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“Osserva il giorno di sabato per santificarlo,
come il signore Dio tuo ti ha comandato. Sei giorni faticherai e farai
ogni lavoro, ma il settimo giorno è il sabato per il Signore tuo Dio:
non fare lavoro alcuno, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo
schiavo, né la tua schiava, né il tuo bue, né il tuo asino, né alcuna
delle tue bestie, né il forestiero che sta entro le tue porte, perché il
tuo schiavo e la tua schiava si riposino come te. Ricordati che sei
stato schiavo nel paese d’Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto
uscire di là con mano potente e braccio teso; perciò il Signore tuo Dio
ti ordina di osservare il giorno di sabato.”
Per essere cristiani abbiamo bisogno di ricarica di
assaporare le sue parole per poi metterle in pratica, la messa è un
momento di ricarica, di crescita spirituale che come facciamo a non
sfruttare? l'amore che sentiamo dentro all'uscita della messa fa piacere
prima di tutto a noi a Dio solamente per riflesso, perchè il suo amore
infinito come ogni amore vero porta a essere felici della felicità
dell'altro! Il sabato per gli ebrei è un giorno in cui ci si riposa, non
si deve fare niente, proprio per staccare, per fare in modo che un
lavoratore non diventi il proprio lavoro, che uno studioso non diventi
il proprio studio, ma che ci sia un giorno per ripristinare sè stessi,
un giorno per curare più in particolare il proprio rapporto con Dio, con
sè stesso e con le persone che si hanno interno, così il giorno di
riposo permette anche di lavorare meglio durante la settimana e di
produrre di più. Ci permette di non sentirci soffocati da ciò che
dobbiamo, il sabato o per noi la domenica è il giorno in cui possiamo
fare ciò che ci piace, sentire le sue parole di vita e poi magari stare
con la propria famiglia, leggere un libro che non si avrebbe il tempo di
leggere. Io ad esempio sono uno studente e mi riesce sempre difficile
leggere ciò che mi piace, quando mi metto a leggere sono libri di
studio, eppure mi piace leggere altro, la domenica dovrebbe essere il
giorno in cui posso staccare con i libri di studio e leggere altri
libri, vedersi con gli amici, parlare con gli altri, affrontare discorsi
che danno senso alla propria vita. Questo naturalmente non bisogna farlo
solo la domenica, ma la domenica è il giorno che per eccellenza è
dedicato a questo, così come Gesù è risorto ormai sempre non solo la
domenica, ma noi festeggiamo la domenica la sua resurrezione.
Deuteronomio 5,12-15 |
I cristiani la
chiamano «giorno del Signore». È la domenica, il giorno donato dal Signore al
suo popolo, «il giorno fatto dal Signore» (Sal 117,24), che «ha avuto sempre,
nella storia della Chiesa, una considerazione privilegiata per la sua stretta
connessione col nucleo stesso del mistero cristiano. La domenica infatti
richiama, nella scansione settimanale del tempo, il giorno della risurrezione
di Cristo. È la Pasqua della settimana, in cui si celebra la vittoria di Cristo
sul peccato e sulla morte, il compimento in lui della prima creazione, e
l’inizio della “nuova creazione” (cfr. 2 Cor 5,17). È il giorno dell’evocazione
adorante e grata del primo giorno del mondo, ed insieme la prefigurazione,
nella speranza operosa, dell’“ultimo giorno”, quando Cristo verrà nella gloria». Perciò «nessun altro giorno è
altrettanto sacro per il cristiano quanto la domenica». L’episodio storico di Emmaus è calato
dall’evangelista Luca in una composizione teologica e liturgica. Vi si
riconoscono, infatti, i tratti fondamentali della catechesi primitiva e
l’atmosfera che richiama la celebrazione eucaristica. Del resto Luca, nel
vangelo, ci dà l’impressione che tutti gli eventi della risurrezione (inclusa
l’ascesa) siano avvenuti lungo l’arco di una sola giornata, e precisamente
quella che verrà quasi subito chiamata domenica. Evidentemente l’evangelista
non vuole dare una indicazione cronologica, ma teologica : risurrezione,
apparizioni, missione, ascesa, costituiscono un unico mistero di salvezza. Il
giorno del Signore - la domenica - è quello in cui si sono compiuti gli eventi
centrali della salvezza.
L’incredulità di Tommaso, assente la sera del primo
giorno dopo il sabato all’incontro con il Signore Risorto, ci dà modo di sapere
che «otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa» (Gv 20,26). Stavolta
anche Tommaso è presente. E Gesù entra a porte chiuse, si ferma in mezzo a
loro, dona la pace.
Otto giorni dopo, di settimana in settimana fino alla
fine dei tempi, i discepoli si riuniscono, e Gesù è in mezzo a loro, e con lui
celebrano il mistero della pace. La Chiesa, comunità dei credenti in Cristo,
depositaria della Nuova Alleanza nel suo sangue (cfr. Lc 22, 20: 1 Cor 11, 25),
iniziò a celebrarne il ricordo nello stesso giorno in cui il Signore è risorto
ed è apparso ai discepoli e ha spezzato il pane per due di loro, a Emmaus (cfr.
Lc 24, 30). Egli stesso, infatti, aveva come suggerito e consacrato il ritmo
settimanale del giorno da dedicare al suo ricordo, apparendo di nuovo, otto
giorni dopo, agli Undici riuniti nello stesso luogo (cfr. Gv 20, 26). Da allora il cristiano non potrebbe più vivere senza celebrare quel
giorno e quel mistero. Prima di essere una questione di precetto, è una
questione di identità. Il cristiano ha bisogno della domenica. Dal
precetto si può anche evadere, dal bisogno no. Essendo l’eucaristia il vero
cuore della domenica,
fin dai primi secoli è stata ricordata ai fedeli
la necessità di partecipare all’assemblea liturgica. «Noi non possiamo
stare
senza la cena del Signore», risposero i martiri di Abitine ai loro
accusatori, che gli intimavano di non partecipare più alla messa
domenicale. Da molto tempo i cristiani avevano abbandonato il
sabato come giorno
da dedicare a Dio nel riposo e nel culto, e lo avevano sostituito con
il primo
giorno dopo il sabato (l’una sabbatorum),
il primo della settimana ; perché vero giorno del Signore ormai non sarà
più quello in cui Dio si riposa dalle sue opere, ma quello in cui egli agisce
per la vita e per la salvezza dell’uomo. Il giorno del Signore (dies Domini)
è il giorno della Chiesa (dies Ecclesiae),
comunità riunita nella fede e nella carità, sacramento della presenza del
Signore in mezzo ai suoi: nel segno umile, ma vero, del convenire in unum (cfr. 1 Cor 11,20), nel ritrovarsi dei molti
nell’unità di «un cuore solo e un’anima sola» (cfr. Atti 4, 32), si manifesta
l’unità di quel corpo misterioso di Cristo che è la Chiesa.
Pertanto la domenica è il giorno dell’eucaristia, non solo perché è il
giorno in cui si partecipa alla messa, quanto piuttosto perché in quel giorno,
più che in qualunque altro, il cristiano cerca di fare della sua vita un dono,
un sacrificio spirituale gradito a Dio, a imitazione di colui che nel suo
sacrificio ha fatto della propria vita un dono al Padre e ai fratelli.
Parola che annuncia e
ripropone questo dono di sè, sacramento che lo comunica significandolo nella
frazione del Pane come gesto della condivisione, disponibilità al servizio che
nasce direttamente dalla stessa carità di Cristo: questa è la vita eucaristicamente
vissuta. L’eucaristia non è solo un rito, ma anche una scuola di vita. Essa non
può esaurirsi entro le mura del tempio, ma tende necessariamente a varcarle per
diventare impegno di testimonianza e servizio di carità. Quando l’assemblea si
scioglie e si è rinviati alla vita, è tutta la vita che deve diventare dono di
sè. È anche questo un significato del comandamento del Signore: «Fate questo in
memoria di me».
Per la nostra cultura la domenica è il settimo giorno, l’ultimo della
settimana. Ma nel suo significato cristiano la domenica è innanzi tutto «il
primo della settimana, l’una sabbatorum; il giorno in cui Dio riprende la sua
opera creatrice. È anche il giorno del riposo, pregustazione e pegno del
riposo vero, ultimo, eterno; il giorno che non avrà mai fine, oltre il quale
non ci sarà altro giorno: l’ottavo, l’ultimo, il definitivo. Il giorno in cui
il lavoro cede definitivamente il posto alla contemplazione, il pianto alla
gioia, la lotta alla pace. Non alibi alla pigrizia, ma progetto e speranza per
dare senso e coraggio all’impegno di anticipare già all’oggi ciò che viene
contemplato e sperato come futuro. La
domenica non è solo un giorno della settimana, il primo o l'ultimo ma è
soprattutto la pasqua settimanale che attende la pasqua annuale.
Per questo i padri ci dicono che la domenica è il giorno della
gioia e chi è triste commette peccato.
Il riposo domenicale acquista una dimensione
essenzialmente simbolica e profetica, perché afferma la superiorità dell’uomo
sull’ambiente che lo circonda: egli riconosce come suo il mondo in cui è
chiamato a vivere, ma progetta e anticipa il mondo nuovo e una liberazione
definitiva e totale dalla servitù dei bisogni.
Il Codice di Diritto canonico prescrive che «soddisfa il precetto di
partecipare alla messa chi vi assiste dovunque venga celebrata nel rito
cattolico, o nello stesso giorno di festa, o nel vespro del giorno precedente
ricorda la norma della Chiesa».
Se, per mancanza del ministro
sacro o per altra grave causa diventa impossibile la partecipazione alla
celebrazione eucaristica, «la stessa norma raccomanda vivamente di prendere
parte alla liturgia della Parola, se ve n’è qualcuna, oppure di dedicare un
congruo tempo alla preghiera personale o in famiglia o, secondo l’opportunità,
in gruppi di famiglie e di amici».
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