Quale è il rapporto tra il quarto vangelo e le altre tradizioni? Ha indotto
alcuni a pensare che ci fossero diversi cristianesimi, che il cristianesimo in
Giovanni sia diverso da quello di Paolo e da quello dei sinottici.
Il quarto vangelo non ha nulla in comune con la
tradizione paolina, diversa è la cristologia, la pneumatologia, il
linguaggio, non c'è relazione, è un dato netto, risontrabile alla prima lettura
dei due corpus. Il rapporto tra i sinottici e il quarto vangelo è più complesso,
abbiamo degli episodi richiamati da Giovanni e che si riscontrano nei sinottici,
ad esempio il ministero di Giovanni Battista, raccontato non solo nei sinottici
ma anche in Giovanni, nel capitolo I, anche il battesimo di Gesù 1,32-33, la
scelta dei primi discepoli, la moltiplicazione dei pani, capitolo 6 di Giovanni,
Gesù che cammina sulle acque, l'ingresso in Gerusalemme, l'annuncio del
tradimento di Giuda e di Pietro, sino alla parte più consistente che è il
canovaccio della passione, ricordiamoci qui dell'ipotetico libretto della
passione. Gli avvenimenti sono abbastanza
concordati nei sinottici e nel quarto vangelo.
Giovanni 21 conosce certamente Luca 5,1-10, questo è solo in Luca, quindi
l'autore che ha scritto questo passo di Giovanni conosce Luca. Nel confronto tra
il quarto vangelo e i vangeli sinottici dobbiamo rilevare che Giovanni
ha certamente presente il libretto della passione
o comunque conosce lo schema degli avvenimenti della passione, che è
ormai di dominio della comunità, se non conosce i sinottici, conosce le
tradizioni sinottiche. Q invece non ha nulla a che
fare con Giovanni, non c'è un detto rilevabile da Q presente nel quarto
vangelo. Quindi non si può assolutamente utilizzare il quarto vangelo per
richiamare la fonte Q, piuttosto abbiamo dei discorsi molto ampi, non dei
frammenti. Il vangelo di Giovanni è più vicino
alla tradizione di Luca che a quella marciana, estraneo a quella di Matteo,
esclusione inoltre del rapporto tra fonte Q e Giovanni.
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Cambia il rapporto tra la predicazione di Gesù
e il suo messaggio, in Marco si presenta subito annunciando il Regno di Dio,
o il Regno dei Cieli in Matteo, qui si
presenta non più come predicatore del Regno, ma come predicatore di sè,
qui in Giovanni si usa “io sono” prende il posto di quella categoria
portante dei sinottici, che è quella del Regno.
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Il vangelo di Marco è quello delle rivelazioni segrete, quello di Giovanni è
quello delle rivelazioni piene, non
c'è più spazio per il segreto messianico. Annuncia sè stesso.
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Totale differenza rispetto ai discorsi, nel quarto vangelo Gesù intrattiene
dei discorsi molto ampi dal dialogo con
Nicodemo di Gv 3,1-21 sino al lungo discorso di addio di Gv 13,17-26. un
discorso interminabile è quello del capitolo 6 di Giovanni, Giovanni non ci
racconta le parole di Gesù dell'ultima cena, ma ci presenta un discorso
sarsico ampissimo. I discorsi sono molto ampi in quanto hanno una funzione
mimetica. La mimesi è la rappresentazione e la ripresentazione, sono le due
operazioni fondamentali della mimesi. Cioè in questi discorsi Giovanni
ripresenta ma allo stesso tempo rappresenta un discorso di Gesù, ripresenta
rappresentando, il Gesù di Giovanni parla diversamente dai sinottici. Quale
è quello storico? È una falsa domanda, sono veri entrambi, ogni mimesi
ripresenta e rappresenta, ripresenta l'incontro con la Samaritana, ma lo
ripresenta con il suo linguaggio. Ripresentare vuol dire che ripresento ciò
che è avvenuto, rappresentare vuol dire che lo riporto con il mio
linguaggio, non bisogna scindere queste due parti fondamentali della mimesi.
Questo è un modo di raccontare la storia diffusissimo nel mondo antico.
Altro autore che utilizza tantissimo questo tipo di tecnica è Luca, Gesù ha
portato la salvezza ai peccatori, questa è la ripresentazione, per
rappresentare questo c'è la parabola del Padre misericordioso.
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Nel quarto vangelo i miracoli sono chiamati
shgesia,
segni, non tutti i miracoli sono dei
segni, e non tutti i segni sono dei miracoli, ogni miracolo invece è per
Giovanni è un segno, nei sinottici invece il miracolo è il miracolo e il
segno è il segno. Giovanni per questo non ci racconta tanti miracoli di Gesù
ma dei miracoli che hanno una valenza simbolica, vanno al di là del miracolo
e ci dicono qualcosa di Gesù. Il miracolo è un evento prodigioso in quanto
tale, il segno può essere un evento prodigioso o non prodigioso. Giovanni
fa una omologazione, ci dice che sono la stessa cosa, ogni miracolo è un
segno, cioè va al di là dell'evento e ci dice qualcosa di molto importante
sull'identità di Gesù, per questo ci riporta soltanto 7 segni emblematici,
non che non ne abbia compiuti altri, ma Giovanni preferisce raccontarne solo
7.
1)
quello delle nozze di Cana, solo di Giovanni
2)
La guarigione del figlio del funzionario regio, solo di Giovanni
3)
Il paralitico alla piscina, solo di Giovanni
4)
La moltiplicazione dei pani, quatruplice tradizione
5)
Gesù che cammina sul mare, quatruplice tradizione
6)
Gv 9,1-41 Il cieco nato, solo di Giovanni, anche se nei sinottici si
parla di ciechi, ma non di chiechi nati
7)
Reurrezione di Lazzaro, solo di Giovanni
8)
Ultimo segno la pesca miracolosa Gv 21, 1 8-8 Duplice tradizione
Sono 7 della vita pubblica di Gesù più uno post pasquale. Giovanni ci racconta
per tanto 7 miracoli della vita pubblica di Gesù spostando l'ottavo miracolo
alla fase post pasquale, quella del risorto, non di Gesù. Giovanni se non in
pochissimi casi, riporta lo stesso miracolo raccontato dai vangeli. Non solo
quindi riduce Giovanni il numero dei miracoli ma li sceglie da una fonte
propria, perchè questi miracoli? Sono miracoli realmente avvenuti, ma
ripresentati da Giovanni nell'ottica dell'autorivelazione di Gesù.
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Il prospetto cambia anche in base alle parabole,
le parabole di Gesù in Giovanni diventano
similitudini, che cos'è una parabola? È un racconto sapienziale
tratto dalla vita normale della Paletina, un racconto verosimile, non tutti
i racconti sono verosimili. La similitudine è un paragone esplicito o
implicio tra due livelli di realtà. In Giovanni le parabole diventano
similitudini, un confronto tra due o più realtà poste in confronto tra loro,
quando Gesù dice “io sono il pane disceso dal cielo” fa una
similitudine, non una parabola. Tra le similitudini più rilevanti, quella
sicuramente del capitolo 6, importante è quella del capitolo 15 in cui
presenta il rapporto tra lui e i suoi discepoli in rapporto con la vite,
queste non è una parabola, ma una similitudine, un confronto. In Giovanni
non abbiamo delle parabole, abbiamo delle similitudini.
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Gesù nei vangeli sinottici sale a Gerusalemme una sola volta, in Giovanni
sale a Gerusalemme diverse volte per le diverse feste,
potremmo dire che il ministero galilaico dei sinottici è sotituito dal
ministero gerosomilitano di Giovanni, non opera tanto in Galilea quanto a
Gerusalemme, e in particolare in occasione delle feste, festa di pasqua,
festa delle capanne.
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In Giovanni non abbiamo tanto l'uso di citazioni dirette dell'A.T.
O formule di adempimento. La scrittura è presente ma in maniera sublimanale,
in maniera implicita facendo ricorso a categorie tipiche dell'AT, in
Giovanni l'AT svolge un ruolo molto importante, ma totalmente diverso da
come lo svolge nei sinottici. L'esodo dall'egitto, il libro dell'Esodo e
dei Numeri, e due testi profetici quelli di Isaia e di Ezechiele, sono i
testi più usati da Giovanni. La morte di Gesù in croce è presentato come il
serpente innalzato nel deserto nel libro dei numeri. Il capitolo 6 di Isaia,
è ripreso al capitolo 15 di Giovanni; Ezechiele il tempio, il tempio è
ripensato nell'ottica della profezia ezecheliana. Questo modo di utilizzare
l'AT rende più complesso il rapporto tra Giovanni e l'AT, questi occupano un
posto centrale nella tessitura del quarto vangelo. Perchè Giovanni ora
utilizza questo modo di trattare l'AT? Perchè per Giovanni Gesù rappresenta
la piena realizzazione di quello che Dio ha detto, in Gesù la rivelazione di
Dio nell'AT è diventata piena.
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