Secondo il "Catalogo Liberiano" dei papi, Cornelio regnò due anni,
tre mesi e dieci giorni. Tale fonte, per questo tipo di dati, è degna di
fede in virtù degli studi effettuati da Justus Lipsius, Lightfoot, e Adolf
von Harnack.
Il suo predecessore, Fabiano, fu messo a morte dall'imperatore Decio il
20 gennaio 250, ma si dovette aspettare il successivo mese di marzo quando,
grazie all'assenza dell'imperatore, l'intensità della persecuzione diminuì.
Per la scelta del nuovo papa sorsero immediatamente due correnti di pensiero
contrastanti sulla questione dei lapsi: coloro che erano rimasti saldi nella
fede si divisero tra indulgenti e rigoristi verso coloro che, per paura
della persecuzione, avevano ceduto ed ora sarebbero voluti tornare in seno
alla Chiesa. Infine, a 14 mesi dal martirio di Fabiano, i 16 vescovi
convenuti a Roma elessero Cornelio contro la sua volontà, ma in base "al
giudizio di Dio e di Cristo, alla testimonianza di pressoché tutto il clero,
al voto delle persone ivi convenute, al beneplacito dei presbiteri anziani e
degli uomini di buona volontà, in un tempo in cui nessuno lo aveva
preceduto, quando la sede di Fabiano che è la sede di Pietro, ed il soglio
erano vacanti" (san Cipriano, Epistole lV, 24).
Cornelio era un fautore dell'indulgenza, ma Novaziano, che aveva retto la
sede vacante in quel periodo, era un rigorista e contestò l'elezione del
nuovo papa. Questi era convinto che Cornelio fosse un debole e sosteneva che
nemmeno i vescovi potevano garantire la remissione di peccati gravi come
omicidio, adulterio, e apostasia, ma che questi potevano essere rimessi
soltanto nel Giudizio Finale.
Alcune settimane più tardi Novaziano si autoproclamò papa e l'intero
mondo cristiano fu agitato da uno scisma che sarebbe durato fino al V
secolo. Ma l'appoggio di San Cipriano assicurò a Cornelio i cento vescovi
d'Africa, e l'influenza di Dionisio, vescovo di Alessandria d'Egitto, portò
anche i vescovi orientali dalla sua parte; in Italia il papa riuscì a
mettere insieme un sinodo di 60 vescovi , mentre Fabio, vescovo di Antiochia
di Siria, rimase indeciso. Cornelio gli scrisse tre lettere, delle quali
Eusebio di Cesarea riportò alcuni estratti (Storia ecclesiastica,
vi.43) in cui il papa elencava i difetti nell'elezione di Novaziano e ne
parlava con estrema amarezza. Da questi estratti si evince che, in quel
periodo, la chiesa di Roma era formata da 46 presbiteri, 7 diaconi, 7
suddiaconi, 42 accoliti, 52 tra esorcisti, lettori e ostiari e 1500 tra
vedove e persone bisognose. Grazie a questi dati Burnet e Edward Gibbon
valutarono che il numero dei Cristiani a Roma si aggirava intorno alle
50.000 unità; ma secondo Benson e Harnack questo numero era troppo elevato.
Degli scritti di Cornelio sono giunte fino a noi 2 lettere a Cipriano e nove
risposte da Cipriano al papa. Monsignor Merrati dimostrò che il testo
originale delle lettere di Cornelio è nel "latino volgare" colloquiale che
si usava all'epoca, e non nello stile più classico usato dall'ex oratore
Cipriano e dal dotto filosofo Novaziano.
Dopo la sua elezione, Cornelio sanzionò le miti misure suggerite da san
Cipriano ed accettò la proposta del concilio di Cartagine del 251 di
riabbracciare nella comunione, dopo la giusta penitenza, coloro che si erano
persi durante la persecuzione di Decio.
Secondo le fonti cristiane, alla morte dell'imperatore Decio, nel 252, il
suo successore Gaio Vibio Treboniano Gallo avrebbe iniziato una nuova
persecuzione contro i cristiani: la ragione sarebbe stata l'accusa di essere
portatori della pestilenza che colpì Roma nel 251/252. In realtà pare che
l'unico atto di Gallo sia stato proprio l'arresto e incarceramento di
Cornelio, che fu portato a
Centumcellae, dove morì nel 253. Cipriano afferma ripetutamente che Cornelio
fu martirizzato; il Catalogo Liberiano riporta ibi cum gloria dormicionem
accepit, e questo può significare che morì a causa dei rigori a cui fu
sottoposto durante la sua deportazione, sebbene documenti successivi
affermino che fu decapitato. |