria erano numerosi:
la questione dello statuto della proprietà privata: era diritto dell’uomo o no?;
la natura del capitalismo, cioè l’economia di mercato;
la legittimità dell’intervento dello Stato nell’economia;
la legittimità delle associazioni operaie, problema collegato alla confessionalità di tali associazioni;
Su tutte queste difficili questioni i cattolici non erano concordi, almeno per tre orientamenti:
conservatore (controrivoluzionario): diffuso nei circoli cattolici degli operai francesi e in seno al movimento cattolico sociale austriaco, che era favorevole ad un intervento dello Stato nell’economia e chiamava in causa la proprietà privata e il capitalismo. Quindi questi cattolici conservatori intransigenti erano più vicini ai socialisti, in quanto, auspicavano la creazione di un ordine sociale cristiano autoritario con delle corporazioni obbligatorie sotto il controllo dello Stato. Tale tendenza ebbe fortuna in seno all’Unione di Friburgo, un circolo internazionale di cattolici sorto intorno agli anni ’80;
liberale (in Francia e in Belgio) era ostile ad un intervento troppo forte dello Stato nell’economia, difendeva l’economia di mercato e si pronunciava a favore di libere corporazioni non sottoposte al controllo dello Stato;
solidarista: corrente che mirava a subordinare l’economia alla morale, ribadendo il principio del primato della persona sull’economia e rispetto alla proprietà privata distingueva tra il diritto di proprietà privata, ritenuto legittimo, e l’uso dei beni che doveva essere concesso a tutti. Riconosceva, inoltre, la necessità di un certo intervento dello Stato, come il fissare un salario minimo che permettesse agli operai di vivere in modo decente e onesto;
Leone XIII aveva personalmente conosciuto la terribile condizione della classe operaia come Nunzio a Bruxelles negli anni ’40, e come arcivescovo di Perugia aveva pubblicato delle lettere pastorali nella Quaresima del ’78, nelle quali si descriveva realisticamente la misera condizione operaia e si affermavano alcuni principi, tra cui il valore del lavoro e il primato dell’uomo sulla macchina.
Nel 1890, l’imperatore tedesco Guglielmo II chiedeva al papa di partecipare ad una conferenza a Berlino sulla condizione degli operai, ancor prima della sua enciclica sociale Rerum Novarum del 1891, che ebbe una lunga maturazione negli anni ’80 e deve molto ai lavori di due teologi legati al rinnovamento tomista:
Matteo Liberatore, gesuita de La Civiltà Cattolica, fu uni dei redattori di questa enciclica;
Tommaso Maria Zigliara, domenicano e cardinale nel 1879, fu il curatore dell’edizione leonina delle opere di s. Tommaso;
Tale enciclica descrive l’intollerabile miseria della classe operaia della fine dell’800 e si pone sulla linea del riconoscimento dei diritti sociali dell’uomo e nel frattempo critica il socialismo ritenuto falso e pericoloso perché nega il diritto di proprietà, sanzionato dal diritto naturale e quindi conforme alla tradizione della Chiesa ed è ostile alla famiglia, vista dal papa come l’istituzione di base della società civile. La soluzione proposta da tale enciclica è quella della riconciliazione delle classi sociali e della loro unione armoniosa, vista come terza via tra il liberalismo e il socialismo, infatti ai padroni è ricordato il loro dovere di rispettare la dignità degli operai e di dare loro il giusto salario per il lavoro svolto, agli operai invece è ricordato di rispettare il contratto di lavoro e di rifiutare la violenza come mezzo di difesa dei loro diritti. Inoltre tal soluzione cristiana ritiene legittimo l’intervento dello Stato nell’economia per proteggere la comunità e le sue parti, cioè per difendere il bene comune, ma sempre entro certi limiti:
cioè non può abolire la proprietà privata, diritto naturale dell’uomo, ma ne può disciplinare l’uso con le esigenze del bene comune;
non può intervenire sulla determinazione del salario, in quanto spetta alle parti sociali (corporazioni, sindacati) fissare il salario giusto e sufficiente a far vivere l’operaio in modo giusto e onesto;
Lo Stato ha un ruolo sussidiario è un’autorità di arbitraggio. L’enciclica prendeva le distanze dal movimento cattolico sociale reazionario che voleva imporre un ordine statale sociale-cristiano fondato sul modello della cristianità medioevale. Infatti riconosce il ruolo delle corporazioni, che permette di superare i conflitti di classe, per cui era prevista:
la possibilità di associazioni operaie, che apriva la via ai sindacati cristiani;
la possibilità di associazioni miste (operai e padroni) alla cui base c’è l’idea della riconciliazione delle classi;
Si può dire che questo testo assume una triplice caratteristica:
è un testo di compromesso e di sintesi, in quanto si pone come arbitro fra le diverse scuole esistenti, nel mondo cattolico, prima dell’enciclica;
è un testo moderno: la difesa della dignità dell’operaio, il ruolo dello Stato nell’economia, l’importanza delle associazioni professionali;
è un testo fondatore di tutta una tradizione d’intervento nel Magistero pontifico sulle questioni sociali;
Con tale enciclica il Magistero pontificio, dopo la caduta del potere temporale, ritrovava uno spazio nuovo, quello dell’autorità morale, che fu accolto favorevolmente anche al di fuori della Chiesa, in quanto rompeva l’alleanza con le forze conservatrici e reazionarie. Infatti la portata dell’enciclica andava ben oltre la questione sociale, perché l’atteggiamento della Chiesa nei confronti della società moderna era cambiato, in quanto si proponeva di costruire una società cristiana e non si limitava, come prima, a condannare le posizioni erronee. Questa enciclica fu il punto di partenza di un movimento sociale cattolico che si è diffuso in tutta l’Europa occidentale e ha dato luogo a vari movimenti, associazioni e partiti cattolici.
La seconda metà dell’800 è caratterizzata dal rilancio dell’attività missionaria che è dovuto sia a delle circostanze esterne alla Chiesa, sia a delle circostanze interne. Le circostanze esterne furono:
la ripresa delle esplorazioni, soprattutto in Africa;
il perfezionamento tecnico dei mezzi di trasporto marittimo e ferroviario, che facilitò il raggiungimento di paesi lontani da evangelizzare;
l’apertura di certi paesi che erano rimasti chiusi ad ogni forma di penetrazione straniera (Cina, Giappone e Corea);
l’espansione coloniale europea;
Le circostanze interne furono:
l’incremento numerico dei missionari, con la nascita di nuove congregazioni missionarie che contribuì a internazionalizzare il fenomeno missionario, dal momento che, prima i missionari erano tutti francesi e lo sviluppo di una coscienza missionaria tra la gente che sostennero spiritualmente e materialmente le missioni;
la creazione di nuove strutture ecclesiali nei paesi di missione: vicariati, prefetture, diocesi;
Dalla fine degli anni ’80 la Chiesa s’impegnò ad abolire la schiavitù e la tratta dei neri, opera prima fatta solo dai protestanti , grazie soprattutto all’arcivescovo di Algeri, il cardinale Lavigerie, fondatore della Società missionaria di Nostra Signora d’Africa (i Padri Bianchi). Egli conosceva bene il problema della tratta degli schiavi e nel 1878 in una memoria indirizzata al prefetto della Congregazione di Propaganda Fide, lanciava l’idea di avviare una grande crociata di fede e di umanità contro tale problema. Nel 1886 scrisse al papa per chiedergli di prendere un’iniziativa sul gravoso problema, che avrebbe in tal modo onorato la Chiesa agli occhi del mondo. Tale lettera fu fatta in quell’anno in cui il papa si preparava a lodare con l’enciclica In plurimis, la decisone della Repubblica Brasiliana di sopprimere la schiavitù. Con tale enciclica, per l a prima volta il Magistero pontificio pronunciava una condanna così chiara e ferma sulla schiavitù. Forte di questo appoggio esplicito, il cardinale Lavigerie avviò una campagna per ottenere l’abolizione della schiavitù e per sensibilizzare i governi a questo grande problema. Per cui nel 1889 si riunì a Bruxelles, su proposta della Gran Bretagna, una conferenza internazionale che riuniva sedici paesi e che si concluse con l’adozione di un atto ufficiale antischiavista, che ebbe un successo internazionale, tanto da essere riconosciuto anche dagli ambienti protestanti.
L’azione del cardinale Lavigerie, condotta in sintonia con Leone XIII, era un preludio al riorientamento di tutta l’attività missionaria della Santa Sede che avverrà soprattutto sotto il pontificato di Benedetto XV con l’enciclica Maximum Illud del 1919.
Storia
Nel 1978, abbiamo detto, Gioacchino Pecci diventa Papa Leone XIII, la scelta del nome pare sia legata non solo ai favori che dice di aver ricevuto da Leone XIII, ma anche all'ammirazione per Leone I, cui si ascrive l'affermazione del primato del Vescovo di Roma e Leone IV che tanto aveva difeso Roma dai saraceni, nella speranza di compiere egli stesso, come quelli, azioni degne di lode e di ricordo. Leone XIII sin dalla Inscrutabili Dei consilio del 21 Aprile 1878 si rende conto del delicato momento della Chiesa in rapporto alla modernità, confronta così l'età presente, nemica della religione e della Chiesa e quella antica, che venerava la Chiesa come Madre, trascurando la religione si fa una corsa diritta al precipizio. Leone XIII riafferma e rivendica con forza il contributo che la Chiesa per il fine di salvare le anime, tutto questo per migliorare le condizioni materiali e morali dell'uomo all'interno di un sistema sociale basato sui principi cristiani e garantito dalla legittima autorità.
Con l'enciclica del dicembre 1978 Quod Apostolici muneris, afferma che una micidiale pestilenza serpeggia per le intime viscere della società, conducendola sull'orlo del baratro, gravissimi pericoli incombono: socialisti, comunisti, nichilisti, sparsi per tutto il mondo e tra sè legati con vincoli d'iniqua cospirazione sono ormai usciti allo scoperto, fermi nel loro proposito di scuotere le fondamenta dello stesso consorzio civile. Anche nell'enciclica Diuturnum illud del 29 giugno 1881, papa Leone XIII non manca di attaccare la sua epoca in cui non solo le passioni popolari rifiutano più audacemente che mai qualsiasi autorità di comando, ma tanta e tanto diffusa è la licenza, tanti e tanto frequenti sono i disordini e i tumulti, che coloro i quali reggono la cosa pubblica, venuti in dispregio e in odio alla moltitudine, che ne insidia la vita stessa, non solo si vedono spesso negata l'obbedienza, ma non sentono abbastanza tutelata neppure la loro incolumità personale. Leone XIII tiene a precisare come uomini perduti non hanno ritegno di lanciare pubblicamente minacce e intimidazioni agli altri principi d'Europa e rimarca come invece la fivina virtù della religione cristiana abbia fornito alla "cosa pubblica" solidi fondamenti di stabilità e di ordine.
Anche nell'enciclica Nobilissima Gallorum gens, rimarcando che molte cose si fanno, ai suoi tempi, non conformi al bene della Chiesa, come diffondere contro di essa calunnie con animo avverso e proclamarne nemiche della società le istiituzioni. L'allarme più forte è dato però con la Humanum genus del 1 novembre 1885, in cui si denunciano le rovinose influenze della massoneria sulla costituzione cristiana degli Stati, sembra che tutti cospirino contro la sovranità di Dio, lavorando pubblicamente e a viso aperto alla rovina della Santa Chiesa. Bisogna quindi assolutamente resistere a questa tendenza negativa. Per combattere questa operazione massonica bisogna innanzitutto svelare le sue mentite sembianze, mostrandone la perversità delle dottrine e la disonestà delle opere.
In Immortale Dei del 1885 Leone XIII afferma che alla religione cattolica viene riconosciuto nello stato un riolo uguale o anche inferiore a volte a quello dei culti stranieri. Non x'è alcuna ragione per cui i poteri possano guardare con sospetto e ostilità alla libertà della Chiesa, al suo magistero e insegnamento. Nessuna epoca può fare a meno della religione della verità e della giustizia, questi beni Dio ordinò che fossero sotto la tutela della Chiesa e quindi niente è più assurdo di pretendere che la Chiesa ipocritamente accetti sia la falsità, sia l'ingiustizia.
(1) Philippe Chenaux, Leone XIII: tra modernità e tradizione, Lateranum 2010