Gregorio VII e le decretali pseudo isidoriane
L'obiettivo di Gregorio VII è quello della libertà della Chiesa, sottraendo la Chiesa al dominio dei governanti, riaffermare il principio gelasiano dell'autonomia e distinzione dei due poteri. Gregorio VII è un papa dotato da grande senso della politica. Superiorità del bene delle anime sul bene dei corpi, era un dato scontato da tutti, tutti sapevano che i beni spirituali erano superiori, oggi sarebbe un po' incerta questa cosa, però all'epoca questo era chiaro, quindi chi gestisce il potere spirituale è il potere più grande, rivendica il potere delle investiture. Qui il Papa non rivendica il governo, rivendica il diritto di investire i governanti, di scomunicare l'imperatore che si rende colpevole nei confronti della Chiesa. Il Papa è l'unica autorità è l'origine di ogni potere e il Dictatus Papae per appoggiare questi concetti cita la Bibbia. Documento significativo per capire la situazione medioevale del primato romano è quello delle decretali pseudo isidoriane, conosciute perché contengono la famosa donazione di Costantino, ma tutte le decretali pseudo isidoriane sono false, passate con il nome di Isidoro Mercatore ma in realtà sono anonime composte nell'800 si tratta di una collezione di testi che sostengono il primato della Sede Romana. Interessante la storia delle decretali perché questo falso non fu fatto dalla Sede Romana, ma fu fatto da molti vescovi che vedevano nella Sede Romana un'istanza di difesa contro i soprusi dell'imperatore. Attinge abbondantemente alle pseudo isidoriane proprio Gregorio VII, eletto Papa il 22 aprile 1073, eletto per acclamazione popolare cui fece seguito una regolare elezione da parte del colleggio cardinalizio. Non sapendo che le pseudo isidoriane erano false, Gregorio VII le usò per scrivere il Dictatus Papae:
Il Papa quindi può nominare vescovi. Il Papa può legiferare, si arroga il diritto di ordinare vescovi, nessuna istanza gli è superiore, il Papa tutti può giudicare e da nessuno può essere giudicato. La Sede di Roma universalmente riconosciuta, mai messa in discussione da nessuno, tende a caratterizzarsi in termini giuridici. Così le decretali stabiliscono che ciascun vescovo può appellarsi a Roma in ogni fase di un eventuale processo nei suoi confronti e affermano che tutti i concili e sinodi ricevono la loro validità giuridica dalla conferma della Sede Apostolica. Il Cardinal Umberto da Silvacandida, all'origine della divisione con la Chiese d'Oriente e che fece ottenere la scomunica di Berengario entrando anche nelle diatribe sulla concezione eucaristica, scrive un De Sancta Romana Ecclesiae, nel 1053, contemporaneo di Gregorio VII orienta in senso romano il senso di Ecclesiae, Roma deve essere riconosciuta come primato e fonte di tutte le Chiese. Al Concilio di Trento l'episcopato non viene visto come sacramento ma in termini di potestà giuridica, questo perché sul piano del sacramento tra un vescovo e un prete non c'era nessuna differenza, c'era solo sul piano giuridico, il Vaticano II ha ripreso l'idea tradizionale del vescovato come sacramento. L'idea di una prospettiva puramente giuridica parte da questo periodo. Gregorio VII muore in esilio a Salerno mentre a Roma regnava un antipapa. Proprio un Papa che affermava con tanta forza il primato papale muore in esilio mentre a Roma c'era un antipapa e si consumava la grande scissione con la Chiesa d'Oriente, la riforma da lui intrapresa diventa vittoriosa con i pontefici successivi, si presenta vincitrice a partire da Innocenzio III (1198-1216) e si prolunga per tutto il periodo medioevale. Innocenzo III difende i diritti della Sede Romana e parla per il papa di plenitudo potestatis, tutta la pienezza del potere, per cui la Sede Romana è preposta ad ogni altra, Innocenzo III è colui che cambia il titolo di Vicario di Pietro in Vicario di Cristo. La famosa frase di Innocenzo III “In segno delle cose spirituali il Cristo mi donò la vitra, in segno delle cose temporali il Cristo mi donò la Chiara, la vitra come Papa, la Chiara come Re”. La Sede apostolica possiede autorità su tutte le altre Chiese in quanto è stata irrorata dal sangue di Pietro il quale ha legato al suo successore totam plenitudinem potestatis, tutta la pienezza del suo potere. Questo potere si estende anche agli stati, l'intero mondo laico è sottomesso al supremo pontefice romano. Altra tappa importante è segnata da Innocenzo IV (1243-1254), che pone la distinzione tra diritto divino, al quale il Papa è sottomesso e diritto umano o ecclesiastico che il Papa può cambiare a piacimento. In questo modo il Papa è sottoposto unicamente al diritto divino ma è al di sopra di tutte le altre leggi, così che può abolirle o darne dispensa. In quanto Vicario di Cristo, e in quanto Cristo ha dominio su tutti i re e tutti gli uomini. Per Bonifacio VIII le due spade sono entrambe nelle mani del potere spirituale. Con questo Papa la teoria della plenitudo potestatis raggiunge il suo apice. Il suo pontificato è segnato dal conflitto con Filippo il Bello, re di Francia. Famosa la bolla Unam sanctam del 18 novembre del 1302, quattro i pilastri di questo documento:
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