Parlare di diritto della Chiesa è un qualcosa che sembra in qualche modo suonare strano o no? non vi sembra? A prima vista il diritto sembrerebbe entrare in conflitto con i carismi, con la prima Chiesa carismatica ma è così? Innanzitutto c'è da precisare che la nostra idea del diritto è un po' lontana da quella precedente, quindi se vogliamo trovare nelle prime comunità testi ed elenchi di leggi predisposti nel nostro ordine difficilmente ne troveremo. Questo perché i nostri codici sono frutti del pensiero moderno e contemporaneo che vede il diritto come un comando di un'autorità rinforzato da sanzione. In questo modello di diritto restano esclusi la legge di Dio, i principi, e le leggi morali, così come la legge di natura, i diritti consuetudinari e tutto ciò che non ha un sovrano chiaro e riconoscibile che li impone. Quindi ciò che conta è la legge positiva questa concezione del diritto si è affermata nel mondo occidentale a partire la XVIII-XIX secolo ed è ancora dominante oggi. Il diritto delle prime comunità cristiane di certo non si presenta in questo modo, se vogliamo trovare questo di certo non lo troveremo, qui il sistema di norme ha più fonti: Dio, il Cristo, gli apostoli, le leggi morali, qui le norme si accompagnano a morale e religione. L'apparizione e l'elaborazione di un pensiero giuridico all'interno della Chiesa, ma anche di un qualunque popolo, è un processo complesso che subisce l'influsso di molti fattori culturali. Molti di questi testi che sono stati elaborati non avevano assolutamente l'idea di andare ad arricchire una futura scienza canonica, o un futuro sistema di regole. Ma andiamo avanti, cerchiamo di vedere come già nelle prime comunità cristiane era presente, anche se in forme diverse da oggi, il diritto e come quindi questo Diritto non è affatto contrario all'amore di Cristo o alla natura carismatica delle prime Chiese. Amore e regole non sono opposti, non è vero che quando c'è l'uno manca l'altro. San Paolo critica la Legge, vero, ma non si sarebbe mai sognato ad esempio di abolire i 10 comandamenti. Si tratta di una legge tutta diversa quella contro cui va San Paolo è una legge che non nasce dall'amore, è una concezione che concepisce nella Legge la salvezza, come se la regola del lavarsi le mani prima di mangiare potesse essere veramente quella la salvezza, come se fosse la circoncisione o altre realtà esterne a dare la salvezza. Quando la legge diventa pretesto per escludere, come il fatto che si diventava impuri quando si parlava con un pagano, ecco, in questo caso è contraria all'amore, ma semplicemente quando la legge, il diritto va fuori dal recinto da cui dovrebbe nascere e cioè dalla giustizia. Lo stesso San Paolo vedremo più avanti dà una serie di regole e di leggi che pretende che siano osservate dalla comunità, con tanto anche di sanzioni negative che prevedono l'esclusione dalla comunità di chi non aderisce alle regole che la comunità si era data. Paolo è centrale in questo discorso non solo perchè nella Scrittura troviamo soprattutto nelle sue lettere la configurazione delle prime comunità cristiane, ma per la sua posizione che in qualche modo a volte appare contro la Legge, questo porta spesso alcune persone a presentare proprio Paolo come contrario a ogni forma di legge, come contrario a ogni regola, e quindi in contrasto con quella che è oggi la legislazione della Chiesa. In realtà conoscendo a fondo le lettere di Paolo si vede un doppio approccio alla Legge da parte di Paolo, una posizione decisamente contraria alla legge, ma una anche favorevole. Questo deriva in realtà dal doppio significato del termine legge, nomos. Infatti Legge è la Torah come rivelazione divina e legge è la Torah orale, l'istituzione, Paolo non va mai contro la Torah rivelazione di Dio, Paolo va contro alle aggiunte fatte alla Torah, alla Torah orale. Paolo non c'è l'ha con la legge, ma con una serie di comportamenti che fatti di per sè danno la salvezza, è la salvezza per mezzo delle opere che non concepisce, la salvezza non viene dall'essere schiavi della legge. Insomma Paolo segue la via già espressa da Gesù, che si pone in continuità con la Legge della Torah come rivelazione, che si pone in continuità con i 10 comandamenti e con le Scritture, ma critica la legge esteriore, critica la Torah orale, quella creata dai farisei, così viene accusato di non rispettare il sabato, di non digiunare, di mangiare con i peccatori, è questa continua lotta tra purità e impurità che critica Gesù, che afferma che niente di ciò che è di fuori può contaminarci, ma solo ciò che viene da dentro di noi. Paolo non fa altro che seguire questa linea in realtà, non contro le regole, non contro la Legge, ma contrario alla legge esteriore che non è fatta per l'uomo, ma che imprigiona l'uomo, non gli permette di amare, e lo fa credere padrone in qualche modo della propria salvezza. La salvezza non viene dalle opere, non viene dall'applicazione rigida della Legge, ma dalla fede nel Signore Gesù. Quindi per entrare ancora di più nel pensiero di Paolo, è normale un avere delle norme comuni per mandare avanti la comunità, non va bene quando queste regole, e non la fede in Gesù, divengono ciò che serve per la salvezza. Paolo alla comunità di Corinto scrive "Vi esorto ad essere tutti unanimi nel parlare, perchè non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di intenti" 1Cor 1,10. La comunione sta quindi per Paolo a fondamento della nuova identità di vita. E di fronte quindi alle divisioni interne della comunità o alle incertezze di ordine morale Paolo interviene con tutta la sua autorità, quella autorità che gli deriva dal mandato del Signore. La cosa più importante è la comunione e il dovere di mantenerla con rapporti concreti. Paolo senza timore da delle norme concrete:
Paolo indica nel testo sulle regole per il matrimonio anche la fonte "non io, ma il Signore", così in altri testi parla di adeguarsi all'uso di tutte le Chiese dei santi (1Cor 14,37). La motivazione di fondo è quella detta all'inizio, la comunione, l'ordine, il Dio cristiano è un Dio di pace non di disordine. L'esempio della comunità di Corinto ci mostra come sin dalle prime comunità non si hanno semplicemente un insieme di persone ispirate, ma ci sono anche una serie di norme e regole che ordinano questa comunione. Come anticipavo prima nei casi limiti si arriva addirittura all'esclusione dalla comunità come ad esempio nel caso di incesto di 1Cor 5 "questo individuo sia dato in balìa di satana per la rovina della sua carne, affinchè il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore", e ancora in 2Ts 3,6-14 San Paolo dice di allontanare chi non rispetta gli ordini degli apostoli "Se qualcuno non obbedisce a quanto diciamo per lettera, prendete nota di lui e interrompete i rapporti, perché si vergogni; [15]non trattatelo però come un nemico, ma ammonitelo come un fratello" e di nuovo Paolo in Tt 3,10 ordina "Dopo una o due ammonizioni stà lontano da chi è fazioso, [11]ben sapendo che è gente ormai fuori strada e che continua a peccare condannandosi da se stessa". Ma forse così potrebbe sembrare solo Paolo quello un po' troppo schiavo della Legge (il che certo conoscendolo un po' fa quasi ridere), ma in Mt18,17 si parla di esclusione parlando di una corretta correzione fraterna, come ultima istanza la comunità tutta riunita e poi l'esclusione "Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano". Dire quindi che non ci sono norme regole o diritto nelle prime comunità cristiane, mi sembra abbastanza al di fuori della realtà. Certamente possiamo ribadire che non esisteva un diritto simile a quello che noi oggi vediamo come tale, anche se in alcuni casi oltre agli ordini e le norme ci sono anche delle sanzioni, come quella dell'esclusione dalla comunità. Chiaramente non si presenta come un comando rafforzato da una sanzione, i comandi e le norme sono intrecciate di morale e religione, i comandi e le norme delle prime comunità, ma come dei primi concili e della Chiesa hanno origine da Dio, dalla rivelazione e dalla storia di Gesù. Non ci sono dubbi quindi che sin dalla sua fondazione la Chiesa ha avuto un diritto che poi certo si è sviluppato nel tempo, come si vede da At 15,1-29 gli apostoli dettavano norme e ordinavano le comunità. Come non ricordare il "concilio" di Gerusalemme, un decreto, una decisione presa insieme, una regola ancora una volta, una norma, come non ricordare la ricerca da parte di Paolo dell'approvazione di Pietro, Paolo non inizia per conto suo, la comunione è importante, e la comunione vuol dire anche stare a delle decisioni, prese da coloro che guidano la comunità come Pietro. Riguardo al Concilio di Gerusalemme a proposito come non ricordare le tensioni tra Pietro e Paolo sul mangiare con i pagani (Gal 2,11-14), Pietro nel momento in cui arriva Giacomo si defila e non mangia più insieme ai pagani, Paolo lo riprende, c'è bisogno di regole, di unità, di norme, il concilio di Gerusalemme le darà. Nelle lettere di Paolo si trovano diversi tipi di autori della legge:
Paolo parla con autorità, un'autorità che gli deriva in virtù della sua missione apostolica che deve essere accettata senza riserva alcuna. Certo spesso il linguaggio è quello di esortazione più che giuridico, ma come abbiamo visto, ci sono sanzioni che a volte corrispondono a queste esortazioni dette più che altro da padre quasi. D'altronde quando alcuni nelle sue comunità si dissociano dalle sue esortazioni, Paolo fa valere poi la propria autorità esortando anche a dissociarsi da queste persone o addirittura di escluderli dalla comunità.
Secoli II e III
Dopo il 49 con il concilio di Gerusalemme e successivamente con la caduta del tempio nel 70 d.C. si arriva ad una rottura sempre più profonda con la comunità giudaica, da questo momento non viene cancellato tutto ciò che di ebraico c'è nel cristianesimo, anzi molte regole e istituzioni ebraiche permangono, d'altronde il cristianesimo e Gesù stesso è intriso di ebraicismo. L'incontro con il mondo ellenico-romano poi permetterà alla Chiesa degli sviluppi ulteriori. Il vocabolario del diritto romano sarà ripreso dalla Chiesa. In questo periodo si va delineando quelli che sono i cardini della Chiesa, la Chiesa si riunisce intorno a poche cose ma che devono essere comuni a tutti per definirsi cristiani: La Parola, i sacramenti, l'eucarestia, il battesimo, l'insegnamento degli apostoli. Il vescovo aiutato da presbieteri e diaconi è il centro di tutte le azioni ecclesiali, c'è un'intensa collaborazione tra le Chiese e a partire dal II secolo ci si riunisce in sinodi quando sorgono conflitto, proprio questo porterà più tardi alla celebrazione dei concili ecumenici. Roma Alessandria e Antiochia iniziano ad acquistare una particolare importanza come luoghi di direzione della comunione. Essere in comunione con Roma, sede dei martiri Pietro e Paolo, era particolarmente importante per tutte le Chiese e spesso si chiedeva parere a Roma in caso di conflitti. Iniziano a comparire anche le prime forme di liturgia, il radunarsi insieme delle comunità nel giorno del Signore per celebrare l'eucarestia, poi pasqua annuale, liturgia delle ore, riti dell'iniziazione, culto dei martiri. Da questo si vede bene come la Chiesa una volta istituita è divenuta a sua volta creatrice di istituzioni. Il concetto che regna sovrano è quello di comunione, comunione che deriva dall'eucarestia, dall'unica eucarestia, comunione nella Chiesa locale e comunione tra le Chiese.
Le contestazioni
Nonostante questa storia giuridica della Chiesa, nonostante questi inizi, non sono mancati nella storia movimenti che hanno messo in discussione la natura giuridica della Chiesa: i primi movimenti ereticali, i movimenti spirituali del medioevo (come non citare i catari), i riformatori protestanti e tutt'ora non mancano le contestazioni all'aspetto istituzionale e giuridico della Chiesa. Tutto questo ha portato a generare molte risposte nella Chiesa a difesa della sua natura giuridica e istituzionale. Muovendo dalla dottrina della totale corruzione umana Lutero arriva poi ai concetti di Chiesa visibile e Chiesa invisibile. La Chiesa visibile è quella che comprende anche i peccatori e non ha potere sulle coscienze, nè riguarda direttamente la salvezza. La Chiesa invisibile contiene tutti i giusti che conosce solo Dio. Serve una Chiesa visibile, ma la vera Chiesa è quella invisibile, e la Chiesa visibile deve essere fondata su carità e consenso fraterno, non sul potere secolare o sull'essere successori degli apostoli, non conta questo, ma chi mantiene vera la tradizione degli apostoli, quindi chi vive la carità. Il pensiero di Lutero è stato poi radicalizzato da alcuni come Rudolph Sohm, secondo cui il diritto non è conforme alla natura della Chiesa, anzi è in contraddizione con questa. La natura della Chiesa è infatti spirituale, quella del diritto è invece mondana. Inoltre afferma che il diritto è entrato nella Chiesa quando questa è passata da Chiesa carismatica a Chiesa impero, questo come abbiamo visto prima non risulta affatto dallo studio dei testi, anzi risulta tutto il contrario. Purtroppo il problema di queste affermazioni è lo stesso che abbiamo affrontato prima: Sohm ha un'idea di diritto estremamente positiva, una norma posta da un'autorità seguita da sanzione. D'altronde carisma e diritto non si escludono a vicenda, e abbiamo visto come sin dai primi secoli la Chiesa invisibile è stata affiancata subito da una Chiesa visibile.
Concezione positivistica
Il diritto canonico per tanto tempo si è giustificato con l'asserto ubi societas ibi ius, dove c'è una società c'è un diritto. Naturalmente se ne capisce subito il senso, non può esistere alcuna società senza diritto, un insieme di uomini è normale che si diano delle regole, ed è normale che ci sia chi è predisposto per farle rispettare. Questo quindi vale anche per la Chiesa, il suo essere società richiede che ci sia il diritto. A questo normale impianto che sembra funzionare benissimo senza molti intoppi, si lega la visione positivistica, secondo a quale la norma è quella applicata da un'autorità competente e poggia sulla minaccia della sanzione. In questa concezione morale e diritto tendono a essere separati, l'importante è cosa dice la legge non cosa sia giusto, cosa dice la legge va rispettato. E' da questo positivismo giuridico che vengono le codificazioni moderne che ci circondano. Il contesto in cui nasce l'idea del codice è quello dell'illuminismo e dell'affermarsi dello Stato assoluto. Il codice avrebbe dovuto contenere i precetti della ragione tradotti in legge dal legislatore, ma in realtà fu presto dimenticato l'intento e ciò che ora rimane è la volontà del legislatore che pone come valida quella legge. Sotto il marchio di Chiesa intesa come Società Perfetta, sino al Concilio Vaticano II, anche la Chiesa si adeguò a questa formulazione in codici, e la scelta della codificazione del 1917 fu presa proprio in riferimento alle codificazioni moderne. Così ci fu la scomparsa della consuetudine e l'accentuazione del principio secondo cui la legge vale per se stessa e non in virtù di una motivazione che non è espressa nei canoni. E così anche il compito dei canonisti iniziò a limitarsi all'esegesi del testo dimenticando storia e teologia. Nonostante questo la codificazione del 1917 ha una sua positività dovuta alla brevità e alla chiarezza che rendeva la disciplina canonica conoscibile e applicabile ponendola in questo modo al servizio dell'azione pastorale della Chiesa. Ci sono anche teologi e studiosi secondo cui la scienza canonica è una disciplina teologica con metodo giuridico: Morsdorf afferma che i due elementi costitutivi della Chiesa, la Parola e il sacramento, hanno carattere giuridico. Gesù ha infatti annunciato la Parola di Dio in modo autoritario. I destinatari dell'annuncio sono tenuti all'osservanza. Il sacramento è strettamente legato alla parola, ci sono gesti che riprendono le azioni simboliche scelte da Cristo, come per esempio l'imposizione delle mani. Quindi il diritto non è contraddittorio con l'essenza della Chiesa ma tutt'altro. Lo stesso Morsdorf aveva già parlato dell'importanza di dare una fondazione teologica al diritto, cercando di tenere strettamente collegato il diritto e la Sacra Scrittura, tutto questo prima anche del Concilio Vaticano II. Successivamente è stata sviluppata la categoria della comunione, il diritto è al servizio della comunione ecclesiale. Secondo Pedro Lombardia il diritto è l'ordine giusto della società, i soggetti sono connessi dal punto di vista della giustizia. Secondo questa corrente quindi il fondamento del diritto canonico sta nella dimensione di socialità e di giustizia che è l'essenza di tutte le realtà ecclesiali.
Il magistero della Chiesa
Il Concilio Vaticano II è un'esplosione di rinnovamento, il diritto canonico viene messo in stretta relazione con l'ecclesiologia, dalla concezione societaria la Chiesa passa a quella della comunitaria, non più la Chiesa vista solo come Società Perfetta, ma soprattutto come comunione. Riprende il legame con la Sacra Scrittura su questo deve fondarsi il diritto canonico e non semplicemente sul suo essere società, c'è da rivedere quindi tutto il codice di diricco canonico del 1917. Certamente il Concilio Vaticano II non ha cambiato direttamente il diritto canonico, ha più che altro avviato una fase successiva e il codice del 1983 è stato un cercare di tradurre in termini pratici gli sviluppi proposti dal Concilio Vaticano II. Paolo VI è il primo a lavorare per collocare il diritto della Chiesa nel mistero ecclesiale. Se infatti la Chiesa è un disegno divino, anche le sue istituzioni sono strumenti per comunicare la grazia divina. Il fondamento spirituale del diritto canonico è la comunione, il diritto non è altro quindi che un mezzo e uno strumento per attuare la comunione. Giovanni Paolo II continua a rimarcare la categoria della comunione, nella Chiesa il primato deve essere assegnato all'amore, alla grazia e ai carismi. Il diritto serve per rendere più agevole la realizzazione di questi elementi. Ogni norma giuridica anche la più pratica deve essere basata sulla teologia. Giovanni Paolo II usa anche la categoria di società per spiegare il bisogno del diritto nella Chiesa, allo stesso tempo collega il diritto al contenuto di Antico e Nuovo Testamento e quindi all'amore, tutto ritorna di nuovo all'amore, in quanto sia la legge dell'Antico che quella del Nuovo hanno come base l'amore. Riassumendo c'è stato quindi il passaggio dalle categorie giusnaturaliste, dominanti prima del Concilio Vaticano II, alle categorie ecclesiologiche. Ed è stata quindi portata a compimento una vasta riforma legislativa che ha preso vita nei due codici: Il Codice di diritto canonico (per la Chiesa cattolica latina 1983) e il Codice dei canoni delle Chiese orientali (per le Chiese cattoliche orientali 1990). A questi c'è da aggiungere la Pastor bonus sulla curia romana (1988). E' assurdo dire che il diritto non esiste nella Chiesa o non deve esistere visto che è conforme alla sua natura, come abbiamo visto, inoltre abbiamo visto come il diritto ecclesiale va compreso a partire dal mistero della Chiesa e trova la sua origine e il suo senso in Dio, nella rivelazione, nella natura, in Cristo. Fa parte del diritto ecclesiale il diritto divino.
Chiesa istituzione
Nell'Antico e nel Nuovo Testamento troviamo gli elementi fondamentali della struttura della Chiesa e questi sono: la Parola, i Sacramenti con particolare attenzione a battesimo ed eucarestia, la comunione delle chiese e i carismi. Da questi poi nascono a loro volta tante istituzioni che non sono altro che il prolungamento delle istituzioni di Cristo. La Chiesa quindi una volta istituita è diventata a sua volta creatrice di istituzioni. Dietro l'istituzione umana, dietro lo ius humanum c'è lo ius divinum. Dietro l'istituzione creata dalla Chiesa c'è il diritto divino, da questo nasce lo ius humanum e l'unico modo che abbiamo noi di conoscere lo ius divinum è attraverso lo ius humanum. C'è la presenza dello Spirito che guida la Chiesa nella sua creazione di diritto e istituzioni. Di certo la forza del diritto della Chiesa si trova in quello divino, e quindi l'accordo con il diritto divino va sempre ricercato. Il diritto della Chiesa come afferma Paolo VI ha valore sacramentale come la Chiesa stessa, questo perchè posto dalla Chiesa e perchè il diritto accompagna i sette sacramenti che sono appunto lo strumento di salvezza e di grazia. Dal Concilio Vaticano II la comunione è diventata principio guida dell'ecclesiologia, essendo strettamente collegato a questa, anche il diritto canonico deve essere ispirato da questa comunione. Nel Codice di Diritto Canonico, il secondo libro è dedicato al Popolo di Dio, non al clero, non ai laici, ma a tutto il popolo di Dio, da qui si parte con le dovute differenze di funzioni poi. Sul campo pratico poi questa comunione di tutto il Popolo di Dio si vede nei consigli pastorali (cc. 511-514;536), nel consiglio presbiteriale (cc. 495-501) e in altri organismi della Chiesa. Il diritto della Chiesa è poi un diritto missionario, deve essere aperto a tutti i popoli cercare di realizzare la salvezza di tutti i popoli, il bene di tutti i popoli. Per questo la parte fondamentale del diritto canonico è lo ius divinum da cui deriva e poi a secondo delle varie esigenze e culture il diritto canonico deve adattarsi. E' questo il motivo per cui nella storia della Chiesa pur nell'unità ci sono fin dai primi secoli diversi riti. E' questo il motivo se anche oggi abbiamo due codici di diritto canonico, quello latino e quello per le Chiese Orientali. Il diritto canonico deve sposarsi con le varie culture e mantenere sempre le sue specificità, cioè il proprium del diritto che è il diritto divino. Il diritto canonico è un diritto gerarchico, posto da un'autorità, l'autore del Codice di diritto canonico e dei Codice di canoni delle Chiese Orientali è stato Giovanni Paolo II, l'autorità competente può emettere il codice. Questo non vuol dire che ci sia stato un grande lavoro di comunione, non è opera solo di Giovanni Paolo II e dei suoi predecessori, ma in tanti hanno contribuito. La gerarchia del diritto della Chiesa non va a contraddire il concetto di comunione. Il diritto canonico è per sua stessa natura un diritto sacro, destinato alla salvezza delle persone.
Fonti del diritto canonico
La principale fonte creatrice del diritto è l'autorità ecclesiastica, lungo i secoli hanno esercitato questa funzione singole persone (il papa, il vescovo, il superiore religioso) o colleggi di persone (i concili ecumenici, i concili particolari, i capitoli dei religiosi). Nella storia della Chiesa prima era importante l'esercizio a livello locale e quindi la figura del vescovo, importante è diventato sempre di più l'accordo tra i vescovi, e così prima i sinodi e poi concili hanno preso rilevanza, sino al Papa le cui legge tendono sempre più a essere universali come quelle dei concili. Fin dai primi tempi la Chiesa usava raccogliere in unità i vari canoni derivanti dai concili o dai romani pontefici. In questo modo si cercava di mettere un po' di ordine. Mano mano che il tempo passava poi c'era sempre più bisogno di raccogliere il numero di canoni e disposizioni che aumentavano piano piano. E' importante prima di andare a addentrarci nel Codice di Diritto Canonico fare un po' di storia, e quindi iniziare con queste grandi raccolte.
Primo millennio (secoli I-XI)
Iniziamo con il sorgere del diritto antico: sono gli scritti apostolici, le collezioni canonico-liturgiche. Possiamo ricordare la Didachè, che risale alla fine del I secolo, le Lettere di Ignazio di Antiochia, la Prima Lettera di Clemente Romano ai Corinzi, Il Pastore di Erma. Tra le collezioni canico-liturgiche possiamo ricordare invece la Tradizione Apostolica, la Didascalia degli Apostoli, la Costituzione ecclesiastica degli Apostoli, i Canoni di Ippolito, le Costituzioni Apostoliche. Questa letteratura ci mostra come la Chiesa sin dalle sue origini abbia un diritto. V-VI secolo in oriente si hanno raccolte di leggi ecclesiastiche insieme a leggi civili. Inizialmente si ebbero collezioni cronologiche come la Collectio Trullana, poi successivamente si diede il via a quelle sistematiche come la Synagogé. In Occidente invece le varie Chiese oltre ai propri canoni raccolgono quelli delle altre Chiese. Alla fine del V secolo e all'inizio del VI, tutte queste compilazioni confluiscono a Roma, tra queste ricordiamo la Versio Isidoriana o Hispana, la Versio Itala o Prisca, la Collectio Dionysiana. Quest'ultima si compone di una raccola di canoni dei primi concili (Nicea, Costantinopoli, Calcedonia, con l'esclusione del canone 28 che metteva in questione il primato di Roma), alcuni concili africani e una raccolta di decretali da Papa Siricio a Papa Atanasio. Questa opera ebbe successo per la buona traduzione dei testi e per la distinzione operata tra i canoni e le decretali, per il suo carattere di universalità e di giuridicità. Resterà a lungo la collezione della Chiesa di Roma. Successivamente sarà aggiornata da Papa Adriano I nel 774 con l'Hadriana, e poi sarà fusa con l'Hispana per creare la Dacheriana. Caratteristica dei secoli VII-XI saranno i Libri penitenziali, manuali pratici per i confessori, contenevano per ogni pena la giusta penitenza, questi libri ci consentono di conoscere il diritto penale della Chiesa dell'epoca. Altro fenomeno caratteristico erano i capitolari, leggi dei sovrani carolingi, emanati però nel corso di assemblee che vedevano riuniti insieme il sovrano, laici ed ecclesiastici. In questo periodo ci sono anche le curiose False Isidoriane, uno dei più celebri falsi della storia, una collezione di testi normativi falsificati. A volte si tratta di testi antecedenti con interpretazioni puramente formali, altre volte vengono proprio intaccati i testi nella loro sostanza o addirittura inventati completamente su frammenti originali. Queste False Isidoriane sono legate all'autorità papale.
Dalla riforma gregoriana al Concilio di Trento (secoli XII-XVI)
Il diritto si stacca dalla teologia e dal diritto romano e viene elaborato come sistema giuridico completo. La prima opera di questo periodo è il Decreto di Graziano (1139-1150), una sorta di sintesi delle leggi della Chiesa dei primi mille anni, il suo altro titolo era Concordia discordantium canonum (concordanza dei canoni discordanti). Con questo decreto inizia lo studio scientifico del diritto canonico. Si avverte l'esigenza di mettere ordine tra le tante leggi della Chiesa, a volte c'erano delle norme che sembravano quasi contraddirsi, ecco Graziano mette insieme varie fonti (elementi di diritto romano, testi patristici, testi conciliari, summae e opere canonistiche) tutto questo materiale viene poi suddiviso. Graziano mette a confronto i testi contraddittori che forniscono soluzioni inverse e prova a trovare un'armonizzazione, indicando le ragioni della contraddizione e provando a indicare la soluzione da adottare. Il Decreto avrà notevole importanza nei secoli successivi. A partire dalla fine del XII secolo le collezioni hanno una nuova fisionomia, ora le collezioni contengono quasi esclusivamente decretali (risposte pontificie, si distinguevono dalle altre perchè erano esclusivamente risposte ufficiali date dal papa ad ogni tipo di consultazione proveniente dai vescovi, o alte personalità laiche. Queste divennero presto fondamento del nuovo diritto della Chiesa, queste sono quindi le nuove collezioni, raccolte di decretali. Addirittura in questo periodo si aggiunge ad affermare che una decretale, anche recente, aveva la priorità sull'antico diritto conciliare. Di queste decretali quelle che poi confluiranno nel Corpus Iuris Canonici sono le Decretali di Gregorio IX (1234) che resteranno in vigore sino al 1917, il Libro Sesto delle Decretali (1298) pubblicato da Bonifacio VIII ed è un'aggiunta ai cinque libri delle Decretali di Gregorio IX, le Clementine, che è una collezione voluta da Papa Clemente che contengono le sue decretali e le decisioni del Concilio di Vienne (1311-1312). Oltre alle decretali in questo periodo diviene sempre più frequente l'uso del decretum, che a differenza delle decretali non è una semplice risposta ma una decisione pontificia presa dal papa di sua iniziativa. Le decretali di cui abbiamo parlato sopra andranno a confluire nel Corpus Iuris Canonici, una raccolta di collezioni di natura giuridiche, le tre collezioni ufficiali nominare e altre tre non ufficiali (il Decreto di Graziano, le Extravagantes di Giovanni XXII, le Extravagantes comuni. Nel 1566 Pio V istituisce una commissione per correggere il Corpus Iuris Canonici, in questo modo ne abbiamo l'edizione romana. Questo rimase in vigore sino al Codex Iuris Canonici del 1917.
Dalla Concilio di Trento a oggi (secoli XVI-XX)
L'impronta del Concilio di Trento si vedrà e come, le decisioni del concilio e le conclusioni della Sacra Congregazione del concilio (creata da Pio V per promuovere l'esecuzione del concilio) divennero il principale fondamento dei secoli successivi sino al 1917. Dal concilio in avanti la legislazione è determinata soprattutto dagli interventi pontifici e quindi ci sono nuove raccolte: I Bollari (raccolte di bolle o costituzioni pontificie); gli atti di alcuni papi; il periodico Acta Sanctae Sedis (Atti della Santa Sede) che venne sostituito nel 1908 con il bollettino ufficiale Acta Apostolicae Sedis (Atti della Sede Apostolica). Il Concilio di Trento istituisce varie Congregazioni: la Sacra Congregazione del concilio (con l'incarico di interpretare in modo autentico i canoni del concilio); la Sacra Congregazione per la Propagazione della fede; la Congregazione dei sacri riti e l'Indice dei libri proibiti (catologo dei libri contenenti errori contro la fede, la morale o la Scrittura; la Congregazione per l'indice provvedeva ad aggiornarla). Agli inizi del 1900 il diritto della Chiesa era ormai un'insieme di leggi complicate e arrovigliate, non era affatto semplice conoscere tutte le leggi e se esisteva una prescrizione per un caso particolare, e se questa prescrizione perdurasse ancora. Nel 1904 si diede così inizio ai lavori per la stesura di un codice, un codice simile a quelli degli altri Stati. Il codice doveva essere latino, e contenere esclusivamente le prescrizioni, senza le motivazioni di queste. L'unico codice era ora questo, erano abolite tutte le precedenti collezioni, il Codex Iuris Canonici venne promulgato il 27 Maggio 1917 da Benedetto XV ed entrò in vigore la domenica di Pentecoste del 19 Maggio 1918. 2414 canoni distribuiti in 5 libri:
Il Codice riguardava la sola Chiesa latina e non comprendeva il diritto liturgico e gli accordi con i vari Stati. Erano salvaguardate anche le consuetudini e i diritti acquisiti e i privilegi. L'intento del codice non era di cambiare e modificare ma di organizzare e dare ordine. Con il passare del tempo si sentì il bisogno di un aggiornamento, e l'annuncio di questo aggiornamento fu dato da Giovanni XXIII il giorno dell'annuncio del Concilio Vaticano II, il 25 gennaio 1959. La commissione per la riforma del Codice iniziò i suoi lavori alla fine del concilio. Nel 1980 fu presentato al Papa tutto il Codice rinnovato. Fu discusso dalla commissione plenaria nell'ottobre del 1981, rivisto personalmente da Giovanni Paolo II con una commissione di esperti, venne finalmente pubblicato il 25 gennaio 1983, a vent'anni dal concilio. Nel 1965 Paolo VI sottoponeva alla commissione la questione circa la formazione prima di un codice comune che contenesse il diritto costitutivo della Chiesa, prima di formulare i due codici latino e orientale. La questione accolse inizialmente molto successo ma quando il documento divenne pubblico gli furono rivolte molte critiche, così il documento non fu emanato, ma la maggior parte dei canoni di questo documento finirono in entrambi i codici. Il codice del 1983 era anch'esso scritto in latino, seppur tradotto in altre lingue che richiedevano l'autorizzazione della Conferenza episcopale nazionale, il latino è la sola lingua ufficiale e valida giuridicamente, la tradizione ha lo scopo solamente di aiutare la comprensione del testo. Il Codice si compone di 1752 canoni divisi in sette libri:
Lo schema in realtà è molto simile a quello del 1983 si inizia in entrambi con un libro sulle norme generali, poi in entrambi segue una trattazione sulla struttura organica della Chiesa, del popolo di Dio (come intitola il libro il codice del 1983) o delle persone (come intitola il libro il codice del 1917), anche i libri III, IV e V del codice del 1983 corrispondono in realtà con il libro III del codice del 1917 intitolato le cose, mentre i due libri finali corrispondono in entrambi i codici:
Le novità del Codice del 1983 sono nei contenuti, lo sforzo è stato quello di immettere nel diritto canonico l'ecclesia conciliare, per quanto sia difficile tradurre l'ecclesiologia in linguaggio canonico tuttavia è l'ispirazione di questo codice. Nel codice troviamo infatti i grandi temi del Concilio: Chiesa popolo di Dio, l'ecclesiologia di comunione, la Chiesa particolare e il suo rapporto con la Chiesa universale e il principio di uguaglianza tra tutti i fedeli, e la partecipazione di tutti anche dei laici agli uffici di Cristo sacerdote, profeta e re. Diciamo due parole anche del Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium per le Chiese orientali. Il Concilio Vaticano II dice chiaramente che le Chiese cattoliche d'oriente e d'oiccidente "hanno il diritto e il dovere di reggersi secondo le proprie discipline particolari" (Orientalium Ecclesiarum 5). Da questo deriva la formazione di un Codice di Diritto Canonico diverso per le Chiese orientali. Il testo del Codice di diritto canonico orientale venne presentato al papa nel 1948 la pubblicazione avvenne per parti, i canoni sul sacramento del matrimonio ad esempio sono stati promulgati per primi perchè molto urgenti. Dei 2666 canoni ne vennero approvati 1590, i canoni mancanti rimasero nell'archivio della Congregazione Orientale. Dopo il Concilio Vaticano II, Paolo VI nel 1972 istituì la Commissione per la revisione del Codice di diritto canonico orientale. Il testo definitivo fu consegnato a Giovanni Paolo II il 28 gennaio 1989 e il 18 ottobre 1990 è stato promulgato con la costituzione Sacri canones.
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