Il prologo di Giovanni è uno dei testi più elevati,
un testo di altissima poeticità, paragonabile con il prologo della lettera agli
ebrei. Il prologo presenta una struttura complessa, la testimonianza del
Battista delineata nei versi 6-8 è poi ripresa nel verso 15 dove c'è il
contenuto della tetimonianza, tra queste due parti, si trovano sia quella
riguardante l'accoglienza o il rifiuto sia l'incarnazione. C'è una ripresa a
spirale, stessa cosa avviene infatti per l'accoglienza o il rifiuto che si trova
nella parte centrale, nei versi 16-17 torna la tematica positiva
dell'accoglienza, alla fine c'è l'esito positivo dell'accoglienza:
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1,1-2 Preesistenza
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3-5 Mediazione
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6-9 Testimonianza Giovanni Battista
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9-13 Accoglienza/rifiuto
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14 Incarnazione
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15 Testimonianza Giovanni Battista
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16-17 Accoglienza
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18 Inclusione
La parte dominante del prologo è quella dell'accoglienza o del rifiuto, non
solo è la parte più ampia ma anche quella più importante, anche l'incarnazione
avviene in funzione di questa, avviene perchè ci sia questa doppia possibilità
di scelta per coloro che avranno a che fare con la Parola. Il prologo comincia
con il riferimento alla Parola che era Dio e si conclude nuovamente con
l'identità del Figlio di Dio al verso 18, inclusione causata dal verbo
Qeos
che fa da inclusione generale del prologo.
Sul modello narrativo del prologo sono tate fatte molte ipotesi, come sorge?
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Il primo modello diffusissimo è quello gnostico, nei miti gnostici abbiamo
spesso degli inni rivolti alle divinità sembra confermato dal fatto che
abbiamo l'eternità dell'esistenza della Parola che diviene umano e torna a
Dio, si contamina con l'umanità e si purifica progressivamente per tornare a
Dio, spesso è stato interpretato in chiave
gnostica questo prologo, della perfezione quindi della parola, la
contaminazione della parola nella sarx e purificazione progressiva.
Su questo modello si sono sollevate molte
obiezioni, le obiezioni principali sono:
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Di per sè non abbiamo la purificazione della parola,
abbiamo si l'abbassamento, ma non il processo inverso, Giovanni non ci dice
cosa succede dopo l'incarnazione della parola, ci dice che la Parola si fece
carne, non ci racconta invece la morte e resurrezione di Gesù. Il modello
gnostico quindi da questo versante non funziona.
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Nel prologo di Giovanni il termine sarx non è
visto in prospettiva negativa, ci dice soltanto che la parola ci fece
carne, non disprezza la carne però, ma addirittura della assunzione totale
della sarx, quindi il modello gnostico è fuori
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Secondo modello è quello della innologia
greco-romana rivolte alle divinità, quella di Cleante a Zeus,
divinità presente in tutta la natura, che si immanentizza nella natura:
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le categorie linguistiche
usate nel prologo sono più di origine giudaica
che greco-romana, prima fra tutte logos, doxa e aletheia.
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Non si comprende nell'ottica dell'innologia pagana questo
peso dato in maniera rilevane per ben due
volte a Giovanni Battista, non c'è soltanto la trasccendenza e
l'immanenza ma c'è anche la testimonianza di un uomo.
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Terzo modello quello sapienziale,
soprattutto in rapporto a Sap 8,9. Non c'è dubbio che ci sono diversi tratti
che accomunano l'elogio della Sapienza, all'inno di Giovanni, primo fra
tutti la Sapienza di cui si parla nel libro della Sapienza non è la
filosofia, ma la Torah, la legge, vista come origine della Sapienza.
Un'ulteriore elemento di contatto è riconoscibile anche nel fatto che negli
inni di Efesini e Colossesi, di ambito paolino abbiamo una preesistenza di
Gesù Cristo. La preesistenza della Parola e la Parola che diventa carne in
Gesù Cristo, la preesistenza di Gesù Cristo senza distinguere la Parola da
Gesù Cristo, Cristo era presente dall'eternità. Gesù Cristo è colui per
mezzo del quale e in vista del quale tutte le cose sono state create, schemi
diversi di cristologia neotestamentaria, da una parte abbiamo quello
giovanneo, che si è imposto, la Parola che diventa carne, quello paolino è
stato subito messo da parte perchè crea confusione perchè non distingue tra
il verbo e Gesù di Nazaret, unico problema è
che nessun testo ci dice che la sapienza si umanizza, nessun testo
sapienziale ce lo dice, la sapienza è sempre trascendente, qui invece c'è un
peso enorme dell'incarnazione. C'è certamente un contatto ma ci sono degli
elementi di differenza.
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Midrashico o targumico,
in continuità con il precedente nasce questo modello. Qui abbiamo
un'accentuata trascendenza di Dio. I targumim sono traduzioni libere della
Torah in aramaico nella letteratura targumica quando si accenna a Dio che
parla si dice “la Parola di Dio disse”. Dio parla attraverso la parola,
oppure attraverso gli angeli, nella letteratura targumica è molto importante
questa trascendenza di Dio accentuata dalla parola. Nei targumim la parola
o il fuoco della parola parlano al posto di Dio.
Questi due modelli sono molto importanti,
Giovanni rilegge Gesù in queste due ultime
prospettive. Realmente ci troviamo di fronte a un testo sapienziale di
contesto giudaico.
Dal versante contenutistico ciò che risulta è il personaggio
principale che è la Parola, introdotta dal verso 1 e sviluppato in tutto l'inno,
si tratta possiamo dire di un prologo cristologico, anche se non esclusivamente,
il personaggio principale è la Parola. Accanto a questo dato risalta l'uso di
termini astratti che stanno ad indicare una riflessione molto matura sulla
cristologia, pensiamo ai termini vita verità e via introdotti nel prologo e
sviluppati nel vangelo di Giovanni, così per il termine luce, c'è una forte
astrazione, “la luce che illumina il mondo”. Questo conferma una fattura
successiva rispetto ai sinottici, così anche rispetto a quella paolina.
L'astrazione dei termini scelti non entra in conflitto con l'accentuazione sulla
dimensione storica, ne è prova il fatto che questa parola assume una condizione
di sarx, che è soggeetta al duplice esito dell'accoglienza e del rifiuto e
infine che diventa unigenito, termini astratti che non sono irreali, ma
veicolano il concreto.
Secondo dato della cristologia è il
rapporto tra il
Logos
e
Qeos,
tra la Parola e Dio, che diventa alla fine il rapporto tra l'unigenito e Dio,
questo rapporto è rapporto della rivelazione della paternità di Dio,
l'attenzione non è tanto rivolta alla trinità, manca il termine pleroma. Se non
che per via negativa, al verso 13 abbiamo un'eco della rilevanza pneumatologica,
al capitolo 3 dirà che attraverso lo Spirito avverrà la generazione dall'alto.
Da una parte la Parola e Dio sino all'identità della Parola con Dio, e
dall'altra parte il rapporto tra la parola e i destinatari, quelli che Giovanni
chiama i suoi, la sua gente, il mondo addirittura. |