Sacrificio di Comunione/Zaebah Selamim Il terzo capitolo parla dello zaebah selamim, del sacrificio di comunione, è la fusione di due termini sacrificali d’ampio uso nel semitico, soprattutto occidentale. Il termine Slmm, al plurale, è largamente utilizzato nei testi sacrificali ugaritici e parecchi secoli più tardi anche al singolare nelle tariffe puniche, ma non si trova nelle antiche iscrizioni aramaiche preesiliche, nei papiri di Elefantina e nei documenti aramaici palestinesi. Nell’area aramaica, il termine sacrificale zaebah, documentato anche nel mondo semitico-orientale, specialmente nel periodo neoassiro, sembra che abbia soppiantato, benché non completamente il termine slmm. Secondo i testi biblici il sacrificio zaebah è compreso come un sacrificio in piena regola, spesso nominato da solo, per indicare il culto sacrificale, che non richiede di essere accompagnato da altri tipi di sacrificio, anche se non mancano le descrizioni composite, nelle quali domina il binomio olà – zaebah. Il sacrificio selamim, invece, usato più raramente e in alcuni libri dell’A.T., è sempre in combinazione con olà. Zaebah era un termine più comune e utilizzato nei culti delle divinità straniere, e forse per questo, in Ez 40-48 fu sostituito con selamim, quando la riflessione teologica di Israele, cultuale e sacrificale incominciò a distinguere sempre più profondamente tra sacralità di Israele e idolatria delle altre popolazioni. L’affinità dei due tipi di sacrifici ha permesso un’alternanza dei due termini fino alla loro completa fusione nella composizione culturale sacerdotale. Il sacrificio avviene con l’immolazione di una bestia di specie bovina o caprovina, la combustione delle parti grasse della vittima sul fuoco, la ripartizione della carne, le spettanze per i sacerdoti e la partecipazione gioiosa al banchetto sacrificale sono le caratteristiche più evidenti, espresse più o meno marcatamente nei sacrifici zaebah e selamim. La funzione di zaebah come sacrificio privato e pubblico, in occasioni speciali o a scadenze regolari e in luogo di culto diversi, si ritrova anche nel sacrificio selamim; tuttavia a questo proposito non si può stabilire una uguaglianza di intenti e di contenuto. Una differenza da notare è l’uso del sacrificio selamim riferito sempre a Yhwh, eccetto nel difficile testo di Es 32,6, e ciò rafforza l’idea di preferenza, già espressa in Ez 40-48, rispetto al sacrificio zaebah utilizzato anche per gli altri dei. Nella fusione dei due termini rimangono le funzioni pubbliche del sacrificio in occasioni regolari e speciali e quelle private come sacrifici votivi, spontanei e di ringraziamento, insieme alla minuziosa normativa sulle spettanze per i sacerdoti e alla caratteristica gioiosa, per l’area di festa che crea attorno al banchetto sacrificale. Proprio per questo cena festosa sacrificale è preferibile tenere la traduzione in sacrificio di comunione. È un sacrificio cruento, la parte interiore veniva bruciata come sacrificio, si offre a Dio la parte più importante, il cuore, i reni, lì si pensava ci fosse il centro del pensiero, degli affetti, la carne del sacrificio, veniva data da mangiare a quelli che erano presenti, se noi durante l'anno ci troviamo in difficoltà, liti, offese e arrabbiature, era necessario che il capofamiglia e le famiglie dovevano andare al tempio, offrire questo sacrificio e parte della carne veniva offerta alla divinità, poi lo spezzare la carne e il mangiare la stessa carne è segno che si ricomincia dalla pace e dalla comunione, si dimentica tutto ciò che c'è stato, tutti i litigi. Normalmente è un laico uno del popolo che offre, quando si mette una mano sola per il sacrificio vuol dire che il sacrificio è personale, per l'offerente, le due mani ha tutto un altro significato. Parte della carne, le cosce e il petto, vanno come spettanza ai sacerdoti. Vanno offerte alla divinità questa carne in realtà, il sacerdote le eleva alla divinità e poi la divinità accetta queste offerte e le dona al sacerdote. L'offerente offre a Dio e Dio dà al sacerdote, questo sacrificio è importante, nel nuovo testamento non si parla di eucarestia, l'ultima cena è appunto un sacrificio di comunione, è un rendimento di grazie, che si riferisce al banchetto, il fatto di dire "questa è la mia carne" è un sacrificio di comunione, voi dovete essere in pace quindi perché partecipate dello stesso pane, la carne di Cristo. Qui si faceva festa, era un momento di gioia, non è come quando andiamo a prendere la comunione, tutti meditativi. |