TESTIMONIANZE CRISTIANE

 

Conosciamo e crediamo

 

Che cos'è la Chiesa?

 

Note ecclesiali

 

Ecumenismo

 

          La parola ecumenismo (oikoumene da oikos:casa) significa casa, la terra emersa che poté diventare la casa degli uomini, se non fosse emersa la terra dalle acque non ci sarebbe stata casa per gli uomini. È la casa comune degli uomini. Si chiama ecumenismo il movimento che ha per scopo la riconciliazione visibile dei cristiani. Non è raro trovare alcuni autori usare questo termine anche per il dialogo con le altre religioni, ma per ecumenismo si intende soprattutto il dialogo tra i cristiani. Questo tema oltre che le verità profonde tocca quello delle emozioni, l'unità sta a cuore a tutto il Nuovo Testamento, al punto da costituire l'ultima preghiera di Gesù. Tutti i testi neotestamentari sono disseminati da testi che denunciano il pericolo delle divisioni. Nonostante ciò la Chiesa è passata per una serie di dissidi e divisioni che allo stato attuale divide la Chiesa in tre grandi gruppi: Cattolici, Ortodossi e Protestanti. Tra Ortodossi e Protestanti sono a loro volta divisi al loro interno. Quali sono le ragioni di queste molteplici divisioni? La ragione è quello di essere fedeli a un secondo grande valore oltre l'unità che è la Verità, nessuno si è separato in nome dell'errore, ma è l'amore alla Verità, altro bene essenziale, che vale quanto l'unità. Sempre in nome della Verità si sono fatte le divisioni. Per consolidare l'unione della Chiesa cattolica il Concilio di Trento ha scelto il modello del ritorno, il modello esclusivista, considerando nella vera Chiesa solo coloro che corrispondono ai tre vicula bellarminiani i dogmi, i sacramenti e l'autorità del Papa, chi esce fuori da questi è fuori dalla Chiesa e si attende il suo ritorno nella Chiesa. L'idea che le porte sono aperte e l'invito a tornare. Ora le cose sono un po' cambiate e si cerca un dialogo.

          Generalmente gli storici sono concordi a far nascere l'ecumenismo intorno al 1910 con la conferenza di Edimburgo, prima non solo i cattolici, ma anche protestanti e ortodossi praticavano l'ecumenismo del ritorno. Nasce in contesto protestante l'ecumenismo, alcune società missionarie protestanti presero coscienza dell'incoerenza di annunciare il vangelo agli altri popoli presentandosi divisi. Nasce l'ecumenismo, nasce attraverso due movimenti: Vita e azione (Life and Work), il cosiddetto ecumenismo sociale, se siamo divisi nei dogmi almeno stiamo insieme per le cause sociali, nella pratica, poi nasce Fede e Costituzione (Faith and Order) che è più dottrinale, di qui prendono avvio i dialoghi ecumenici. Nel 1948 147 confessioni cristiane diedero vita al famoso Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC), fondando sulla comune fede di Gesù come Dio e Salvatore. Due anni dopo a Toronto il CEC si dà uno statuto, è un mezzo per favorire l'incontro, il ritrovarsi insieme, il discutere e crescere. La formula di fede verrà ulteriormente precisata nel 1961 a New Delphi con l'ingresso degli ortodossi, che orienteranno la formula di fede in maniera più trinitaria. Il ruolo del CEC è essere uno strumento di comunione. A causa di questa origine protestante la Chiesa cattolica ha sempre guardato con un certo sospetto all'ecumenismo. Nel 1919 Benedetto XV accolse i responsabili di Fede e Costituzione ma ribadì l'impossibilità cattolica di parteciparvi. Nel Mortalium animos del 6 gennaio 1928, Pio XI elogiò gli sforzi della causa ma ne sottolineò gli errori, perché si metteva in discussione l'esistenza di un'unica vera Chiesa che era quella cattolica, quindi c'è bisogno di un ritorno nella Chiesa dei dissidenti che si sono staccati da essa, questo è l'unico modo per riunire tutti i cristiani. Anche in campo cattolico però si stavano facendo passi molto forti a livello dottrinale e di azione. Sul piano dottrinale teologi come Mohler, Newman e Congar sono importanti in questo campo. Sul piano dell'azione, la settimana di preghiera per l'unità dei cristiani nasce in ambito cattolico. Nascono nell'ambito cattolico riviste specializzate a livello ecumenico.

          L'evento che ha cambiato le cose è il Vaticano II che stupì lo stesso Karl Barth (teologo protestante) che non si aspettava nulla inizialmente dal Vaticano II. Il Vaticano II tratta l'ecumenismo a tre livelli:

  1. A livello trasversale, già Giovanni XXIII lo dà come obiettivi del Concilio, è un tema che resta sempre

  2. Come tema particolare e speciale perché sono stati pubblicati due testi Unitatis redintegratio e Orientalium Ecclesiarum

  3. Sul piano dei gesti, gesti significativi, il più importante di tutti il 7 dicembre 1965 quanto Paolo VI e Atenagora formalizzarono l'abolizione delle reciproche scomuniche. Importante anche l'incontro tra Giovanni XXIII e l'arcivescovo di Canterbury, Fischer, il primo dai tempi della Riforma. Significativa anche la presenza durante il Concilio di un centinaio di osservatori non cattolici all'interno del Concilio.

 

Decreto Unitatis redintegratio


          "Principi dell'ecumenismo cattolico" era il primo titolo, ora è "Principi cattolici dell'ecumenismo", il primo titolo sembra dire che ci sono vari ecumenismi, ora si afferma che l'ecumenismo è uno ma abbiamo dei nostri principi e li esponiamo. Questi principi cattolici dell'ecumenismo sono:

  1. Riferimento trinitario, già presente in Lumen Gentium ed Ad Gentes, serve a un triplice scopo:

    • formulare una base comune della fede, e quindi di incontrarci su un consenso fondamentale che è la confessione della trinitaria

    • Indica una fonte di identità, l'unità della Chiesa viene da Dio, si ha a che fare con temi teologici e salvifici che vengono da Dio

    • Indicare nella Trinità un modello perché la Trinità propone un modello di unità in tre, la Trinità ha degli insegnamenti anche a livello antropologico, è modello di unipluralità, venire anche alla Trinità come modello di ecumenismo, non deve relativizzare l'unità in nome della pluralità, ma neanche eliminare la pluralità per l'unità, scardinare la propria identità per l'unità.

  1. Rivalutare la relazione tra le comunità separate della Chiesa Cattolica. Il tema è importante, era quello più condizionato dall'impostazione esclusivista, che non vede alcuna relazione. Qui si cerca invece di mantenere un equilibrio indicando la pienezza dell'identità solo nella Chiesa Cattolica, ma primo passo per impostare una relazione è una relazione di stima.

    • Il primo passo è superare la secolare inimicizia. Individua la pienezza nella Chiesa Cattolica, ma valorizza la differenza, impostare il rapporto in termini di amore e stima reciproca.

    • Coloro che nascono attualmente nelle comunità separate non possono essere incolpati. Ciò concretamente porta a non giudicare chi nasce attualmente nelle comunità separate, non si può far pesare le colpe dei padri sui figli

    • Sottolineare ciò che unisce e non quel che divide, questo è un principio guida dell'Unitatis Redintegratio, ciò che unisce sul piano degli elementi di fede ed è molto. Molti elementi di grazia vengono elencati come la fede e il battesimo. I beni salvifici non sono patrimonio esclusivo della Chiesa Cattolica, lo Spirito Santo opera anche al di fuori di essa, si ricordano il battesimo, la Bibbia, il credere nella grazia della salvezza come dono di Dio, la fede, la speranza, la carità, tutti beni teologici che ci uniscono, tutte queste cose giustificano lo statuto ecclesiale delle comunità separate, questi beni vengono da Cristo e appartengono di buon diritto all'unica Chiesa di Cristo.

    • Non basta apprezzare positivamente i singoli, ma è un apprezzamento anche nei confronti della realtà ecclesiale, riconoscimento della prospettiva collettiva delle realtà protestanti

  1. Terzo principio è quello di non far coincidere visibilità e invisibilità della Chiesa, cioè struttura e carisma, istituzione e comunione. L'ecclesiologia preconciliare considerava coincidenti visibilità e invisibilità, dove la Chiesa è visibile lì arriva anche la Chiesa invisibile, in altre parole non essere in comunione con Roma implicava non essere nella Chiesa di Cristo, essere fuori dalla Chiesa di Cristo. Con il Concilio non è più così, la Chiesa invisibile non coincide con la Chiesa visibile. Per la Chiesa ortodossa si usa il titolo di Chiesa sorella, non essere in comunione con Roma non implica un giudizio di non ecclesialità, ma di un'ecclesialità non perfetta, manca qualcosa per il pieno riconoscimento ecclesiale. Non c'è un pieno riconoscimento ecclesiale ma non che esse non sono Chiesa. Solo per mezzo della Chiesa cattolica però si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salvezza. La Chiesa cattolica non rinnega la propria identità di essere Chiesa voluta da Cristo, la visibilità della Chiesa cattolica è manifestazione piena della realtà invisibile. Si evita il pericolo relativista pensare che alla Chiesa cattolica manca qualcosa per poter essere identificata con la Chiesa di Cristo e superare l'esclusivismo identificante della visione precedente.

  2. Altro principio è quello di saper congiungere unità e diversità, il discorso dell'unità a volte è stato condotto più nella linea della conformità che in quella della cattolicità. Non degradare l'unità a semplice riproduzione dell'identico. Accettare la diversità è una sfida molto importante. Saper conciliare unità e cattolicità, unità e diversità, la cattolicità non è un valore quantitativo ma qualitativo, da qui il metodo fondamentale dell'ecumenismo che è il dialogo. Unità, libertà e carità sono tre valori che bisogna saper congiungere. Il vero ecumenismo non è nascondere ciò che divide, ma ha il coraggio di dialogare anche su ciò che divide.

  3. Ultimo principio riguarda il carattere escatologico dell'unità, questo è importante per l'impazienza di unità che c'è, c'è un cammino progressivo verso la meta che è l'intercomunione, quando potremmo celebrare una comune eucarestia. Escatologico non vuol dire che l'unità deve venire nell'aldilà, ma che bisogna avere il senso del progredire, sul piano storico, la meta sarà quella.

L'ecumenismo è anche pratico:

  1. Ecumenismo spirituale è quell'ecumenismo che punta sull'elemento conversione, fa della conversione un tema ecumenico, si tratta di convertirsi ad atteggiamenti di tipo ecumenico, un cambiamento di mentalità e l'acquisizione anche di virtù specifiche come la capacità di ascoltare, l'umiltà, il dialogo, la dolcezza, la mitezza. Qui c'è anche il capitolo della preghiera, la preghiera. Presuppone capacità di autocritica, ci sono degli errori che hanno fatto entrambi, nella separazione soprattutto.

  2. Antropologico

  3. Sociale storico

          Non con tutti i cristiani separati si hanno gli stessi rapporti soprattutto si distinguono i rapporti con gli ortodossi e i protestanti, con l'ortodossia condividiamo anche il delicato problema della successione apostolica, condividiamo i sacramenti, e questo porta il Concilio a parlare dell'ortodossia con il titolo di Chiesa, i protestanti vengono chiamati comunità ecclesiale. Con l'oriente si apre un fronte di vicinanza, c'è molto che unisce. Si riconosce la differenza delle tradizioni, antropologie e teologie differenti, ma differenze non di povertà ma di arricchimento, la nostra soteriologia si basa molto sul peccato da riparare, quella orientale punta sulla divinizzazione. Per il ristabilimento dell'unità con gli orientali non si deve imporre niente tranne le cose fondamentali. Il titolo Chiesa non viene utilizzato per i protestanti, questo perché non c'è la successione apostolica, ma anche perché non tutti i protestanti si riconoscono in questo termine. La fede in Cristo unisce, divide l'interpretazione della soteriologia, l'amore alla Scrittura unisce ma c'è il problema del rapporto tra magistero e Scrittura, la sacramentalità dei sacramenti unisce, ma solo alcuni sacramenti, altri dividono. Non riconosce la Chiesa cattolica l'eucarestia dei protestanti perché i protestanti non hanno il sacramento dell'ordine in quanto non c'è la successione apostolica, a differenza degli anglicani che si sono fatti ordinare vescovi da un vescovo valido. Quindi l'eucarestia non è riconosciuta perché colui che celebra l'eucarestia è in pratica un laico.

 

Uno sguardo al futuro

 

          Senza rinunciare alla propria identità la Chiesa afferma di non esaurire tutto il progetto di Dio, si scopre chiamata a riconoscere l'azione dello Spirito al di fuori dei suoi confini visibili. Non solo si è superato l'ecumenismo del ritorno, ma si riconosce l'identità ecclesiale dei separati. C'è una comunione ma imperfetta. Lo sguardo al futuro è quello di un impegno prioritario, sentire la priorità della realtà ecumenica, dell'azione ecumenica.

          L'altro aspetto è un problema più tecnico che è quello di trovare una forma di comunione visibile, quale forma per una comunione visibile? Sul piano visibile non abbiamo fatto molti passi. Visibilmente siamo tre Chiese e tre visioni del cristianesimo. Giovanni Paolo II aspettava un gesto verso il futuro riguardo un'unione, invita a proseguire la strada dell'incontro. Il problema è quale forma dare a questa visibilità, tutti vogliono questa unità il problema è quale modello adottare. L'unità nella diversità riconciliata, diventare un'unica Chiesa mantenendo le diversità. Si tratta di riconoscere la diversità confessionali ma ci si propone di uscire dalla reciproca esclusione tramite un progetto di comunione visibile. Non si tratta di togliere verità di fede, non si tratta di procedere per via di eliminazione, ma di arricchimento.

          Karl Rahner applica al rapporto tra le diverse confessioni cristiane l'attuale rapporto tra le Chiese locali, estendono lo schema della communio ecclesiarum parlando di una concezione pluralistica delle Chiese, pur restando uniti sul simbolo delle fede, si tratterebbe di rinunciare alla piena convergenza sulla realtà dibattuta, accettandole come interpretazioni legittime. Quali sono queste verità su cui si può transigere? Non è così semplice, un modello come questo va bene per i protestanti, in cui il concetto di Verità è diverso da cattolici e ortodossi. Difficile accettare che vi possano essere delle verità non obbligatorie, non normative sulle quali non incontrarsi nella comunione. Sul piano pratico non si è concretizzato nessun progetto apprezzabile.

          Il principio di un'ecclesiologia di comunione da applicare su questo si è tutti d'accordo, dove si tratta di accettare la diversità l'importante è non rendere la diversità un ostacolo all'unità. Unità nella diversità, l'unità non è uniformità, un'unità che si realizza in una ricca diversità.

          L'unità non deve essere eseguita sacrificando la verità, perché esiste anche un diritto alla propria identità e alla stabilità della propria identità. Giovanni XXIII invitava a distinguere tra la sostanza immutabile e ciò che invece appartiene al rivestimento culturale. La verità è immutabile non è relativa, ma non coincide con l'immutabilità delle sue interpretazioni. Diventa un compito saper distinguere questi due aspetti.

          Il secondo criterio è il rispetto della gerarchia delle Verità, tale verità non hanno la medesima centralità del mistero rivelato Gesù Cristo, diverso il loro nesso con la fede cristiana. Non si tratta di escludere alcuni dogmi, ma di rilevare una gerarchia, in base all'individuazione di un centro che è Gesù Cristo Dio e uomo, questo è il centro, in base a questo centro c'è una gerarchia delle verità. Questo serve innanzitutto a disciplinare lo studio, e a stabilire una base solida di comunione, se tutte le verità vanno ordinate in base a questo nucleo e su questo ci incontriamo, si apre il dialogo ecumenico.

          Il terzo criterio è una certa concreta impossibilità di disporre totalmente della Verità, non la possiamo mai possedere totalmente, la Chiesa nel corso dei secoli tende incessantemente alla Verità, bisogna sempre tendere alla Verità, alla pienezza della Verità. La Verità è data in modo che coloro che già la condividono devono ancora conquistarla. Ogni definizione qualifica e perde qualcosa. Ogni progresso nella Verità comprende anche una perdita. C'è tutta la corrente apofatica, la teologia della negazione, per cui c'è qualcosa che va oltre ed è importante utilizzare la teologia del silenzio, la teologia apofatica.

           C'è bisogno dell'abitudine a comunicare la verità con carità ed umiltà, l'amore della Verità è la dimensione più profonda dell'autentica comunione tra cristiani.

 

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