Ministero presbiteriale |
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Il primo elemento teologico che emerge è il rovesciamento della posizione tridentina. Punto di partenza non è più il sacerdozio ma l'episcopato, se il Concilio di Trento metteva il sacerdozio alla base, il Vaticano II mette alla base l'episcopato e tutti gli altri ministeri fanno da riferimento al vescovo, il prete è collaboratore del vescovo. Sentirsi collaboratore non significa che i suoi poteri derivino dal vescovo, ma direttamente da Cristo, il vescovo ti ordina prete ma in realtà è Cristo che ti fa prete. Questo porta vescovi e presbiteri a unirsi perchè entrambi partecipano dello stesso e unico sacerdozio ministero di Cristo. Altro elemento richiamato è l'unità presbiterale. Un unico presbiterio, ciò deve portare il vescovo a considerare i presbiteri come amici, e la partecipazione dei presbiteri ai compiti dei vescovi. Il consiglio presbiteriale ha questo valore, analizzare insieme a loro le necessità della loro pastorale, i presbiteri intesi si come collaboratori dei vescovi, ma collaboratori necessari, inoltre questo costituisce una comunione tra i presbiteri, tanto che essi esercitano un unico ministero. Gli atti del vescovo hanno una rappresentatività ecclesiologica che quelli del presbitero non possono avere, solo il vescovo rappresenta la Chiesa in senso pieno. Il presbiterato ereditato prima del Vaticano II era sbilanciato sul piano cristologico, il prete era un altro Cristo. Il Vaticano II non nega questo, più volte parla del prete che agisce in persona Christi, ma grazie al riferimento ecclesiologico il prete deve sentirsi non solo rappresentante di Cristo ma fratello tra i fratelli e agire per la corresponsabilità, il prete deve sentirsi innanzitutto un battezzato, è a questo titolo che è ordinato prete, perché è battezzato, non si può diventare preti se non si è battezzati, se non si è fratelli all'interno della comunità. Il ministro ordinato non deve smarrire il senso del proprio servizio, deve sentirsi fratello tra i fratelli, quali membra dello stesso e unico corpo di Cristo. Se si assolutezza il livello cristologico il ministro si colloca sopra gli altri fedeli, fuori dal corpo di Dio come un mediatore tra Cristo e la Chiesa, se si assolutizza quello ecclesiologico il prete diventa solo un organizzatore, un animatore di attività parrocchiale. Queste due prospettive devono quindi stare insieme. L'esatta combinazione dei due ordinamenti è uno dei problemi della futura teologia. L'aspetto ecclesiologico è importante anche per non smarrire l'umanità del prete, la grazia non elimina la natura, l'uomo non perde la sua umanità, la visione ecclesiologica aiuta anche a spogliare il prete di questa aurea sacrale. Qual è il posto del prete nella liturgia? Deve stare di fronte, il ministro sta faccia a faccia, di fronte all'assemblea non sopra come era un po' in passato, neanche confuso tra l'assemblea, ma di fronte. Di fronte perché non esiste autosacramento, persino il papa deve inginocchiarsi davanti a un prete per il perdono dei peccati, l'assemblea entra in chiesa e vede di fronte il ministro, ma dovrebbe vedere Cristo che l'ha chiamata, Cristo che gli permette di dire Padre Nostro. L'impostazione puramente cristologica portava a privilegiare la linea sacerdotale del proprio ministero, trascurando alcuni elementi, l'aspetto ecclesiologico porta a recuperare questi elementi: si è pastori totali della comunità c'è la parola, la carità, si è superata così la posizione tradizionale che accentuava l'aspetto cultuale. Il concilio quando parla dei presbiteri rovescia l'ordine del triplice munus, mette al primo posto la parola perché si era trascurato questo aspetto, caratteristico del prete è anche essere ministro della parola e in ciascuno dei tre ambiti agisce in persona Christi. Anche il riferimento alla carità è importante, ai presbiteri sono affidati in particolare i poveri e i più deboli, come era per Gesù. |