|
|
Ultima cena e racconti della Passione |
|
|
|
Vogliamo cercare di capire la ricostruzione storica, ma anche il significato della morte di Gesù:
Ci troviamo davanti al dato storico più ampio, tanto che qualcuno ha detto che i vangeli sono il racconto della passione con un'ampia introduzione. Nei racconti della passione, cominciamo con la cena, il Getsemani, ecc. c'è un disegno comune tra i quattro vangeli, pur nelle loro diversità che costituiscono la ricchezza dei vangeli. C'è nei racconti della passione un filo omogeneo che non c'è nel resto della vita di Gesù. Ampiezza e anche una coerenza interna al racconto, nella nostra ricostruzione della storia di Gesù ci troviamo di fronte a due dati, anzitutto vorremmo capire dove e come possiamo attingere a questa vicenda. Luca mette in rilievo molte cose che gli altri evangelisti non dicono, questo perché Luca mette anche il discepolo nella passione di Gesù. C'è un luogo particolare dove la Chiesa primitiva fa memoria e rivive quel che è successo ed è l'eucarestia, uno dei primi temi che affronteremo quindi è proprio la cena del Signore che fa memoria di quel che è successo. Quando si radunavano succedevano due cose: c'era un gesto memoriale fondamentale che era ripetere quelle parole di Gesù, si rivive quell'evento, si ricorda la passione e lì Gesù è presente e ridà comunione, comunione e diaconia, comunione e servizio, questi erano i due risultati. I racconti venivano trasmessi quindi perché collegati all'esperienza che veniva fatta, il punto era convertirsi a questo evento e diventare discepoli, questo era talmente preponderante che San Paolo non racconta la vita di Gesù, Paolo annuncia l'evento, un evento trasformante. Il che cosa veramente è successo ce lo dicono i vangeli, anche se certo non con estrema esattezza. Il culto cristiano è il luogo in cui incrociamo questi tipi di racconti, fare memoria è già tipico dell'Antico Testamento, ogni volta che c'erano i sacrifici di lode si compiva la memoria di ciò che il Signore aveva fatto lungo la storia della salvezza: la liberazione dall'Egitto, l'alleanza, sino alla nuova alleanza di Ger 31,31. Il fare memoria nella Bibbia non vuol dire celebrare un compleanno commemorare un anniversario ma rivivere lo stesso atto, quell'unico atto diventa significativo per l'oggi, il racconto di quanto Dio ha operato si traduce in un inno di lode che nel culto giudaico veniva vissuto tramite i sacrifici con cui si ringraziava Dio per le opere compiute. Ciò che veniva vissuto nel culto antico di Israele ancora di più accade oggi per la cena del Signore, che rappresentava l'atto di culto per eccellenza, nel narrare gli avvenimenti salvifici in questo atto di culto. Il narrare è dato con il termine anamnesi, oggi questo termine si è un po' impoverito nel linguaggio bibblico è quella memoria che diventa vivente. La cena per i primi cristiani rappresentava un agire cultuale nel quale si riviveva quell'evento liberatore di Dio attraverso Gesù, per entrare nel Regno escatologico, tanto che la preghiera più ricorrente era maranatà, vieni Signore Gesù. La cena cristiana a differenza dei sacrifici giudaici non pretende dei sacrifici come nell'Antico Testamento ma fa memoria dell'evento della croce e della resurrezione, si rievocano i gesti di Gesù sul pane e sul vino, non offrendo qualcosa quindi ma facendo memoria della morte e resurrezione di Gesù. A livello di culto si rivive l'avvenimento della morte e resurrezione di Gesù. Vi è un nesso tra la cena pasquale ebraica e quella istituita da Gesù? Si certamente vi è un collegamento soltanto che i riti che compivano gli ebrei venivano fatti soprattutto per rafforzare l'identità del popolo e quindi salvaguardare il loro stato di purità rispetto a colui che non era puro. Nella cena cristiana non ci sono più discriminazioni tra puro e impuro, tutti trovano posto, anzi durante la cena cristiana i più poveri trovavano un aiuto. San Paolo si scaglia nella 1 Cor con la cena che non veniva divisa tra tutti in maniera equa. La cena cristiana aveva due scopi quello di cementare la comunione tra i cristiani, significa fare corpo, fare Chiesa e poi soccorrere gli indigenti. Quando se ne andavano alle loro case ognuno doveva avere qualcosa, non ci doveva essere chi aveva di più e chi di meno. In questa cena c'è a un certo punto la cena del Signore, ci si riferiva al pane e al vino. Due testi di San Paolo son molto importanti:
La cena del Signore soprattutto negli Atti degli Apostoli viene chiamata anche fratio panis, come nell'Antico Testamento c'era nei sacrifici il racconto delle meraviglie di Dio ora si ascoltano gli insegnamenti del Signore morto e risorto. La luce della Pasqua illumina i fatti accaduti in Gesù di Nazareth questi fatti accaduti raccontano e attualizzano la profezia del Servo di Jahvè, che è ora Gesù, che morì per amore perseguitato ma ora è vivo in mezzo a noi. Questi racconti raccontano il fatto o già interpretano il fatto? È importante che quei racconti sono avvenuti in una memoria viva, in un contesto di fede e non di biografia, i racconti che abbiamo sono racconti affidabili perchè ci vogliono riprodurre dei fatti che andavano contro l'interesse stesso della comunità, ci parlano di un messia che è condannato, sbeffeggiato, un messia perdente, perchè raccontare la storia di colui che ha perso se la comunità cristiana vive nella gioia? La storia antica è sempre stata la storia dei vincitori, quasi mai nessuno ha scritto la storia degli sconfitti, qui si racconta la storia di uno sconfitto che però non risulta tale per la sua comunità. Il racconto della cena di addio risulta essere il frutto di diverse tradizioni, diverse comunità che hanno tramandato qualche cosa sino a che è arrivato qualcuno che ha interpretato queste tradizioni e con un'intenzione particolare ci ha dato un testo. I racconti che abbiamo gli autori da dove li hanno presi? Ogni autore ha le sue fonti. Nei testi sacri per il racconto della cena esistono due tradizioni che si intersecano tra loro una cultuale e una testamentaria, si incrociano ma nei testi c'è la prevalenza ora dell'una ora dell'altra. La prima tradizione, quella cultuale, voleva collegare quello che facevano i primi cristiani con quello che faceva Gesù, la prassi cristiana con quella di Gesù e si nota qui una forte sensibilità liturgica e storica. La liturgia è un atto sacro non è una commemorazione è rivivere in modo sacro un avvenimento. Una liturgia ha quindi dei codici e segni particolari che non possono essere stravolti, questi atti hanno bisogno di alcuni segni di riconoscimento. Gesù ha celebrato la cena di addio in un contesto pasquale ebraico, ha osservato certi codici ma poi è andato oltre. C'è anche un'altra tradizione detta testamentaria che tende a collegare la prassi della carità dei primi cristiani con la prassi di Gesù, il testamento che ha lasciato Gesù è quella di servirsi gli uni e gli altri, ha lavato i piedi degli apostoli. Questo è il suo testamento.
Entrambe le due tradizioni ci riportano alla cena del Signore e mostrano una convergenza verso la storia vissuta da Gesù durante la sua morte, la cena del Signore è un anticipo della morte e resurrezione di Gesù. La cena eucaristica dei primi cristiani è luogo privileggiato per fare memoria delle gesta di Gesù martire e profeta. Se la cena che ha fatto Gesù è stato come spiegare in anticipo la sua passione e morte ora la cena dei primi cristiani è celebrare quel che Gesù aveva preannunciato e compiuto qualche giorno dopo. I primi cristiani quando si radunano per celebrare la cena del Signore raccontano quello che è stato. I racconti della passione e morte non sono altro che l'incrocio di diverse tradizioni. Nei racconti delle ultime cene le comunità erano diverse e i narratori erano diversi. Vero che la tradizione orale era importantissima e quindi i trasmettitori dovevano essere fedelissimi a ciò che avevano appreso ma è chiaro che il linguaggio non è qualcosa di univoco, tutto ciò arricchito dal fatto che l'evangelista non può non tenere presente chi ha davanti, quindi si basa anche su chi ha davanti. Nei racconti della passione noi abbiamo quattro prospettive, quale è allora la storia reale? La storia reale non c'è nel senso biografico, non vuol dire che la storia dei vangeli non sia vera, lo è nella sostanza dei fatti, si applica infatti il criterio storico della molteplice attestazione molto più che a tanti altri testi. |