"Beh, prof., in
effetti quanto si starebbe bene se si potesse vivere in modo più naturale!"
Ha iniziato Cristina, che di solito se ne sta buona e tranquilla e prende
persino appunti.
"Ah, bene Cri, e
cosa vuol dire per te più naturale?" - le chiedo.
"Beh in modo più
istintivo, senza tante robe create da noi, così come viene senza ...
i-phone, computer, tablet, tutta sta roba qui che alla fine non ci fa mica
essere diretti e semplici".
"Sì, e per te
sarebbe bello vivere senza telefonino? - ribatte Arianna -. Non ci
credo! Anche perché io poi, se una roba mi va di dirla la dico anche al
cellulare o in un sms. Se vuoi essere diretta e istintiva lo puoi fare anche
così. Prof. io credo che finché siamo sinceri e istintivi va bene. Ci ho
pensato ieri, quando mia madre discuteva con sua cugina che è incinta ed era
preoccupata per il parto. Mi sono chiesta: ma come ha fatto la prima donna a
partorire? Mica nessuna glielo aveva insegnato. O ad allattare? Eppure c'è
riuscita, anche senza tante robe che ci sono oggi. Allora vorrà poi dire che
l'istinto naturale funziona".
"Uh, Arianna,
quindi secondo te aveva ragione Raf qualche anno fa quando cantava "Un
battito animale" dicendo che l'istinto naturale è la parte più vera che c'è
nell'uomo?"
"Sì, credo di sì,
prof. E se uno vuole vivere bene dovrebbe imparare a seguire quell'istinto".
"E allora Arianna
- ribatto - che differenza ci sarebbe secondo te tra l'uomo e l'animale?".
"Prof. noi siamo
molto diversi da un animale - risponde lei -, siamo molto più
evoluti. Un cane partorisce oggi come mille anni fa. Noi ci siamo evoluti".
Con un impeto
difensivo che mi sorprende Miriam irrompe nella discussione: "Oddio
Arianna, però un cane ha delle emozioni, come ce le abbiamo noi! Quindi non
è che poi sia molto diverso da noi. Dai, saremo anche più evoluti, ma delle
volte facciamo peggio dei cani!"
Ed è a questo punto
che Dario ci spiazza tutti. "Col cavolo che non c'è differenza Miriam.
Prova tu a chiedere ad un cane di metterti una palla a giro sul secondo
palo. Mica lo fa. Pirlo sì! Voi mettere?!"
Il silenzio cala in
classe. E in un nano secondo esplode una risata clamorosa. Non ho nemmeno
afferrato del tutto il senso della frase di Dario che d'improvviso intuisco
che non è una semplice battuta.
Infatti. "No, io
lo dico seriamente - riprende Dario - Non si può paragonare Pirlo ad
un cane. Pirlo è un artista. Mica basta l'istinto naturale per dei tiri del
genere. Uno lo deve volere, provare provare provare. Ci vuole un sacco di
testa e bisogna sentirselo dentro. Un cane non potrebbe mai farlo".
"Scusa Dario
- gli dico - secondo te allora la differenza tra un uomo e un animale sta
nella capacità dell'uomo di mettere insieme testa, cuore e corpo alla
ricerca di un obiettivo, scelto consapevolmente, che si vuole raggiungere,
mentre un animale non può scegliere obiettivi perché guidato solo
dall'istinto?".
"Mi sono un po'
perso prof., ma il concetto è quello".
Già altre volte è
ritornato questo tema. A partire dalla percezione di frantumazione interna
di questi adolescenti di oggi, che le idee di Arianna e Miriam, ma forse
pure di Cristina, anche qui ci dichiarano apertamente. Ma stavolta Dario ci
permette due aggiunte molto significative, alle riflessione già fatte.
Primo. La percezione
antropologica di oggi non appoggia più la differenza tra uomo e animale
sulla "razionalità" che tutto comanda, come poteva essere nella modernità.
L'appoggia invece sulla "unitarietà" della persona, che pur essendo a più
facce, esiste come tale solo se ritrova in sé un "centro unificatore" di
tutto ciò che essa è. Tanto che, quando questo centro è smarrito rischiamo
di arrivare a dare la qualifica di persone anche agli animali o ai più
sofisticati computer, perché mostrano di possedere "pezzi" di umano anche
loro. (Le emozioni per gli animali e la razionalità organizzativa per i
computer).
Secondo. La
specificità dell'uomo rispetto all'animale oggi non è più vista nella sua
capacità di controllo razionale, che nel paradigma antropologico moderno
fondava poi la libertà umana. E' vista piuttosto nella abilità umana di
"produrre bellezza" (Pirlo è un artista!), di generare atti che rimandano ad
una pienezza di senso ben maggiore ed oltre la semplice somma algebrica
delle singole potenzialità che compongono l'uomo. Cioè nel creare qualcosa
che lo trascende e lo richiama all'ulteriore che si porta dentro.
Certo parlare di
trascendenza partendo da Pirlo sembra davvero poco, ma per Dario è così. E
allora devo partire da lì. Forse quindi, oggi la trascendenza si apre più
dal recupero di una unitarietà interna che produce bellezza, che dal
superamento del limite della razionalità. |