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Dice alla collega musulmana: «Posso pregare per te?». La Sanità inglese la sospende per «bullismo»

Ha invitato una collega musulmana a partecipare a un evento sportivo organizzato dalla sua chiesa, le ha regalato un libro e ha pregato per lei. Per questo un’ergoterapeuta inglese è stata accusata di “bullismo” dal Sistema sanitario nazionale che l’ha costretta a nove mesi di inattività e l’ha obbligata a sottoscrivere una serie di impegni mirati a impedirle in futuro di parlare della sua fede nell’ambito professionale. Ma adesso a trentasettenne dell’Essex Victoria Wasteney (nella foto a sinistra, tratta da Facebook) ha deciso di ingaggiare una battaglia legale contro i suoi responsabili.

CON TUTTE LE CAUTELE. Le due donne lavoravano insieme in un team di trenta specialisti di terapia occupazionale presso un centro della capitale, l’East London Nhs Fundation Trust. Wasteney, che è la responsabile della squadra, raccontando al Telegraph la sua versione dei fatti ha rievocato il loro incontro: «In una delle prime conversazioni che ricordo lei mi disse che si era appena trasferita a Londra» e che «sentiva che Dio aveva un progetto su di lei».

 

Per questo Victoria si sentì libera di rivelarle che anche lei ha fede e frequenta una chiesa, «ma con molta cautela perché nel nostro ambiente è facile fraintendere. E visto che lei è di una fede diversa feci attenzione a non mancarle di rispetto».

«NON HO TENTATO DI CONVERTIRLA». I rapporti tra le due si approfondirono e un giorno la collega musulmana disse a Wasteney di essere interessata alle attività contro la tratta di esseri umani promosse dalla sua chiesa. Così Victoria si decise a invitarla ad andare a vedere, invito che ripeté in più occasioni senza nemmeno pensarci troppo. Poi, quando la donna si ammalò e fu costretta ad assentarsi per sottoporsi a delle cure, Wasteney pensò di farle cosa gradita regalandole un libro che racconta di una musulmana convertita al cristianesimo. «Me lo aveva consigliato un amico», ha spiegato Wasteney al Telegraph. «Il libro si intitola I Dared to Call Him Father (“Ho osato chiamarlo Padre”, ndr). Allora non lo avevo letto e ancora non l’ho fatto. Ma siccome avevamo avuto quelle conversazioni non mi sembrava una cosa anomala, sicuramente non era un tentativo di convertirla al cristianesimo, come invece mi è stato contestato in seguito».

«POSSO PREGARE PER TE?». La terza “colpa” di Wasteney, imperdonabile secondo il Sistema sanitario inglese, è di aver pregato per la collega musulmana quando questa, un giorno, si precipitò da lei in lacrime per via dei suoi problemi di salute e familiari: «Le dissi che aveva una fede forte e che doveva appoggiarsi a quella. Le dissi: “Prega”, ma mi rispose che non riusciva, quindi le domandai: “Vuoi che lo faccia io per te?” e lei mi disse “ok”. Le chiesi se potevo appoggiare la mia mano sul suo ginocchio e lei acconsentì. Non ricordo se dissi “Signore” o “Dio”, ma utilizzai l’espressione che mi sembrava la più neutrale possibili. Poi continuai: “Credo che Tu porterai pace e guarigione”». Victoria ha ricevuto notizia delle accuse nel giugno dello scorso anno, a febbraio è arrivato il provvedimento disciplinare. Se Wasteney ha deciso di impugnarlo è perché secondo lei il politicamente corretto che dilaga nella sanità inglese ormai arriva a soffocare qualunque conversazione sulla fede: «Io credo nella tolleranza verso tutti, per questo contesto quello che mi è accaduto».

 

Fonte: Tempi.it