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Bonifacio II (530-532)
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Nel definirlo figlio di Sigisbaldo, il Liber Pontificalis lo menziona come primo papa di nascita germanica, era, infatti, un Ostrogoto. Bonifacio aveva servito la Chiesa di Roma fin dalla gioventù e, durante il regno di Felice IV, era assurto al rango di arcidiacono. In questo ruolo divenne un personaggio molto influente sia all'interno della gerarchia ecclesiastica che tra le autorità civili. La sua elevazione alla cattedra di Pietro è da ricordare in quanto offre un incontestabile esempio di nomina papale effettuata dal suo predecessore, senza neanche la formalità di una elezione. Sentendo avvicinarsi la morte e temendo uno scontro tra la fazione filobizantina e quella filogotica Felice radunò intorno a se una parte del clero ed un certo numero tra senatori e patrizi che si trovavano nei dintorni. Alla loro presenza, solennemente, impose sull'arcidiacono il pallio simboleggiante l'autorità papale e lo proclamò suo successore, minacciando di scomunica coloro che si sarebbero rifiutati di obbedirgli e di riconoscere Bonifacio quale legittimo papa.
Alla morte di Felice, Bonifacio si apprestò ad assumere l'incarico, ma 60 dei 70 presbiteri romani rifiutarono di riconoscerlo ed elessero un antipapa, Dioscuro. Essi temevano l'intromissione negli affari della chiesa del re ostrogoto Atalarico, il cui nonno Teodorico il Grande aveva appoggiato l'elezione di Felice. Ambedue i papi furono consacrati il 22 settembre 530; Bonifacio nella Basilica Julii, e Dioscuro in Laterano. La chiesa romana fu così coinvolta in un altro scisma papale. Fortunatamente, però, questo scisma durò solamente ventidue giorni: Dioscuro, infatti, morì il 14 ottobre lasciando il solo Bonifacio quale legittimo papa.
Questi, poco dopo, convocò un sinodo al quale sottopose un decreto di anatema per il suo rivale, che fu sottoscritto dai presbiteri che avevano appoggiato Dioscuro (dicembre 530). Ognuno di questi espresse il suo rammarico per aver partecipato ad elezioni irregolari e si impegnò ad obbedire al papa. Bonifacio fece riconciliare molti grazie alla sua mite amministrazione, tuttavia rimase qualche risentimento a causa del fatto che non divenne papa dopo una regolare elezione. Alcuni membri del clero, infatti, nonostante il loro atto di sottomissione, impugnarono la validità della sua nomina. Cinque anni dopo, un papa di loro scelta, bruciò solennemente l'anatema contro Dioscuro. In un secondo sinodo, convocato in San Pietro nel 531, Bonifacio presentò una costituzione attraverso la quale si attribuiva il diritto di nominare il proprio successore. Il clero romano la sottoscrisse e promise obbedienza. Bonifacio scelse il diacono Vigilio; tale scelta fu ratificata sia dai sacerdoti che dal popolo. Questa decisione, tuttavia, provocò un certo risentimento e persino lo sfavore imperiale, pertanto fu revocata in un terzo sinodo (531). Bonifacio bruciò la costituzione di fronte al clero ed al senato e annullò la nomina di Vigilio.
Il regno di Bonifacio fu caratterizzato dal suo attivo interesse sia negli affari della Chiesa occidentale che di quella orientale. All'inizio del suo pontificato, confermò gli atti del secondo Concilio di Orange, uno dei più importanti del VI secolo, che conclusero efficacemente la controversia semipelagiana. Cesario di Arles, intimo amico di Bonifacio, che aveva presieduto il concilio inviò a quest'ultimo, prima della sua elezione, il presbitero Armenio per chiedergli di assicurarsi la conferma papale di quanto stabilito. All'arrivo del messaggero, essendo egli stesso papa, Bonifacio inviò una lettera di conferma a Cesario (25 gennaio 531) in cui condannava alcune dottrine semipelagiane. Ricevette, inoltre, un appello dai vescovi africani che stavano riorganizzando la loro chiesa dopo le devastazioni operate dai Vandali, nel quale gli chiedevano di confermare i diritti primaziali dell'arcivescovo di Cartagine, in modo che quest'ultimo potesse essere maggiormente in grado di profittare dell'aiuto della sede romana. Ad oriente riaffermò la giurisdizione papale in Illiricum. Nel 531, Epifanio, il patriarca di Costantinopoli, dichiarò irregolare l'elezione di Stefano all'Arcidiocesi di Larissa in Tessaglia. Nonostante le forti pressioni subite, Stefano si appellò a Roma sostenendo che Epifanio non era competente sul caso, sostenendo il primato romano. Bonifacio convocò un quarto sinodo dal 7 al 9 dicembre 531, di fronte al quale furono presentati circa venticinque documenti che supportavano la pretesa di Roma per la giurisdizione sull'Illiricum. Il risultato di questo sinodo non è noto. Bonifacio fu sepolto in San Pietro il 17 ottobre 532.